Hanno più di quattrocento anni questi amici che incontro ogni giorno. Dieci platani monumentali che, con i loro rami, in questa stagione ricoperti di foglie, dipingono il cielo di verde e, con la loro ombra, rendono la terra ancora più scura. Si stagliano verso il sole, come qualsiasi essere che abbia un minimo di aspirazioni, ma hanno anche i piedi ben piantati al suolo, proprio come quelle persone che, pur viaggiando con la fantasia, di ogni viaggio sanno riconoscere sia l'andata che il ritorno e magari sanno anche che i viaggi senza ritorno, come spesso li chiamiamo, non esistono, mentre invece è vero esattamente il contrario, ché soprattutto esistono viaggi senza andata, verso mete dove non sappiamo giungere.
Un viaggio, infatti, non è una rincorsa alle novità, ma un desiderio di conferme, che se arrivano siamo fortunati, ma che il più delle volte ci deludono. Un viaggio non è altro che la ricerca della nostra infanzia, il tentativo di trovare luoghi familiari in altri posti. Cerchiamo somiglianze, analogie, il ritorno al passato, al tempo della giovinezza. Chi va al mare si aspetta di trovare la spiaggia di quando era bambino e l'acqua del colore e della temperatura di un tempo mitico. Nella testa abbiamo sempre gli stessi termini di paragone. Quello con le cose nuove è sempre un confronto con noi stessi. Il mondo non è una realtà ferma e oggettiva, ma dialoga e interloquisce costantemente con noi. E un viaggio è la necessità che abbiamo di trovare risposte a domande che ci facciamo da sempre, a volte le stesse che abbiamo già ricevuto ma che non abbiamo compreso o che abbiamo bisogno di riascoltare. Un viaggio ha per destinazione noi stessi, nient'altro che questo. E la vera novità, la fortuna del viaggio, è quando ci ritroviamo.
Anche questi platani compiono un viaggio simile al nostro, se è vero che la direzione che prendono non è banalmente soltanto quella verso il cielo. Sotto il tronco, le loro radici hanno lo stesso tipo di diramazione che hanno i rami, coprono un'area tanto grande di quella che è visibile ammirandone in alto la chioma. Scavano la terra, cercano l'acqua, ma questo non lo vede nessuno. Perché il loro viaggio sotterraneo è silenzioso, si compie nel buio più nero e, semmai esistesse anche per queste piante, il loro dialogo non sarebbe con altri se non con se stesse.
Nel loro viaggio speculare, verso l'alto e verso il basso, gli alberi cercano la conferma del sole e quella dell'acqua. Sono simili agli esseri umani queste piante dall'anima duplice. Ma l'uomo ha una particolarità che gli alberi non hanno: sanno rendere radici le chiome e mani i piedi, ossia sanno invertire la realtà, a volte per un errore di cui non si accorgono, altre per vizio. Quante persone si credono angeli e allo stesso tempo attribuiscono alle altre i propri difetti. Quanti uomini senza merito aspirano al cielo, essendo allo stesso tempo disposti a spodestare chi lo merita per davvero. Quanta gente vive un'esistenza sotterranea, mentendo perfino a se stessa, e quanta, ancora, mette in mostra foglie che tali non sono, non accorgendosi della coltre di terra grondante di cui sono ancora ricoperte.
Io non ho mai avuto grandi aspirazioni, non ho mai cercato un cielo chissà quanto lontano. Mi è sempre bastato trovare acqua e luce per essere contento.
Ciò che mi ha reso felice fino a oggi è stata la semplice fortuna di non confondere la terra con il cielo.
Io non ho mai avuto grandi aspirazioni, non ho mai cercato un cielo chissà quanto lontano. Mi è sempre bastato trovare acqua e luce per essere contento.
Ciò che mi ha reso felice fino a oggi è stata la semplice fortuna di non confondere la terra con il cielo.
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