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Visualizzazione dei post da settembre, 2011

Attachment parenting e cattivi genitori

Attachment parenting : qualcuno ha mai sentito queste due parole? Ebbene, non significano altro che attaccamento naturale dei genitori ai figli. Attaccamento naturale , ovvero che non dovrebbe essere mediato dalla cultura o dalla moda del momento, dalla tendenza del giorno in campo educativo o dalla teoria pedagogica di turno. Semplicemente, il bambino chiama, esprime il suo disagio, un suo bisogno, una richiesta, e la madre o il padre accorrono, lo sostengono sia in modo figurato che fisico. Dovrebbe essere la cosa più banale e scontata al mondo un rapporto così concepito, quello cioè che si osserva solitamente fra gli animali, quando il cucciolo piange e la mamma lo stringe a sé. Invece, dato che l'uomo col tempo ha perduto la sua naturalezza, tanto da essere diventato l'unico animale culturale esistente, per ritrovare un rapporto di tipo naturale egli è costretto a farlo inventandosi una teoria culturale. In pratica, l'uomo oggi non è più capace di seguire la natura e l

Che cosa dovrebbe fare un padre?

Che cosa dovrebbe fare un padre se non accompagnare il figlio nel suo cammino individuale? Mi rendo ben conto della evidente contraddizione logica presente in questa mia riflessione, ossia dei termini conflittuali "accompagnare" e "individuale" posti all'interno della stessa frase. Ma siccome nella vita le contraddizioni coesistono più che nella grammatica e in abbondanza, voglio chiedermi lo stesso se, insomma, l'individualità di un figlio si possa e si debba accompagnare. Il lavoro del genitore e, nella fattispecie, quello del padre, è contraddittorio se non addirittura tragico, se soltanto si pensa alle aspettative che esso racchiude oggi più che mai: la sua figura deve essere un esempio, per il figlio, di affermazione nella società, ma deve poter costituire anche un abbraccio nei momenti di difficoltà; il tempo - questo assurdo meccanismo all'interno del quale siamo inseriti e ci muoviamo - in cui stiamo fuori di casa a lavorare e il tempo in cui dov

Micotossine nel latte di formula e negli omogeneizzati alla carne

Un’alta percentuale di latti formulati e di omogeneizzati di carne, commercializzati in Italia, potrebbe essere contaminata da micotossine, un gruppo di sostanze potenzialmente tossiche e cancerogene, come recepito dalle numerose leggi che ne proibiscono la presenza negli alimenti. E potenzialmente più pericolose se presenti in alimenti per lattanti, dato che questi non hanno una dieta variata come i bambini più grandi e gli adulti, ma spesso vengono alimentati solo o principalmente con latte formulato e omogeneizzati. La scoperta è di un gruppo di ricercatori dell’Università di Pisa ed è stata pubblicata dalla prestigiosa rivista USA Journal of Pediatrics . Gli autori dell’articolo hanno analizzato 185 campioni di latte formulato, sia in polvere sia liquido e pronto all’uso, di 14 marche trovati in vari punti vendita nel 2007 e 2008. I latti erano in maggioranza di tipo 1, quelli raccomandati per i primi 6 mesi, ma c’erano anche dei latti per neonati prematuri. Hanno analizzato anche

Il matrimonio di mia cugina

Siamo appena tornati da un viaggio nel tempo, Dodokko e io. Nel fine settimana appena trascorso siamo andati in un paese del sud Italia, per partecipare al ricevimento per le nozze di una mia cugina. Abbiamo viaggiato in aereo, noi due da soli, come due uomini o, meglio, come due ometti. E in poco più di un'ora eravamo già nel passato. In una dimensione che mio figlio non conosceva, ma che io ricordavo bene. Abbiamo visto persone care, perlopiù parenti, della maggior parte della quali Dodokko non aveva memoria, alcune perché non le aveva mai incontrate prima, altre perché semplicemente non se le ricordava. Tutte hanno avuto un gesto d'affetto per lui, un bacio, una carezza, una parola. E lui, dapprima intimidito e a volte seccato, le ha lasciate fare e poi ha ricambiato, con spontanea dolcezza. Tutte queste persone, di cui molte non le incontravo da anni, avevano le caratteristiche proprie di sempre, quelle che ho sempre saputo o che ho sempre soltanto immaginato. Una voce di u

