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Visualizzazione dei post da luglio, 2010

"Papà parla bene"

"Hai sentito cosa ha detto Dodokko?", mi chiama mio suocero, l'altra mattina, nel momento esatto in cui sto per aprire la porta di casa e uscire per andare al lavoro. Torno indietro e chiedo: "Che ha detto?". "Che papà parla bene", mi riferisce testualmente il nonno di mio figlio davanti a lui. La cosa mi fa piacere, ovviamente, ma saluto di nuovo e vado via, mentre fra me penso a come possa fare un bambino di tre anni a distinguere se uno parla bene oppure male. Rifletto ancora un po' su quella frase e alla fine giungo alla conclusione che ciò che Dodokko ha voluto dire veramente è che "papà (mi) parla (bene)". Ossia che noi, quando stiamo insieme, semplicemente passiamo molto del nostro tempo a parlare. E questo sì , invece, che il mio bambino lo sa. Noi due parliamo sempre, di tutto, senza censure, senza risparmiarci con spiegazioni, commenti, analisi e risate. Non soltanto da parte mia, ma anche da parte sua. Siamo due veri interlocut

All'angolo della strada

Quando io stesso ero mio figlio l'estate mi tirava per la maglietta e il giorno era della stessa materia con cui è costruita l'eternità Durava quel tanto che doveva ma la felicità mai esauriva. Quando io stesso ero mio figlio momenti di totale disperazione aspettavano all'angolo della strada E io afferravo anche quelli con le mani in tasca e il sorriso sul volto. Ora che sono diventato mio padre posso dirlo che non c'è mai stata questa linea di confine fra ciò che era prima e ciò che dopo è accaduto Ché c'ho girato intorno alla vita. All'angolo della strada ho trovato quel che avevo perduto Le foglie sono volate via una sera e poi sono tornate a colorare l'albero Sotto al cielo aperto le radici sono mani che scavano nella terra. (2010)

Vite parallele

E' sempre così: come passare davanti a un cinema e non entrare. Restarsene a guardare le locandine, lì di fuori, mentre il film inizia. Ma può essere anche così: come entrare nel cinema e vedere un pezzo soltanto del film. Uscire a metà della storia, il racconto che prosegue comunque, con o senza di te. Gli ospedali mi fanno uno strano effetto, dovuto al tipo di esistenza, quella degli ammalati, che si svolge al loro interno, mentre la tua ha un corso completamente differente, fuori dal cancello o dalle vetrate dei reparti. Vite e storie diverse, che non si incontrano mai: parallele, vicine eppure distantissime fra loro. Non cambia niente se te ne stai dentro, ricoverato, oppure fuori, sano come un pesce. Il punto di vista di partenza non ha alcuna influenza sullo svolgersi delle storie parallele dei sani e degli ammalati. Il fatto è che ciascuna ha un orizzonte costruito con un muro di mattoni e che le finestre stanno sempre troppo in alto per guardare dall'altra parte. Sei sa

La cosa fondamentale

"Ci fermammo di fronte a un altro dipinto: - Questa è sua moglie, questi sono i suoi due bambini. Guarda lo sfondo, è nero. La moglie è stanca, affaticata dalla vita. I due bambini sono spauriti, guardano da qualche parte, con inquietudine. Tre figure ritagliate su uno sfondo buio. Sembra che il pittore dica: ecco che cosa sono riuscito a strappare alla morte" (Tiziano Scarpa, Le cose fondamentali , Einaudi, p. 159). Questa volta non ho scritto alcuna premessa, non ho messo le mani avanti come nel post precedente 'Figli come opere d'arte' , ma ho voluto andare diritto al punto, alla 'cosa fondamentale' del libro sulla paternità di Tiziano Scarpa. E cioè che per tutta la loro vita l'opera d'arte dei genitori consiste nello strappare i figli alla morte. Nell'allontanare il più possibile questo momento inesorabile, che invece deve colpire loro, per primi. E lo fanno ogni giorno, passo dopo passo, ogni momento che se ne prendono cura. "Strapp

Figli come opere d'arte

Una premessa, anzitutto: non sono un critico letterario, quindi, ciò che dirò del libro di Tiziano Scarpa, Le cose fondamentali, che ho appena finito di leggere, riguarda il mio gusto personale e, soprattutto, ciò che penso della letteratura e dell'arte in generale. Cioè che essa deve essere espressione (in bella forma) dei nostri pensieri. Tengo a fare questa precisazione perché, appena chiuso il volume, ho fatto una ricerca sul web per trovare qualche recensione del libro e molti commenti che ho letto sono semplicemente negativi. Eppure, a me il libro è piaciuto...ma può anche darsi il caso che io non l'abbia capito, dato che mi pare di trovarmi in minoranza. Ma veniamo alla sostanza: soprattutto mi è piaciuta, perché la condivido appieno e perché mi ha dato lo spunto per una serie di riflessioni, l'espressione dell'antagonista, nel racconto di Scarpa, secondo cui "i figli sono (devono essere) come delle opere d'arte". E' facile fare dei figli, molt

Papà spaziali

Sono sicuro che i nomi di Terry Virts e di Nicholas J.M. Patrick (primo e ultimo a destra nella foto Nasa) non diranno nulla ai più, ma sono quelli di due uomini che hanno realizzato un sogno comune alla maggior parte dei bambini. Anche loro da piccoli sognavano di fare gli astronauti e da grandi sono andati per davvero nello spazio. Lo hanno fatto con lo shuttle Endeavour lo scorso febbraio e ieri ho avuto occasione di incontrarli. Oltre a raccontarmi quali fossero i loro sogni da bambini, mi hanno detto qualcosa del loro modo di essere padri oggi. Patrick ha tre figli, mentre Virts ne ha due. A entrambi ho chiesto se anche i loro bimbi desiderino diventare astronauti e mi hanno risposto di non incoraggiarli in questo e che per il momento hanno altri interessi. Poi ho domandato loro se sentono la mancanza dei figli quando sono in missione e mi hanno detto che hanno la possibilità di comunicare con loro video-telefonando attraverso un computer. Infine, la domanda più importante dal mio