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Visualizzazione dei post con l'etichetta solidarietà

Il volo

E' una bella giornata di primavera, di sole caldo e di vento fresco, in cui tutto appare in una sorta di equilibrio perfetto, dalla temperatura ai colori nel parco, alle ombre del tardo pomeriggio, il verde e il nero, e poi l'azzurro al di sopra di essi, e le nuvole che transitano disinteressate.  Oggi non è il giorno migliore per piovere, è una giornata di primavera perfetta.  Le persone affluiscono, si danno il cambio, c'è chi resta e chi va via, famiglie con i bambini, cani che scorrazzano sui prati, le foglie degli alberi mosse da un vento leggero. Gli uccelli fanno ciò che hanno sempre fatto: cinguettano e volano, ma si sentono soltanto se attorno c'è silenzio e si scorgono se non guardiamo per terra. C'è sempre questa linea di confine fra ciò che sta in alto e quel che vediamo all'altezza dei nostri occhi.  Abbiamo separato ogni cosa: il bello dal brutto, la primavera dall'inverno, così come il caldo dal freddo e il cielo dalla terra. Perfino il pensie

Il compito del padre: una risposta

Circa un mese fa, un'amica mi ha domandato il perché di alcune mie scelte spiacevoli che, per molto tempo, hanno condizionato gran parte del mio passato. Sul momento non ho saputo risponderle, dicendole che il motivo dovevo averlo scritto da qualche parte, ma non ricordavo dove. Grazie a un'altra amica, che inconsapevolmente ieri me ne ha offerto lo spunto, ho ritrovato quelle ragioni: le avevo scritte nel 2012 e hanno a che fare con il patrimonio , inteso come compito del padre .   Fra le altre cose, in quel post dico: " ... in questi giorni si è palesato concretamente ciò che da sempre ha rappresentato, nel bene e nel male, il mio modo di vivere volto a rispettare, con un senso di responsabilità a volte più grande di me stesso, gli impegni presi, alcune decisioni irrevocabili e certe relazioni ". E, ancora: " Un mio conoscente, al quale ho raccontato i dettagli, che qui mancano, di tutta questa storia, mi ha detto che ho saputo guardare lontano, al futuro dei

Angoscia

I miei figli e io siamo vicini, in questi giorni di lavoro a casa per me e di scuole chiuse per loro. Il più piccolo ha la febbre. Una delle prime cose che mi ha chiesto è se potesse aver contratto il coronavirus. Ne sente anche lui parlare in televisione. Gli ho detto di no, ovviamente, gli ho spiegato che ha soltanto l'influenza.  Possa piacere o no, per me la vera notizia adesso è l'angoscia, non ne ho altre. Questa pandemia non ha precedenti nella nostra generazione che fino a oggi ha vissuto, anche se non proprio alla grande, di alcune certezze e di una relativa fiducia nel domani. Ma l'angoscia no, questa non l'ha mai provata. Ecco, di fronte a ciò a cui stiamo assistendo, al cospetto delle notizie che parlano di crescita esponenziale delle infezioni, oggi non me la sento proprio di fare previsioni ottimistiche per il futuro.  E quando provo a rasserenare i miei figli, so di tradirli non dicendo loro quale sia la mia vera paura. E cioè che prima o poi ci amm

La banalità della memoria fine a se stessa

La settimana scorsa ho partecipato, per motivi di lavoro, a due eventi per il Giorno della Memoria: il primo al Quirinale, alla presenza del presidente della Repubblica, il secondo in una scuola elementare del centro, sulle cui scalinate d'ingresso sono state poste delle pietre d'inciampo , delle targhe “per non dimenticare”. Parterre di personalità istituzionali e delle comunità ebraiche, nella casa del capo dello Stato. Proiettati a ripetizione, su un pannello posto di fronte agli ospiti, filmati e fotografie in bianco e nero: volti senza più volto e corpi senza più corpo. Aggiungere (o sottrarre) altri aggettivi è retorica. Il primo scopo del lager, infatti, era quello di cancellare la personalità dei prigionieri fino renderli deumanizzati , senza espressione e senza anima, dunque distanti  dagli ariani, sia fisicamente che emotivamente. Delle cose, ormai rotte e inutilizzabili e, in quanto tali, da gettare via come la spazzatura nel cassonetto. Senza pietà, ovviamente

Soltanto perché non sta succedendo...

