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Visualizzazione dei post con l'etichetta l'infinito di Leopardi

Qui e ora, al di qua della siepe

  L'altro giorno sono andato a casa di Nicola, a mangiare il suo pollo speziato. È una ricetta marocchina di cui il mio amico va fiero, almeno quanto per Leopardi. A cena infatti si finisce come sempre per parlare del poeta di Recanati e dell'Infinito. Colpa delle spezie oppure mia, che sollevo la questione, il tema è l'hic et nunc, il qui e ora, l'istante da vivere con pienezza e leggerezza, senza la testa altrove, cosa complicata, per quanto mi riguarda. E gli faccio notare che, se nella poesia di Leopardi il momento trova spazio sull'ermo colle e al di qua della siepe, oltre di essa c'è l'infinito che egli predilige: l'istante è un pretesto, l'occasione per intravedere e ritrovarsi, al di là di esso,  all'interno di "interminati spazi e profondissima quiete", fino a preferire al presente quel 'posto' remoto e "il dolce naufragare in quel mare". Il qui e ora, al quale Nicola mi consiglia di affidarmi, gli confesso di

Oltre la siepe

Ce ne vuole sempre una per iniziare qualsiasi cosa, anche un discorso, ma questa volta ne ho almeno tre di occasioni: L'infinito di Leopardi, citato da un'amica al parco, I Dieci Comandamenti,  raccontati da Benigni e che abbiamo visto alla tv l'altra sera, alcune raccomandazioni fatte lo stesso giorno ai miei figli. La siepe è quell'ostacolo che abbiamo tutti davanti agli occhi e che non ci permette di vedere, oltre di essa, il resto del mondo. Ma è anche uno stimolo per l'immaginazione, l'ipotesi per andare avanti, per varcare il confine fisico e il limite mentale. Un viaggio interiore, per Leopardi, ma anche la possibilità, per tutti noi, di espandere i nostri orizzonti, per metterci in comunicazione con qualcosa che non conosciamo, ma verso cui fin dalla preistoria dell'uomo ci spingiamo, oltre la nostra frontiera individuale. Qualcosa più grande di noi, l'ignoto o l'infinito, appunto. Ovvero, la divinità, che è presente, anche in senso laic