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Visualizzazione dei post con l'etichetta fraternità

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi...

 'Erano i capei d'oro a l'aura sparsi...': basta soltanto questo primo verso del sonetto di Petrarca ed è sufficiente l'imperfetto del verbo essere per proiettarci in un tempo distante, ormai lontano, celeste soltanto nella memoria e oggi più che mai caduco, come qualsiasi cosa terrena, sia essa perfino la donna amata. Basta questo tempo remoto e imprecisato a staccare il ricordo di 'uno spirito angelico' dalla realtà di oggi, dove la vecchiaia ha il sopravvento e all'amore... non resta che essere terreno. Mio figlio domani ha una verifica di letteratura a scuola e mi ha voluto ripetere ciò che aveva studiato dell'autore de Canzoniere. Il componimento numero 90 da lui citato ha suscitato in me vaghi e lontani ricordi e molte suggestioni, che ben presto hanno abbandonato il poeta del dubbio per riferirsi esclusivamente a lui. E così, com'è già capitato in altre occasioni, di punto in bianco me lo sono ritrovato ancora una volta già grande, più di

Preghiera di Natale contro la guerra

Io che quella sera era una festa, perché ogni figlio era Gesù bambino. E che restavo a bocca aperta quando tutto era una promessa. E sorridevo a guardare i vecchi e a sentire il loro odore. E ad accorgermi di tanta ottusità dall'altra parte della tavola. E a trovarla divertente, nonostante tutto. Io che già vedevo, in un frammento di dolcezza improvvisata, lo sguardo rimediato all'ultimo, gli occhi ancora arrossati. Proprio io, adulto da un giorno all'altro, ché il Natale l'ho sepolto ormai, una sera di tanti anni fa assieme alla fraternità. Io che non prego mai, vi prego di non pensare, per una volta soltanto, di essere dalla parte giusta. Vi imploro di mettere da parte le vostre sacre religioni e ragioni. Vi domando di spogliarvi delle vostre divise e dei vostri credo. E di pensarvi ancora uguali agli altri, a quelli dietro la tavolata e alla barricata. Vi chiedo di mettervi anche voi a nudo, nudi sul pagliericcio. E di tornare a essere bambini. (2023)

Prima che la neve potesse sciogliersi in lacrime

E' successo la prima volta che hai visto quel manto bianco che rivestiva tutto attorno a te, e sei rimasto senza parole da dire. Prima che la neve potesse sciogliersi in lacrime, quel giorno hai cercato il mio sguardo.   E' così che hai saputo che quella cosa fredda e che bruciava le mani, e sulla quale tuoi passi erano trasparenti e non facevano rumore, era una cosa difficile da capire. Ma bella, nonostante tutto. E ti sei messo a inseguire il vento. Fino a oggi. Fino a ogni volta che ancora mi guardi, con gli occhi di allora. E che mi parlano, senza pronunciare parole.  Mentre io non voglio altro che tu riprenda il tuo volo leggero e ti spinga lontano, con ali forti. Di cosa hai paura, di fronte alla tua giovinezza e alla vita che sta lì, tutta per te. Bella, anche se indecifrabile come una distesa di neve.  (2022)

Il pescatore

Solo, sulla sua barca, il vecchio ogni tanto si spostava di qualche metro, prima verso ovest e poi verso est, quando capiva che nel punto dove si era fermato non abboccava neanche un pesce. Portava una sciarpa arrotolata attorno al collo, nonostante non facesse freddo. E non aveva un cappello che lo proteggesse dal sole, che, oltre lui, colpiva in pieno anche noi, mentre lo guardavamo dalla spiaggia. Un cane sonnecchiava contento per quel tepore del primo mattino. L’altro, invece, sempre all’erta, non si sa mai che un pesce guizzasse all’improvviso fuori dall’acqua e gli piovesse direttamente in bocca. Si spostava, il vecchio, inseguendo pesci che non vedeva. E nel farlo era come la corrente silenziosa e che scorreva fluida sotto la sua barca, mentre anche il sole, che sa essere discreto e sfrontato al tempo stesso, a sua volta lo seguiva, così come avevano fatto per un poco i nostri occhi. Poi, è successo che del pescatore ci siamo dimenticati. Da un momento all’altro non abbiamo più