Li ho guardati come farebbe qualunque genitore: con un sorriso appena abbozzato e un accenno di angoscia. Pensando ciò che qualsiasi padre penserebbe dei figli, ossia quanto sono belli, e vitali, e sorprendenti.  Il pensiero si è spostato quasi subito verso l'altra faccia della medaglia, ai momenti difficili del passato, ai pericoli che sbrigativamente abbiamo archiviato come  scampati , ma che in realtà sono tali soltanto per un breve lasso di tempo. Nessuno ci garantisce, infatti, che prima o dopo non possano ripresentarsi. Non perdo mai il contatto, proprio non ci riesco, con la relatività delle cose, con la momentaneità delle situazioni, con la precarietà sia del bene che del male. Non ho presagi, non conosco formule magiche, non ho idea di come sarà il futuro. So che molte cose dipendono da noi stessi e dalle nostre scelte, ma so pure che tante di più sono le circostanze che non possiamo controllare.  Non credo in nessun tipo di eternità, prima fra tutte quelle terrene, nelle

Tre secondi, anche meno

Domenica siamo andati a raccogliere le nocciole con un gruppo di persone che organizza questo tipo di escursioni, un po' alla moda ormai, "a contatto con la natura e alla ricerca dei sapori di un tempo", come quella di giugno nella quale andammo per  fragole . Ebbene, adesso non voglio parlare davvero di frutta secca, anche perché ne abbiamo trovata poca, la maggior parte infatti erano gusci vuoti, né del fatto che, mentre i bambini frugavano nel terreno fra le foglie dei noccioli, io a un certo punto mi sono messo a cercare la cicoria. Racconterò invece una scena, a cui ho assistito e che sarà durata non più di tre secondi, e che in un lampo ha rimandato i miei pensieri a un episodio avvenuto la scorsa estate. La scena è questa e a prima vista può sembrare banale: si è formata una piccola fila fra i partecipanti alla raccolta e a un certo punto il bambino piccolo, che mi precedeva, ha dato la mano a una signora che non conosceva. Non si è accorto dell'equivoco né lui

Uovo di Pasqua

Lo so io e lo sanno in molti: fosse per me, non festeggerei né la Pasqua, né il Natale, né ogni altra festa comandata. Ma il mio personale disinteresse per le festività non conta nulla, dato che la maggior parte delle gente ama festeggiare questo tipo di avvenimenti, e fanno bene loro, che almeno si divertono. Per me potrebbero benissimo essere giornate come le altre, se non fosse per il fatto che, lo si voglia o meno, nell'aria è presente una certa atmosfera e le persone che hai intorno vogliono comunque fare qualcosa di speciale, e a volte di straordinario, e ti coinvolgono, in un modo o in un altro. In giorni come questi è sempre una corsa: a fare la spesa in supermercati strapieni, a prenotare ristoranti già al completo, a comprare regali per tutti, a telefonare a persone che non senti per gli altri trecentosessantaquattro giorni dell'anno. Per non parlare delle file in macchina, del traffico, a volte anche del caldo, che cominciano già nei giorni prefestivi.  Un'ansia

