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Quando il leoncino mangia

La colpa è nostra, non loro. L'essere umano ha bisogno di spiegazioni verbali, dettagli, nonché la sicurezza del tempo che occorre a risolvere il problema. L'assenza di tali elementi ci fa preoccupare: l'incertezza di capire chi non sa ancora esprimersi bene a parole e quella che deriva da una brutta situazione che, ti sembra, non evolva mai verso il meglio. E poi, improvvisamente, tutto finisce e torniamo alla normalità, il bambino piccolo è guarito e sta bene. Ripenso a questa scena, ricorrente e più che mai visiva, per quanto mi riguarda: "Quando il leoncino mangia / la leonessa ringiovanisce", e mi tornano in mente tante situazioni nelle quali il pericolo quasi non ci travolgeva. Quanti sospiri per una vita che, non dimentichiamolo, è sempre appesa a un filo. E quante spiegazioni, e parole, e piccole soluzioni momentanee, di cui abbiamo necessità ma che servono soltanto a distrarci e a farcelo dimenticare. Adesso ho solo voglia di un bicchiere d'acqua, com

A piccoli sorsi

Adesso che stai male devo parlarti e darti da bere.  A piccoli sorsi - mi raccomando - altrimenti potresti vomitare ancora.  La notte non termina mai e tu ti svegli cento volte per la sete. Dici un verso (non lo fai, lo dici, perché è già parola quella con cui ti esprimi) che io ascolto. Sempre identico, sempre lo stesso verso.  Significa: voglio un po' d'acqua.  E io mi affretto a risponderti: ecco l'acqua. Allora tu bevi, non hai ancora finito, ma io devo già toglierti di bocca il biberon. Ti dico: basta adesso, un poco per volta. Ti sistemo sul cuscino, ti riaddormenti subito, ma presto ti sveglierai, ancora per la sete.  Ti accarezzo i capelli, le guance accaldate. Respiro per un attimo il tuo stesso respiro che non ha sapore ed è come lo scirocco, quando soffia al di sopra del mare, l'umidità che sfiora soltanto l'acqua, incapace di fare di più. Ti parlo e ti do da bere per tutta la notte, al buio, a piccoli sorsi. Pronuncio termini che non significano nulla, p

Influenza dei polli

Un'ecatombe: è crollata la famiglia al completo sotto i colpi dei virus della stagione influenzale 2010-2011. In totale quarantena da 10 giorni, in isolamento forzato, lontano perfino dalle pagine di questo blog, a cadere sono stati, in ordine cronologico: il sottoscritto, il primogenito, la moglie e - ultimo - il neonato di un mese. Febbre altissima per tutti, tosse e raffreddore, disagi intestinali, i sintomi che ci hanno colpiti con una forza violenta e cieca e che non ha fatto distinzioni nemmeno per le fasce d'età più deboli: un'influenza per quattro, moltiplicata quattro. Ma non è con il racconto di questi malanni stagionali che voglio tediarvi, ma desidero parlarvi piuttosto di come venga affrontata l'emergenza epidemica nella famiglia media, di qual è di solito l'intervento del pediatra, dello stare tutti insieme in famiglia grazie a un avvenimento negativo come una malattia, del sole beffardo che, a discapito di tutto, è sempre stato presente in questi gior