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Visualizzazione dei post da aprile, 2012

Fraternità

Sono dodici anni che mio fratello e io non viviamo più insieme, uno di qua e l'altro di là, ognuno col suo impiego e la sua famiglia. Lontani. L'ultima volta ci eravamo visti a Natale. Ieri è venuto a trovare me e i bambini, alcune ore passate in casa, un altro paio fuori, fra racconti di cose che riguardano la vita privata e il lavoro.  Tutto qui, nient'altro, a parte l'eloquenza di molti silenzi che dicono, a chi li ascolta, ciò che la sua stessa fantasia, sollecitata dal dubbio e dalla paura, è in grado di dettargli: domande, risposte, nuovi dubbi e ancora dubbi. Il silenzio ha la voce che gli diamo ed è con questa che ci parla, ma le risposte non sono chiarificatrici di alcunché, per la stessa e identica ragione e ansia per le quali le invochiamo.  Allontanarsi non significa altro che far risaltare, ancora di più, la solitudine, il senso di precarietà che fa parte della vita dell'uomo, addirittura l'emarginazione se, quando si va via, ci si porta appresso un

Dippold l'ottico

Che cosa vedete adesso?  Globi di rosso, giallo, porpora. Un momento! E adesso? Mio padre e mia madre e le mie sorelle. Sì. E adesso? Cavalieri in armi, belle donne, visi gentili. Provate questa. Un campo di grano - una città. Benissimo! E adesso? Una donna giovane e angeli chini su di lei. Una lente più forte! E adesso? Molte donne dagli occhi vivi e labbra schiuse. Provate queste. Soltanto un bicchiere sul tavolo. Oh, capisco! Provate questa lente! Soltanto uno spazio vuoto, non vedo nulla in particolare. Bene, adesso! Pini, un lago, un cielo d'estate. Questa va meglio. E adesso? Un libro. Leggetemi una pagina. Non posso. Gli occhi mi sfuggono al di là della pagina. Provate questa lente. Abissi d'aria. Ottima! E adesso? Luce, soltanto luce che trasforma il mondo in un giocattolo. Benissimo, faremo gli occhiali così. Edgar Lee Masters, Antologia di Spoon River, Einaudi 1943, traduz. di Fernanda Pivano. (Questa poesia ispirò a Fabrizio De André la canzone  Un ottico).

Una felicità senza tempo

Se vorrò farlo continuare a esistere, prima o dopo dovrò decidermi a trasformare questo blog in un diario esclusivamente fantasioso. Dodokko cresce, fra poco imparerà a leggere e a scrivere e allo stesso tempo diventerà più indipendente, sempre meno bambino e un po' alla volta più adulto. Man mano che aumenterà la sua consapevolezza delle cose che fa e la sua coscienza di sé, io perderò il diritto di descrivere la sua vita privata, rendendola pubblica: le sue azioni apparterranno sempre più a lui e un giorno non lontano ne sarà il solo responsabile.  Nel rispetto del figlio vero, comincio proprio oggi a inventare un Dodokko, a essere sincero, non del tutto nuovo, frutto non esclusivo della fantasia: ogni invenzione, infatti, anche il volo più stravagante e assurdo dell'immaginazione, si sa, ha i piedi in terra, è composto da ogni possibile riferimento alla realtà, basta scavare e si trovano le radici sotto al suolo. Ora, l'abilità di chi racconta sta nel non farle scorgere,

Il bambino e la nonna

Mio padre un giorno mi disse che gli anziani tornano a essere bambini. So che si riferiva al loro comportamento e alle loro necessità, al fatto che non sono più autosufficienti come quando erano nel pieno delle forze.  Ciò che non sapevo è che diventano anche fisicamente simili a come erano da piccoli. Ho raccomandato a Dodokko di fare attenzione con la nonna, di essere delicato e non irruente perché ha la febbre. Ho dovuto raccontargli una bugia, non potevo confessargli che la nonna sta molto male.  Poi siamo saliti al quinto piano della casa dove è nata e ha sempre vissuto. E su una sedia da ufficio, di quelle con le rotelle, non abbiamo trovato seduta una signora, ma una bambina. Un viso dimagrito e pallido, somigliante di più alla ragazzina che ho visto in alcune sue vecchie fotografie che non alla persona che fino a poco tempo fa conoscevo.  I due bambini si sono guardati come se non sapessero chi si trovavano di fronte, non come due estranei che, se fossero realmente tali, neanch