L'albero delle fate

Se ne sta in mezzo al bosco, senza fare nulla, e questo è il suo unico merito, non ne ha altri.  Il pino bianco è alto 35 metri e largo 6, ed è soltanto per questo che è guardato come un miracolo vivente. Solamente perché è un'eccezione: gli altri alberi vicini e nati dopo sono infatti molto più piccoli di lui, che invece è semplicemente un miracolato, uno che quando gli stessi, che ora lo ammirano, hanno tagliato il bosco, se ne stava in disparte.  Uno che, senza cercare di fuggire, sfuggì all'attenzione di chi aveva distrutto tutto.  Gente distratta allora non meno di quanto è distratta oggi. È paradossale infatti stupirsi per ciò che è spontaneo e naturalmente bello, quasi pensassero che la bellezza possa dipendere esclusivamente dalla nostra opera. E invece, più spesso, la bellezza è ciò che si lascia al suo posto, crescere come vuole, nessuna interferenza e cambiamento imposto. Esattamente come una promessa rispettata, senza nemmeno essere mai stata pronunciata. Perché par

Campane di vetro, bicchieri di cristallo

I bicchieri sono sul tavolo. A distanza di giorni, voglio  immaginarli ancora così, per ragioni sceniche, uno ancora in piedi e mezzo pieno, quasi nessuno abbia avuto il tempo di svuotarlo, l'altro a pochi centimetri di distanza, sdraiato sulla tovaglia, come se qualcosa sia andato storto e sia caduto e nessuno lo abbia poi raccolto. C'è  una nube giallognola che parte dalla sua imboccatura per disperdersi in un vago triangolo rovesciato, che ora è asciutto. I bicchieri sono leggeri, di cristallo, è fondamentale che per adesso si tenga conto esclusivamente della trasparenza della materia di cui sono fatti. Significa soffermarsi soltanto su di essi e non guardarvi attraverso, come fossero una lente.  L'indicazione è dunque quella di trattenersi un attimo prima, senza andare oltre con lo sguardo, evitando di scorgere qualsiasi oggetto che comparisse oltre di loro, attraversandoli con la vista. Per fare diversamente, per trascurarli considerandoli un mezzo, ci sarà tempo, bast

Qui e ora, al di qua della siepe

  L'altro giorno sono andato a casa di Nicola, a mangiare il suo pollo speziato. È una ricetta marocchina di cui il mio amico va fiero, almeno quanto per Leopardi. A cena infatti si finisce come sempre per parlare del poeta di Recanati e dell'Infinito. Colpa delle spezie oppure mia, che sollevo la questione, il tema è l'hic et nunc, il qui e ora, l'istante da vivere con pienezza e leggerezza, senza la testa altrove, cosa complicata, per quanto mi riguarda. E gli faccio notare che, se nella poesia di Leopardi il momento trova spazio sull'ermo colle e al di qua della siepe, oltre di essa c'è l'infinito che egli predilige: l'istante è un pretesto, l'occasione per intravedere e ritrovarsi, al di là di esso,  all'interno di "interminati spazi e profondissima quiete", fino a preferire al presente quel 'posto' remoto e "il dolce naufragare in quel mare". Il qui e ora, al quale Nicola mi consiglia di affidarmi, gli confesso di

Biancaneve

Questa è una storia breve e un po' strana, e che va al contrario, perché è nata dalla fine ed è finita fin dal suo inizio. Ed è anche assurda, perché i personaggi che ne fanno parte se ne stanno in disparte. Non interagiscono, ciascuno infatti se ne resta sulle sue. Non ci sono dialoghi, perché i protagonisti sono fermi sulle proprie posizioni. Non ci sono incontri e nemmeno scontri, dal momento che ciò implicherebbe che i protagonisti avessero una minima considerazione gli uni per gli altri. Ma allora, che razza di storia è mai questa? Semplice, è una storia fra sordi, come ce ne sono tante, anche se poi non se ne ascoltano troppe in giro, infatti questo tipo di storie sono anche mute, non so se si è compreso, eppure è elementare, che se da una parte manca chi ascolta, dall'altra è inutile che ci sia uno che parla. E il finale, perlomeno? Dai, autore, sorprendici con un effetto speciale! Non ce ne sono, l'ho detto subito che fine e inizio qui coincidono, che sorpresa vorre