La cattiveria e la commedia umana

Ancora fino a pochi anni fa, credevo che il modo di comportarsi delle persone dipendesse da ciò che esse erano: il carattere, la cultura, l'esperienza. Mettevo al primo posto la coerenza fra quello che siamo e quel che facciamo. Non immaginavo la possibilità che si potessero avere in mente dei secondi fini. Credevo nella parola data e soprattutto in quella mantenuta. Addirittura, non ipotizzavo l'esistenza di persone cattive: il male, secondo me, era dovuto all'ignoranza perché chiunque desidera e si comporta in modo tale da perseguire ciò che ritiene sia il bene. Anche il ladro che mi rubò la macchina - ero pronto a giustificarlo, anche se sporsi denuncia - probabilmente aveva bisogno di farlo, non trovando - immagino - un lavoro onesto, per mangiare.  Ero un idealista e le mie posizioni erano certo estreme, ma che vuoi farci se allora, e a volte anche adesso, la pensavo così. Non ero un ingenuo e avevo già avuto anch'io la mia parte normale di delusioni e di fregature

Due fratelli

A volte un colpo di fortuna può trasformarsi in una sciagura e rovinare la vita di chi ne è colto. La storia di cui sto per parlare me l'ha raccontata la persona che la scorsa estate mi ha affittato la sua casa al mare, nel sud dell'Italia, dove abbiamo trascorso le vacanze. Con gentilezza e disponibilità, un giorno mi accompagna con la sua macchina a fare degli acquisti e, fra gli altri posti nei quali ci fermiamo, c'è un banchetto di frutta e verdura ai margini di una strada di campagna. Io compro quel che mi serve, uva, pesche, insalata e melanzane, lui prende alcune cassette di pomodori che gli servono per fare le passate per l'inverno.  Il fruttivendolo è aiutato dalla moglie nel suo lavoro, è un tipo taciturno, che ci passa quel che ci serve senza parlare e che, quando si rivolge alla consorte, lo fa con dei gesti accompagnati da monosillabi. Alla fine della spesa, saluta il mio accompagnatore senza sorridere e neanche risponde al mio "arrivederci". Cari

Gli sdraiati: quando il dialogo fra padri e figli adolescenti è 'inesistente'

Se ne stanno stesi sul divano, col telefonino in mano o con il tablet, a ciattare e, se li interrompi, rispondono al massimo con dei monosillabi. Sono con se stessi, ciascuno per conto proprio, anziché con gli altri. Preferiscono inviarti un sms anche se ti trovi nella stanza affianco, invece di venirti a parlare di persona. Prendo spunto da Gli sdraiati , il libro autobiografico di Michele Serra che non ho ancora letto e che mi è stato segnalato, per scrivere a mia volta qualche nota autobiografica sul rapporto fra padri e figli adolescenti. Ma prima di iniziare vorrei fare un avvertimento o una premessa per così dire 'propedeutica' al racconto della mia esperienza.  Come dice Serra, è la rarefazione - sempre più marcata a causa delle nuove tecnologie - dei rapporti interpersonali alla base del dialogo 'inesistente' fra generazioni diverse. Ma la mancanza di comunicazione fra padri e figli non è dovuta al silenzio degli uni o degli altri, come sostiene lo psicanalista

"Alcune di queste immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità"

"Alcune di queste immagini potrebbero urtare la vostra sensibilità": è l'avviso che il sito di Repubblica ha fatto ieri ai lettori che si accingevano ad aprire la galleria fotografica di Zili, il bimbo cinese in catene .  Orbene, le immagini del fotografo della Reuters William Hong mostrano un bambino di undici anni con una catena a un piede che lo accompagna fin da piccolo, da quando cioè, dopo aver sbattuto la testa, il bimbo si è mostrato 'aggressivo' e 'ingestibile' da parte del nonno che lo 'accudisce'.  "Queste foto - racconta la didascalia - hanno contribuito a rilanciare il caso dei bambini dimenticati che in Cina rappresentano numeri da record, anche perché molti casi sono 'nascosti', nelle aree delle province più lontane del Paese". "Grazie a queste immagini - conclude il breve testo che le accompagna - si sono mobilitate per il piccolo Zili le associazioni per la tutela dell'infanzia". Meno male che c'

