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Visualizzazione dei post con l'etichetta educazione

Prima che la neve potesse sciogliersi in lacrime

E' successo la prima volta che hai visto quel manto bianco che rivestiva tutto attorno a te, e sei rimasto senza parole da dire. Prima che la neve potesse sciogliersi in lacrime, quel giorno hai cercato il mio sguardo.   E' così che hai saputo che quella cosa fredda e che bruciava le mani, e sulla quale tuoi passi erano trasparenti e non facevano rumore, era una cosa difficile da capire. Ma bella, nonostante tutto. E ti sei messo a inseguire il vento. Fino a oggi. Fino a ogni volta che ancora mi guardi, con gli occhi di allora. E che mi parlano, senza pronunciare parole.  Mentre io non voglio altro che tu riprenda il tuo volo leggero e ti spinga lontano, con ali forti. Di cosa hai paura, di fronte alla tua giovinezza e alla vita che sta lì, tutta per te. Bella, anche se indecifrabile come una distesa di neve.  (2022)

Il pescatore

Solo, sulla sua barca, il vecchio ogni tanto si spostava di qualche metro, prima verso ovest e poi verso est, quando capiva che nel punto dove si era fermato non abboccava neanche un pesce. Portava una sciarpa arrotolata attorno al collo, nonostante non facesse freddo. E non aveva un cappello che lo proteggesse dal sole, che, oltre lui, colpiva in pieno anche noi, mentre lo guardavamo dalla spiaggia. Un cane sonnecchiava contento per quel tepore del primo mattino. L’altro, invece, sempre all’erta, non si sa mai che un pesce guizzasse all’improvviso fuori dall’acqua e gli piovesse direttamente in bocca. Si spostava, il vecchio, inseguendo pesci che non vedeva. E nel farlo era come la corrente silenziosa e che scorreva fluida sotto la sua barca, mentre anche il sole, che sa essere discreto e sfrontato al tempo stesso, a sua volta lo seguiva, così come avevano fatto per un poco i nostri occhi. Poi, è successo che del pescatore ci siamo dimenticati. Da un momento all’altro non abbiamo più

Ti ho mai parlato di Paffi?

  Chi era questa Paffi e perché mi torna in mente, dopo quasi quarant'anni, una ragazza della quale ricordo soltanto il soprannome? Era una studentessa di un'altra sezione delle medie, che nei corridoi della scuola incrociai poche volte e che, se la dovessi rincontrare oggi, neanche riconoscerei. Facemmo il viaggio scolastico di terza insieme, la sua classe con la mia, e io capitai nel suo stesso scompartimento del treno. Inutile dire quanto mi piacesse, superfluo e poco credibile, per chi ha dimenticato certi batticuore, affermare che mi innamorai di lei non appena i nostri sguardi si incrociarono. Ma gli adolescenti si innamorano a prima vista, sarà capitato a ognuno di noi e non una volta soltanto. Non ne ricordo il nome, come ho detto, perché la conoscevo come Paffi, ma il viso ce l'ho ancora bene in mente: tondo, gli occhi grandi color nocciola, la carnagione chiara, i capelli neri, lunghi e lisci. Indossava una felpa fucsia, leggera, sopra ai jeans aderenti, blu scuro

Il buco

  Mi hai detto che osservi il futuro oltre un buco, dalla tua posizione presente, al di qua di esso. E mi hai raccontato la tua bella visione, la tua immaginazione, che non può che farmi piacere.  Il bello di adesso, anche domani... non vorrei altro. Hai ribadito che per te il passato non ha importanza e che non per niente ha il nome di "passato", perché quel tempo è trascorso, è andato via, quindi non è più importante, non deve influenzarci troppo. Non ce la faccio a pensare al passato nei tuoi stessi termini: per me, perfino gli occhi, che sono frontali e che quindi guardano inevitabilmente davanti a sé, sono lo sguardo di chi ha già vissuto. E proiettano noi stessi oltre quel buco, non un'altra cosa: noi, siamo sempre e soltanto noi. Perché ciò che scorgono, i nostri occhi lo interpretano sulla base di quel che già sanno, mentre ciò che non vedono lo possono immaginare partendo dalla propria fantasia. Il che non vuol dire necessariamente essere astratti, dato che anche