Il volo

E' una bella giornata di primavera, di sole caldo e di vento fresco, in cui tutto appare in una sorta di equilibrio perfetto, dalla temperatura ai colori nel parco, alle ombre del tardo pomeriggio, il verde e il nero, e poi l'azzurro al di sopra di essi, e le nuvole che transitano disinteressate.  Oggi non è il giorno migliore per piovere, è una giornata di primavera perfetta.  Le persone affluiscono, si danno il cambio, c'è chi resta e chi va via, famiglie con i bambini, cani che scorrazzano sui prati, le foglie degli alberi mosse da un vento leggero. Gli uccelli fanno ciò che hanno sempre fatto: cinguettano e volano, ma si sentono soltanto se attorno c'è silenzio e si scorgono se non guardiamo per terra. C'è sempre questa linea di confine fra ciò che sta in alto e quel che vediamo all'altezza dei nostri occhi.  Abbiamo separato ogni cosa: il bello dal brutto, la primavera dall'inverno, così come il caldo dal freddo e il cielo dalla terra. Perfino il pensie

Willy

"Willy era un ragazzino riservato. Gli piaceva stare da solo, nel suo mondo.  A scuola tutti parlavano, ma non con lui. Se cercava di entrare nell'argomento di una conversazione, i compagni non lo ascoltavano e se ne andavano per la loro strada. Cominciò così a chiudersi in se stesso, finché la scuola finì e passò anche l'estate.  L'anno dopo si sedette al suo solito banco, l'unico che aveva un solo posto. In classe arrivò un nuovo ragazzo. Era sordo e gli ci volle un po' per ambientarsi. Willy e il nuovo alunno fecero amicizia e scoprirono di avere moltissime cose in comune.  Nonostante non sentisse, il nuovo arrivato comprendeva Willy, gli stava vicino e giocava con lui: era in grado di ascoltarlo, anche se era sordo. Gli portava rispetto quando parlava.  Lo capiva. Willy aveva trovato un amico".  Ogni giorno chiedo ai miei figli di scrivere un tema oppure un racconto su un argomento che gli indico io o che decidiamo insieme. Quello di oggi era l'asc

Il compito del padre: una risposta

Circa un mese fa, un'amica mi ha domandato il perché di alcune mie scelte spiacevoli che, per molto tempo, hanno condizionato gran parte del mio passato. Sul momento non ho saputo risponderle, dicendole che il motivo dovevo averlo scritto da qualche parte, ma non ricordavo dove. Grazie a un'altra amica, che inconsapevolmente ieri me ne ha offerto lo spunto, ho ritrovato quelle ragioni: le avevo scritte nel 2012 e hanno a che fare con il patrimonio , inteso come compito del padre .   Fra le altre cose, in quel post dico: " ... in questi giorni si è palesato concretamente ciò che da sempre ha rappresentato, nel bene e nel male, il mio modo di vivere volto a rispettare, con un senso di responsabilità a volte più grande di me stesso, gli impegni presi, alcune decisioni irrevocabili e certe relazioni ". E, ancora: " Un mio conoscente, al quale ho raccontato i dettagli, che qui mancano, di tutta questa storia, mi ha detto che ho saputo guardare lontano, al futuro dei