Quando il leoncino mangia

La colpa è nostra, non loro. L'essere umano ha bisogno di spiegazioni verbali, dettagli, nonché la sicurezza del tempo che occorre a risolvere il problema. L'assenza di tali elementi ci fa preoccupare: l'incertezza di capire chi non sa ancora esprimersi bene a parole e quella che deriva da una brutta situazione che, ti sembra, non evolva mai verso il meglio. E poi, improvvisamente, tutto finisce e torniamo alla normalità, il bambino piccolo è guarito e sta bene. Ripenso a questa scena, ricorrente e più che mai visiva, per quanto mi riguarda: "Quando il leoncino mangia / la leonessa ringiovanisce", e mi tornano in mente tante situazioni nelle quali il pericolo quasi non ci travolgeva. Quanti sospiri per una vita che, non dimentichiamolo, è sempre appesa a un filo. E quante spiegazioni, e parole, e piccole soluzioni momentanee, di cui abbiamo necessità ma che servono soltanto a distrarci e a farcelo dimenticare. Adesso ho solo voglia di un bicchiere d'acqua, com

Prepotenza

Il figlio piccolo si è svegliato dopo un sonno più lungo del solito, ieri pomeriggio. E' corso da me, il viso arrossato e le braccia tese per essere aiutato a salire sul divano, dove ero seduto a leggere un libro di cui ora non importa né il titolo né l'autore, ma la pagina che avevo sotto gli occhi e che parlava del concetto di persona e di prepotenza.  Leggevo, e nel frattempo pensavo a mio fratello, che abita lontano e che ha appena avuto una bambina, e al quale ho detto che per il momento non andrò a trovarlo, "perché - lo avvisato - da ora in poi le tue preoccupazioni saranno tutte per tua figlia e nei primi giorni dovrai riorganizzare la tua vita attorno a lei e non è giusto che pensi a occuparti anche di altri ospiti". Dunque, tre circostanze concomitanti: mio figlio che arriva e pretende di essere preso in braccio, mentre, grazie a un libro, rifletto sulla prepotenza e sulla persona, e intanto il mio pensiero, che va a mio fratello e alla vita che cambia a ca

I numeri e le parole

Non sono mai stato un genio in matematica, i numeri sono una cosa troppo astratta per i miei gusti. Un giorno ho letto, nel  Memoriale del convento,  questa frase di Saramago: "E Baltasar dice, in tutto ho sentito dire che ne sono arrivati cinquecento, tanti, si meraviglia Blimunda, ma né l’uno né l’altra sanno esattamente quanti siano cinquecento, senza contare che il numero è, tra tutte le cose che esistono al mondo, la meno esatta, si dice cinquecento mattoni, si dice cinquecento uomini, e la differenza che c’è tra mattone e uomo è la differenza che si crede che non ci sia tra cinquecento e cinquecento, chi non l’avrà capito la prima volta non merita che glielo si spieghi la seconda". Da quando ho riflettuto su questa definizione, ho compreso perché io e la matematica non andiamo d'accordo ovvero ho realizzato che, per essere capita, questa scienza, è necessario riferirne i numeri a qualcosa di concreto. Ad esempio, a cinquecento uomini oppure a cinquecento mattoni. M

Gaza, quinto giorno di bombardamenti

Gaza, 18/11/2012, quinto giorno di bombardamenti Ibrahim Al Dalu, 11 mesi Jamal Al Dalu, 6 anni Yousif Al Dalu, 5 anni Sara Al Dalu, 3 anni Rosa Schiano, Una famiglia sterminata-Operation Pillar of Cloud http://ilblogdioliva.blogspot.it/

E se qualche volta evitassimo il male invece di perseguire il cosiddetto bene?