Biancaneve

Questa è una storia breve e un po' strana, e che va al contrario, perché è nata dalla fine ed è finita fin dal suo inizio. Ed è anche assurda, perché i personaggi che ne fanno parte se ne stanno in disparte. Non interagiscono, ciascuno infatti se ne resta sulle sue. Non ci sono dialoghi, perché i protagonisti sono fermi sulle proprie posizioni. Non ci sono incontri e nemmeno scontri, dal momento che ciò implicherebbe che i protagonisti avessero una minima considerazione gli uni per gli altri. Ma allora, che razza di storia è mai questa? Semplice, è una storia fra sordi, come ce ne sono tante, anche se poi non se ne ascoltano troppe in giro, infatti questo tipo di storie sono anche mute, non so se si è compreso, eppure è elementare, che se da una parte manca chi ascolta, dall'altra è inutile che ci sia uno che parla. E il finale, perlomeno? Dai, autore, sorprendici con un effetto speciale! Non ce ne sono, l'ho detto subito che fine e inizio qui coincidono, che sorpresa vorre

Il volo

E' una bella giornata di primavera, di sole caldo e di vento fresco, in cui tutto appare in una sorta di equilibrio perfetto, dalla temperatura ai colori nel parco, alle ombre del tardo pomeriggio, il verde e il nero, e poi l'azzurro al di sopra di essi, e le nuvole che transitano disinteressate.  Oggi non è il giorno migliore per piovere, è una giornata di primavera perfetta.  Le persone affluiscono, si danno il cambio, c'è chi resta e chi va via, famiglie con i bambini, cani che scorrazzano sui prati, le foglie degli alberi mosse da un vento leggero. Gli uccelli fanno ciò che hanno sempre fatto: cinguettano e volano, ma si sentono soltanto se attorno c'è silenzio e si scorgono se non guardiamo per terra. C'è sempre questa linea di confine fra ciò che sta in alto e quel che vediamo all'altezza dei nostri occhi.  Abbiamo separato ogni cosa: il bello dal brutto, la primavera dall'inverno, così come il caldo dal freddo e il cielo dalla terra. Perfino il pensie

‘Il Decameron ai tempi del Covid’, i racconti degli studenti durante il lockdown

Ho sempre consigliato ai miei figli di leggere e di scrivere, perché la lettura e la scrittura sono due attività che servono a esprimersi, a esternare e a rappresentare, o a trovare esternato e rappresentato, ciò che si ha dentro. La lettura, così come la scrittura, ci consentono di metterci in comunicazione con noi stessi e con gli altri. E quindi di non farci sentire soli. Molto bella l'iniziativa di una scuola romana e il libro che ne è seguito, di cui parlo qui , Il Decameron ai tempi del Covid,  i racconti degli studenti durante il lockdown del 2020. Immaginate un 'Decameron' ambientato nella società di oggi, durante la pandemia da Covid, anziché quasi 700 anni fa e ai tempi della peste. Immaginate anche che al posto delle sette donne e dei tre uomini dell’opera di Boccaccio, che per dieci giorni si rifugiano fuori da Firenze per sfuggire al morbo che imperversa nella città, vi siano ventiquattro ragazze e ragazzi dodicenni, studenti di seconda media in una scuola roma

Il cane

Perché amo i cani?  Non certo perché siano campioni  di generosità  o di altruismo. Non è per questo che li amo  ma per le loro debolezze  umane  Le hanno tutte tranne una.  Li amo perché non sanno  raccontare bugie  perché non conoscono la vergogna  Ne ammiro la spontaneità.    Li amo perché sono muti  eppure sanno parlare E perché possiedono la libertà  di non doversi nascondere.   (2021)

In tutte le anime c'è un interno nascosto

"In tutte le anime, come in tutte le case, al di là della facciata, c'è un interno nascosto".  Meraviglioso José Saramago, che cita Raul Brandão a presentazione del suo  Lucernario.    Ma ancora meglio di lui, questa volta, fa sua moglie Pilar del Rio, che, nella prefazione del "libro perduto e ritrovato nel tempo" del Nobel portoghese, ne ricorda la regola di vita, tante volte espressa per iscritto o a voce: "Nessuno è obbligato ad amare nessuno, ma tutti abbiamo il dovere di rispettarci". Pilar si riferisce al romanzo di Saramago, inviato a una casa editrice portoghese nel 1953 e da cui lo scrittore non ricevette risposta fino al 1999, quando l'editore un mattino lo chiamò al telefonò per dirgli che sarebbe stato onorato di pubblicarlo.  Dopo ben 46 anni in attesa di un riscontro e dopo aver ricevuto il massimo riconoscimento per la letteratura: troppo facile, adesso!  E così, Saramago rispose: " Obrigado , ora no". "Nessuno è obb