Fra terra e cielo

Hanno più di quattrocento anni questi amici che incontro ogni giorno. Dieci platani monumentali che, con i loro rami, in questa stagione ricoperti di foglie, dipingono il cielo di verde e, con la loro ombra, rendono la terra ancora più scura. Si stagliano verso il sole, come qualsiasi essere che abbia un minimo di aspirazioni, ma hanno anche i piedi ben piantati al suolo, proprio come quelle persone che, pur viaggiando con la fantasia, di ogni viaggio sanno riconoscere sia l'andata che il ritorno e magari sanno anche che i viaggi senza ritorno, come spesso li chiamiamo, non esistono, mentre invece è vero esattamente il contrario, ché soprattutto esistono viaggi senza andata, verso mete dove non sappiamo giungere.  Un viaggio, infatti, non è una rincorsa alle novità, ma un desiderio di conferme, che se arrivano siamo fortunati, ma che il più delle volte ci deludono. Un viaggio non è altro che la ricerca della nostra infanzia, il tentativo di trovare luoghi familiari in altri p

Un'ora d'aria

Un'ora d'aria è la metafora perfetta.  Il fatto che la mia passeggiata sia coincisa con un giorno di inizio maggio, con metà della primavera alle spalle, là dove adesso guardano i miei occhi, e l'altra metà davanti a me, dove i miei occhi possono invece soltanto immaginare, ha dell'assurdo: ciò che vedo, infatti, non è il presente, né tantomeno il futuro, ma il passato. È un illuso chiunque pensi di cogliere l'attimo, la realtà nel momento stesso del suo divenire, perché tutto ciò che sappiamo è già avvenuto, fosse anche un secondo prima del nostro arrivo, mentre il presente è quel punto di passaggio fra il prima e il dopo e nessuno può fermarne l'istante nel quale esso ci si para davanti.  Ora, a dire il vero, mentre cammino, davanti agli occhi non ho uno, ma due passati: il primo è quello che mi si presenta allo sguardo, inedito, compiuto quando non c'ero, mentre ero rintanato in casa. Il secondo è quello che ho vissuto e che mi resta nella testa, il

La partita sul terrazzo

Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto.  Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog

La corona di spine di chi non è re di se stesso

Aveva sul capo una dolorosa corona di spine il Re dei Giudei, negli ultimi istanti della sua vita. Inequivocabile il messaggio di chi lo aveva incoronato in questo modo: "Sei un re, ma noi abbiamo il potere di farti morire. E dunque non sei affatto un sovrano, perché non comandi neanche il tuo, di destino. Non sei re proprio di nulla, neanche di te stesso e questa è la corona che fa per te: uno sberleffo, un oggetto di derisione e sofferenza terrena. Di certo, non un simbolo regale degno del discendente di Davide". Saramago dice che, anche se non sanguiniamo, siamo in molti a portare una corona di spine, a non essere padroni di noi stessi. Anzi, afferma che la portiamo perché "non abbiamo il permesso di essere re di noi stessi". Al di là del fatto che essere assoluti padroni di se stessi è un ideale utopistico, ed è incontestabile che nessuno possa per tante ragioni esserlo, in ultima analisi semplicemente perché siamo mortali, mi piace soffermarmi proprio su

Una mia certa idea di dio

Non sono né credente, né tantomeno un teologo. Ma una certa idea di dio in questi giorni me la sono fatta. Perfino io.  Dio è qualcuno o qualcosa che può decidere al nostro posto, della nostra vita, del nostro destino, senza che noi possiamo opporci e riuscire a contrastare questa volontà, perlomeno inizialmente. Il dio che ho in mente io, infatti, non è del tutto invincibile, né immortale.  E l'uomo ha bisogno soltanto di tempo perché trovi la strada giusta: una cura, una risposta, una soluzione. Dio è il virus che ti uccide, ma è anche il medico che ti cura. È l'assassino che dispone della tua vita, ma è anche il poliziotto che sventa l'attentato. È il magistrato che decide il tuo destino, ma è pure il giudice che ribalta la sentenza. È il capo dell'Esecutivo, che decide come governarti, ma è pure l'opposizione parlamentare, che propone un altro indirizzo. Dio è chi può toglierti la libertà e chi può restituirtela. E siamo noi, quando, anche senza una ra