Ho sempre creduto che alla base di tutto ci debba essere una sensibilità. Se non la cultura – intesa, alla tedesca, come formazione e storia o, perlomeno, come memoria – dovrebbe esserci come minimo una coscienza. Un io che interpreti, di volta in volta, la realtà, e che si relazioni con essa. Un soggetto che pensi e non un mero esecutore cieco di un compito o di un dovere. Mi riferisco agli agenti che a Padova hanno trascinato per la strada un bambino urlante. Ma penso anche a tanti altri casi del genere, più o meno conflittuali ma dove, sempre, non si prende in considerazione il bene più importante, quello dei minori.  A volte si è ciechi quando si indossa una divisa (non solo militare), ma spesso un'uniforme – come dice la parola stessa – prende le sembianze più di una livrea mentale che di un semplice abito: non ci sono più io, lì dentro, ma soltanto un credo conformista e incontestabile esiste. Il ruolo, il mandato e la gerarchia sono gli unici valori che contano. E' da qu

"I bambini non si portano via, ma vanno ascoltati"

Tante parole superflue, sia nelle accuse che nelle giustificazioni.  Troppa violenza gratuita, anche dopo il fatto e - immagino - pure prima.  Nessun rispetto, nessuna pietà, nessuna mano sulla coscienza. Ripeterò soltanto questo: "I bambini non si portano via. I bambini vanno ascoltati".

Tre discorsi sul bene

Adesso che la nonna non c'è più, voglio parlare di tre pensieri che mi sono venuti in mente durante la sua malattia. Il primo riguarda il ricordo, il secondo la morte, l'ultimo la continuità. Si tratta di tre argomenti diversi, ma ciascuno di essi è riconducibile a un'idea di bene. Quando se ne vanno, le persone che ci hanno voluto bene e alle quali ne abbiamo voluto ci lasciano in regalo un buon ricordo. Credo che sia soltanto questo ciò che ci resta degli altri: accettiamo di prolungare dentro di noi la loro vita, seppure per un momento minimo, breve quanto la durata della nostra. Penso che l'eternità non sia altra cosa, diversa dalla memoria, purtroppo, a meno di non immaginare le persone in termini meramente 'chimici', alla Lavoisier. Anche se non credo che il filosofo francese, quando si è trovato con la testa sulla ghigliottina, abbia trovato conforto nella sua teoria dell'indistruttibilità della materia. Il secondo pensiero è una critica alla classica

Patrimonio

Immaginiamo uno straniero che volesse imparare l'italiano e che si imbattesse in queste parole: 'patrimonio' e 'matrimonio'. Volendo risalire all'etimologia dei due termini, per prima cosa ne noterebbe non solo l'assonanza, ma che la loro parte finale è addirittura identica. Successivamente - questo straniero è davvero pignolo - ne prenderebbe in esame gli elementi iniziali, 'patri-' e matri-', quelli grazie ai quali le due parole si distinguono fra loro, diventano differenti, divergono. Divergono, appunto, ma fino a che punto? Nel caso di 'patrimonio' e di 'matrimonio', il divergere dei significati non si limita alla differenza constatabile, ad esempio, in parole affini come padre e madre o al genere, come accadrebbe se parlassimo di destra e di sinistra o di maschio e di femmina. La distinzione va molto oltre, invece, fino a spingersi a riferimenti che con i significati originari non hanno più niente a che vedere, tanto che oggi

I suoi occhi il più bel paesaggio

Più che viaggi, negli ultimi tempi abbiamo fatto qualche piccolo spostamento, altra aria e abitudini, anche se per alcune ore, al massimo una giornata. Per un poco, lontani dalla ripetitività dei giorni. Il bello del viaggio è la possibilità che offre, a chi lo compie, di cambiare vita. Visitiamo Paesi nuovi e pensiamo a ciò che saremmo potuti essere laggiù, la nostra esistenza sarebbe stata diversa, forse migliore, non lo sapremo mai. Una prospettiva nuova o un'illusione, raccolta nell'arco di un giorno, iniziata al mattino e terminata la sera, nel momento stesso del ritorno, evanescente come l'acqua ma ancora nelle mani, fra le dita bagnate per un ultimo istante. Osservi bene un'altra volta questa nuova possibilità, prima che scompaia per sempre, e improvvisamente sai che è bella, come qualsiasi cosa che dura un secondo e che adesso non c'è più. Eppure c'è ancora, nel ricordo o nell'idea. E' la stessa cosa che succede con le fotografie, sono quel che c