Un volo di farfalla

Alcune considerazioni sul concetto di effimero, a cui spesso, più o meno direttamente, ho fatto riferimento negli ultimi post. Prendo spunto in particolare dal più recente, Un loto fiorisce , e dall'idea che ho espresso, secondo la quale la poesia è un tentativo di superare ciò che è caduco attraverso uno sguardo sulla bellezza. Può davvero questa forma espressiva - mi chiedevo - sopravvivere a ciò che è effimero?  La risposta è che non lo so, non sono affatto sicuro che la poesia sia una possibilità di eternità. Però - e di questo invece sono certo - è, come ho detto, un tentativo in tal senso, anche se dall'esito insicuro come qualsiasi altro tentativo. La qualità principale della poesia è l'umiltà, la coscienza dell'impotenza di fronte alla morte, la consapevolezza della mediocrità generale, così come quella della presunzione che spesso gli uomini possiedono.  E, nonostante tutto, la poesia è vicinanza, comprensione: è un sorriso sulle debolezze e sulla miseria umane

Il polpo e la farfalla

Nemmeno Esopo avrebbe osato un accostamento simile. Ma metto i tentacoli davanti e vi rassicuro subito: il polpo e la farfalla sono insieme soltanto nel titolo, non potrebbero convivere in alcun altro posto. Leggevo di questo vip che indossa una collana con una farfalla, "simbolo di trasformazione e di cambiamento", spiegava con grande sicurezza, dandosi delle arie e facendo mostra di sapere il fatto suo, di aver capito tutto della vita. E ho ripensato alla mia collana, un ciondolo con un umile polpo, di cui avevo già parlato. Chi vuole può guardare qui quella storia . Fra le altre cose, scrivevo che "sembrerà strano, forse assurdo, considerare un mollusco educativo o pensarlo come un esempio, ma ciascuno di noi si sceglie i maestri che vuole e, soprattutto, inanella gli insegnamenti gli uni con gli altri fino a comporre la collana che più gli piace. E la mia è una collana di corda con un piccolo polpo che ciondola". "Per me - spiegavo - il polpo non è il simbo

Il contadino e il cacciatore: due idee di individualismo

Tu mi chiedi perché mai io passi la vita a scrivere. Lo trovo forse un divertimento? Ne vale la pena? Ma, soprattutto, è ben pagato? Altrimenti, quale sarebbe il motivo?... Io scrivo solo perché  c'è una voce in me  che non vuol tacere. Sylvia Plath scrisse questa lettera in versi all'età di sedici anni. Mi ritrovo nelle stesse ragioni della poetessa americana: anch'io scrivo perché non so tacere. E non so tacere perché per me scrivere è una terapia, mi serve a chiarirmi le idee, a sviluppare dei ragionamenti, a dare un senso, che altrimenti mi sfuggirebbe, alla realtà.  Non si tratta mai di riprendere una discussione. Per me, scrivere è spiegare, prima di tutto a me stesso. Ciò premesso...   ...Il fatto che l'argomento sia di per sé un paradosso mi ha fatto impiegare più tempo del dovuto per metabolizzarlo. Una delle mie debolezze è quella di partire sempre da una presunzione di onestà intellettuale per chi mi parla, da un approccio il più possibile obiettivo. Non pens

Ventiduesima lettera: chiedere scusa

Molti anni fa mi capitò di vivere una storia d'amore talmente struggente e disperata da sentirmela tuttora sulla pelle, come se mi fosse capitata ieri. Amai quella persona come potrebbe fare un adulto che ha il cuore aperto e spensierato di un bambino e gli occhi gonfi di lacrime di un vecchio. Furono due mesi di felicità e, allo stesso tempo, di tristezza: sapevo fin dall'inizio che quella storia non sarebbe potuta durare. Ed è per questo che ogni momento che passai insieme a lei fu magico. Era l'onda che veniva e che andava via, la bellezza dell'incontro e dell'addio. La coincidenza della felicità con il suo opposto. L'illusione di fermare il tempo, di rendere immortale il momento ed eterno ciò che ogni giorno scompare. Tuttavia, fu un amore non corrisposto. Mi accorgevo di questo, lo avvertivo, ne avevo la percezione, mi rabbuiavo. Era irrazionale, ma lo sapevo che era così. Non mi importava: ero infelice, sì, ma anche felice, dopotutto. E questo secondo aspe