Nessuno potrà mai allontanarci

Io non so come finirà questa storia. Né cosa ci riservi il futuro, se fra poco saremo ancora insieme oppure no. Ciò di cui ho assoluta certezza sono i nostri sentimenti, quel che proviamo gli uni verso gli altri. Ve l'ho detto: proveranno a metterli in discussione, si serviranno del tempo per oscurare la vostra memoria, cercheranno di convincervi che il vostro passato era sbagliato e che il presente, invece, corrisponde a ciò che dev'essere ed è giusto che sia. Ma voi non crederete a queste favole, non vi farete ingannare. Conoscete bene quale sia la verità, so che la cercherete e che saprete trovarla. Vi ho insegnato a non farvi trattare da stupidi, ma a ragionare con le vostre teste. Vi ho sempre consigliato di essere critici, di dire, di cercare e di pretendere sempre la verità. La verità che è sopra qualsiasi cosa, più importante di tutto, perfino di noi stessi e dei nostri sentimenti. So bene che la verità è spesso scomoda e spiacevole, così come altre volte può and

Angoscia

I miei figli e io siamo vicini, in questi giorni di lavoro a casa per me e di scuole chiuse per loro. Il più piccolo ha la febbre. Una delle prime cose che mi ha chiesto è se potesse aver contratto il coronavirus. Ne sente anche lui parlare in televisione. Gli ho detto di no, ovviamente, gli ho spiegato che ha soltanto l'influenza.  Possa piacere o no, per me la vera notizia adesso è l'angoscia, non ne ho altre. Questa pandemia non ha precedenti nella nostra generazione che fino a oggi ha vissuto, anche se non proprio alla grande, di alcune certezze e di una relativa fiducia nel domani. Ma l'angoscia no, questa non l'ha mai provata. Ecco, di fronte a ciò a cui stiamo assistendo, al cospetto delle notizie che parlano di crescita esponenziale delle infezioni, oggi non me la sento proprio di fare previsioni ottimistiche per il futuro.  E quando provo a rasserenare i miei figli, so di tradirli non dicendo loro quale sia la mia vera paura. E cioè che prima o poi ci amm

Il cavallo idiota

Il cavallo è un animale nobile, fiero, sensibile e intelligente, vi ho detto ieri. E anche d'affezione, proprio come il cane e il gatto. Nei paesi anglosassoni è impensabile mangiarne la carne, che da noi è in vendita, e l'idea di farlo è orripilante quanto quella di nutrirsi di Fido o di Lassie.  I cavalli che si vedono in giro per Roma sono quelli che trainano le botticelle per i turisti che amano visitare la Città eterna seduti comodamente nelle carrozze, come nel '600 e nel '700. Tuttavia, fra i cavalli e i monumenti, oggi non ci sono soltanto case, campi e qualche passante, ma circolano soprattutto automobili. Questi animali si muovono nel traffico cittadino per accontentare persone romantiche o nostalgiche, che desiderano un Grand Tour romano d'altri tempi. E' per questo motivo che ai cavalli vengono messi i paraocchi: perché non si spaventino se una macchina sopraggiunge dalla loro destra, per dar loro l'illusione che la strada è sicura.  Tuttavi

La banalità della memoria fine a se stessa

La settimana scorsa ho partecipato, per motivi di lavoro, a due eventi per il Giorno della Memoria: il primo al Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica, il secondo in una scuola elementare del centro, sulle cui scalinate d'ingresso sono state poste delle pietre d'inciampo , delle targhe “per non dimenticare”. Parterre di personalità istituzionali e delle comunità ebraiche, nella casa del capo dello Stato. Proiettati a ripetizione, su un pannello posto di fronte agli ospiti, filmati e fotografie in bianco e nero: volti senza più volto e corpi senza più corpo. Aggiungere (o sottrarre) altri aggettivi è retorica. Il primo scopo del lager, infatti, era quello di cancellare la personalità dei prigionieri fino renderli deumanizzati , senza espressione e senza anima, dunque distanti  dagli ariani, sia fisicamente che emotivamente. Delle cose, ormai rotte e inutilizzabili e, in quanto tali, da gettare via come la spazzatura nel cassonetto. Senza pietà, ovviamente