Metà dei genitori britannici favorevole alle punizioni corporali a scuola

Non so onestamente se stupirmi di più per il dato numerico oppure per l'argomento in sé e, comunque, i giochetti tipo "è nato prima l'uovo o la gallina" non mi hanno mai entusiasmato molto. Il tema va affrontato nel suo insieme: ebbene, tantissimi papà e mamme britannici, il 49 per cento, sarebbero favorevoli a un ritorno alle punizioni corporali nelle scuole, abolite nel 1984. Stando infatti a un sondaggio pubblicato oggi dall' Independent , risulta che quasi la metà dei duemila genitori intervistati guarderebbe favorevolmente ai tempi in cui schiaffi e bastonate erano permessi nelle classi. Ma c'è di più: in un altro sondaggio, che ha coinvolto 530 ragazzi, il ritorno delle botte da parte degli insegnanti sarebbe auspicabile perfino per un quinto di questi (il 19 per cento), in quanto garanzia di una maggiore disciplina a scuola. L'indagine, commissionata dal Times Educational Supplement, la più grande rete di insegnati nel mondo, giunge nel momento esat

Quando a scuola manca la fantasia: il semaforo

Le linee non sono precise. Sono storte, un po' a zig-zag. Sono leggermente curve sul foglio a quadretti. E gli angoli sono tutt'altro che retti: misureranno 100-110 gradi e là, dove il lato deve congiungersi con un altro fatto prima e ormai più lungo, l'ampiezza dell'angolo non sarà maggiore di 70-80 gradi. La sagoma del semaforo che viene fuori dal disegno non è propriamente un rettangolo e poi i cerchi al suo interno sono tutti storti, attaccati l'uno all'altro e collocati troppo in alto, tanto che ci sarebbe posto per un quarto cerchio, giù in basso. Tuttavia, se le sbavature, anche qui, non si può dire che manchino, i colori sono nell'ordine canonico: in alto il rosso, al centro l'arancione, sotto il verde.  Ma la tonalità predominante di questo disegno fatto da Dodokko all'asilo è senza dubbio il rosso: il colore del semaforo che intima ai passanti di fermarsi. Perché sono convinto di questa prevalenza nel complessivo 'equilibrio cromatico d

Quando a scuola manca la fantasia

Fra le varie motivazioni, ragionamenti o scuse, dette da mio figlio per non andare alla scuola materna ( l'asilo dell'obbligo , mai molto gradito a entrambi, che ha appena riaperto i battenti e da cui, comunque, lo scorso anno è stato assente per tutto l'inverno per motivi di salute), ce n'è una che mi ha particolarmente colpito e che, mio malgrado, mi trova d'accordo, anche se penso che Dodokko, di anni quattro, non sapesse bene il significato della sua frase quando l'ha pronunciata: "A scuola manca la fantasia", mi ha gridato in lacrime mentre lo vestivo prima di uscire di casa. Le parole di mio figlio rispecchiano i miei pensieri riguardo i nidi e la scuola materna, così come mi è capitato di conoscerli: si tratta perlopiù di luoghi dove (intrat)tenere i bambini mentre i genitori sono al lavoro. Sono recinti dove lasciar pascolare i più piccoli nell'attesa che qualche parente vada a riprenderli. Sono posti dove ci si uniforma alla massa fin da n

La fine di qualcosa

Io non se esista e, comunque, non conosco la parola che sappia descrivere il mio stato d'animo, quando mi rendo conto che qualcosa è (già) finita. Uso non a caso il generico "qualcosa", perché questo mio sentimento senza un nome è comune a una gran quantità di situazioni poco o molto importanti, più o meno valide. Insomma, non è questa o quella vicenda a turbarmi, ma semplicemente la sua conclusione.  Come a dire che la scena più triste del film sono i titoli di coda dopo la scritta "The end", la musica di sottofondo mentre le prime, tenui luci incominciano lentamente a riaccendersi in sala, gli spettatori col groppo alla gola, che riprendono colore dal buio in cui erano immersi, alcuni seduti ancora per un po', gli altri che si rivestono senza riuscire a staccare gli occhi dallo schermo. E poi, mentre escono, intanto che tornano a casa, la mente ancora lì, fra le scene appena viste, fra i paesaggi e i dialoghi e le vite di altri, nelle quali sono entrati, i

La parte più felice della vita

"Adesso partiamo per il mare. Ci divertiremo. Ma poi, quando torniamo, ricordati che dovrai andare all'asilo". Prendo spunto da una frase sentita dire da una madre al figlio alla vigilia delle vacanze per fare qualche riflessione. Il periodo della spensieratezza, della mancanza di impegni onerosi e di pesanti responsabilità, la parte dell'esistenza che da grandi si ricorda come la più felice : quella della fanciullezza dovrebbe essere davvero la stagione più bella, per ogni persona, bambina e adulta. Un'estate eterna oppure, leopardianamente, un sabato a cui mai debba seguire una domenica anticipatrice dell'inizio di una nuova settimana di fatiche o di noia. Un momento infinito che non sia mai, nemmeno con la fantasia, minimamente precursore del mondo che appartiene agli adulti.  Dovremmo lasciar giocare i bambini e godersi il proprio tempo, senza dar loro pensieri per il futuro, preoccupazioni per un'età che ancora non hanno. Dovremmo consentire loro di v