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Visualizzazione dei post da novembre, 2011

Papà, chi ti ha insegnato ad andare in bicicletta?

Temuto e atteso, allo stesso tempo e nonostante tutto. E' giunto, infine, il momento.  Preannunciato e celato, senza alcuna intenzione, questo è ovvio, dalla banalità di un'altra domanda densa di conseguenze: "Papà, chi ti ha insegnato ad andare in bicicletta?".  Una risposta scontata e, subito dopo, la Domanda. Ancora una risposta...una mezza giustificazione...il cielo, gli angeli...che altro dire? "Ma in cielo non stavano soltanto i bambini, prima che nascessero?". "Anche dopo si va in cielo". Oppure si resta sempre sulla terra, che in fin dei conti è anch'essa un astro... Fra il prima e il dopo, fra l'inizio, prima di tutto, e la fine, dopo che tutto è accaduto, c'è semplicemente la vita. La mia, la tua, la nostra vita. Non c'era niente prima, non ci sarà nulla poi. Solamente un buio totale esiste e non so nemmeno quanto sia giusto dire che il buio, il niente, esista. A parte la nostra testimonianza, ora, i nostri ricordi di oggi

Mamme cattivissime? La madre perfetta (non) esiste

Mamme cattivissime? La madre perfetta non esiste è il titolo con cui è stato tradotto in Italia Le conflit. La femme et le mère , il best seller di Elisabeth Badinter che in Francia ha venduto fino a oggi più di 200mila copie. Rispetto a quello originale, il titolo italiano è soltanto apparentemente provocatorio: la possibilità di una sentenza negativa e sconvolgente, implicita nella domanda ma edulcorata fin dal punto interrogativo, è riportata nei ranghi della normalità dal dato 'obiettivo' che non attribuisce la perfezione a essere umano alcuno e, di conseguenza, neanche alle madri. Inoltre - ma questo lo vedremo meglio in seguito - per la Badinter la madre perfetta esiste eccome: mi chiedo dunque se la scrittrice sia stata informata dalla casa editrice italiana (Corbaccio) su come avrebbe tradotto il nome del suo libro. Molto più provocatoria ( ne avevo già parlato lo scorso anno ) è invece la presunta conflittualità che, secondo la filosofa femminista francese, scaturisce

Fiori di un'altra primavera

Dodokko ha indossato il piumino dello scorso anno, quello che gli stava un po' largo e che ora invece è finalmente della sua misura. Con l'arrivo del primo freddo, ha messo le mani in tasca una mattina che lo accompagnavo a scuola. C'era un bel sole invernale, un tondo giallo, nel cielo, appena stemperato dalla nebbia ma sufficiente, se non a riscaldare, a dare calore e a confortare il cuore.  E' stato con l'animo rasserenato con poco che, mentre camminavamo, mio figlio ha tirato fuori dalle tasche delle margherite secche, dimenticate nel buio della federa dalla primavera precedente. Dopo aver stentato a riconoscerli, gli ho spiegato cosa era accaduto a quei fiori appena spuntati qua e là sui prati, nonostante il freddo, e raccolti in un'altra, lontana giornata di sole.  Erano fiori belli e che brillavano di luce. Erano vellutati come una carezza, perfetti nel taglio dei petali bianchi e compatti nel mazzolino interno: tanti piccoli e delicati soli, capaci di ri

Maschere

Accade sempre, prima o poi, che si indossi una maschera: di circostanza o di convenienza o anche per altruismo, per fare felice qualcuno. Gli adulti, perfino i più sinceri e trasparenti, hanno l'abitudine di farlo e spesso riescono a non tradire se stessi. I bambini, invece, che hanno appreso da poco tempo come mostrare un'apparenza di sé diversa dai sentimenti e dai desideri del momento e dal proprio io, a volte sbagliano sul più bello, non riuscendo a dissimulare fino in fondo, a fare finta di niente. Così, è sufficiente uno sguardo protratto (non necessariamente indagatorio ma che cerchi semplicemente di capire) da parte di chi amano per far saltare ogni copertura. Gli occhi chiamano gli occhi e il guardarsi in questo modo richiama lacrime fino a poco tempo prima trattenute a stento: a volte la vista non è che una corda che scopre il velo con cui le persone a cui vogliamo bene si nascondono.  Seguono abbracci, che nelle intenzioni dovrebbero confortare, ma che altro non sono

Stupore è un sospiro

Più delle sette meraviglie e molto più che se mi trovassi, io così piccolo, ai piedi dell'Everest: è impossibile cogliere l'immensità nel suo insieme. Rimane lo stupore di fronte alla scoperta delle cose quotidiane, un sospiro che toglie il fiato. Un cassetto finalmente aperto, un tasto che si stacca dal computer, l'unghia di un dito di papà nella quale infilo la mia, l'arrivo sempre inatteso di chi voglio vedere, un suo gesto brusco e che mi fa ridere, un'immagine televisiva, un pezzo di pane trovato sul tavolo, una fetta di mela aspra e dolce e che mi fa rabbrividire.  E, ancora, la soddisfazione per il traguardo appena raggiunto di riuscire ad alzarmi tenendomi al tavolino e quello, ancora più difficile, di tornare a sedermi senza cadere.  Stupore è un sospiro che nasce dopo una fatica appena compiuta o dopo esser passati attraverso mille frustrazioni. Stupore è una tenda che si apre dopo aver celato troppo a lungo meraviglie che non poteva più nascondere ed ecco