Ventunesima lettera: fantasmi

Ce l'ho in mente già da qualche tempo questa lettera un po' strana, ma riesco a scriverla soltanto adesso che ho messo finalmente le idee a fuoco. Parla di fantasmi, questo però non vuol dire che abbia a che fare con la fantasia. Infatti, l'argomento è la corrispondenza, l'illusione e la disillusione. La prima è il fondamento sul quale qualsiasi relazione dovrebbe basarsi. È l'aspirazione a un rapporto paritario, un desiderio forse utopistico, in questo senso è un fantasma che non si è ancora manifestato. La seconda è il non voler considerare il fatto che il rapporto è impari, il fantasma prende forma ma l'idea che possa effettivamente esistere viene respinta. La terza è la presa di coscienza della mancanza di reciprocità, è il momento in cui il fantasma è scacciato e si dissolve. Avevo 14 anni la prima volta che realizzai quanto per me sia indispensabile costruire relazioni alla pari con gli altri. Il mio migliore amico era un compagno di classe intelligente e

Coccole e ponti

Un paio di settimane fa, ancora in cerca di spiegazioni per alcune vicende appena trascorse e con la voglia di completare un ritratto che sentivo soltanto come abbozzato, ho deciso di leggere, senza troppa convinzione,  Alla ricerca delle coccole perdute dello psicologo Giulio Cesare Giacobbe. L'idea al centro del libro, nonché la tesi dell'autore, è che nella vita di ogni persona sono presenti tre fasi: quella del bambino, quella dell'adulto e quella del genitore. Il primo è bisognoso di coccole, di cibo, di cure, di protezione e di conforto. E' un egoista che piange e pretende che gli sia data qualsiasi cosa comandi. Non domina il proprio territorio, né le proprie paure. L'adulto è colui che non ha bisogno di nessuno, basta a se stesso, non chiede e non dà, semmai prende, perfino dagli amici, se vuole, altrimenti sta benissimo da solo. Non gli servono coccole per sentirsi bene. E' autosufficiente, autoaffermato, individualista e sfruttatore, sa dominare il pro

Il compito del padre: una risposta

Circa un mese fa, un'amica mi ha domandato il perché di alcune mie scelte spiacevoli che, per molto tempo, hanno condizionato gran parte del mio passato. Sul momento non ho saputo risponderle, dicendole che il motivo dovevo averlo scritto da qualche parte, ma non ricordavo dove. Grazie a un'altra amica, che inconsapevolmente ieri me ne ha offerto lo spunto, ho ritrovato quelle ragioni: le avevo scritte nel 2012 e hanno a che fare con il patrimonio , inteso come compito del padre .   Fra le altre cose, in quel post dico: " ... in questi giorni si è palesato concretamente ciò che da sempre ha rappresentato, nel bene e nel male, il mio modo di vivere volto a rispettare, con un senso di responsabilità a volte più grande di me stesso, gli impegni presi, alcune decisioni irrevocabili e certe relazioni ". E, ancora: " Un mio conoscente, al quale ho raccontato i dettagli, che qui mancano, di tutta questa storia, mi ha detto che ho saputo guardare lontano, al futuro dei

La pasta alla Norma

Per sopravvivere, l'uomo non ha bisogno soltanto di sentirsi a posto con la propria coscienza, ma anche di mangiare. Per questo, ha inventato la pasta alla Norma...  Faccio il verso al post precedente , invertendo i termini della prima frase - ma tanto il senso non cambia -, nel tentativo di alleggerire, pur riparlandone, temi quali l'autoassoluzione e l'assenza di contenuti nelle frasi tipiche degli slogan, descrivendo uno dei miei piatti preferiti, non solo perché è squisito, ma perché simboleggia l'unità di ciò che è separato ed è una preparazione schietta e sincera, proprio come piace a me: non è una ricetta furba, che prende in giro chi la gusta o vuole convincere della propria bontà ricorrendo a sofisticazioni superflue. La pasta alla Norma è una vera e propria sinfonia - d'altronde, il suo carattere musicale è annunciato fin dal nome che, non a caso, è ispirato all'opera omonima di Vincenzo Bellini -, è un accordo armonico di sapori che sono distinti e al

Assoluzione piena

Per sopravvivere, l'uomo non ha bisogno soltanto di mangiare, ma anche di sentirsi a posto con la propria coscienza. Per farlo, ha inventato un sistema molto astuto e che mette in atto non appena qualcosa lo fa sentire colpevole: si prende in giro da solo, si giustifica, cerca una spiegazione valida per convincersi della propria buona fede, fa leva sulle proprie ragioni, pone se stesso davanti a tutto, mette innanzi le sue priorità: in definitiva, si autoassolve.   Molti anni fa - non voglio entrare nei particolari di una vicenda piuttosto triste - una persona rubò dei miei beni. Lo venni a sapere. Glie ne chiesi conto. Mi rispose che non si sentiva una ladra, che era un proprio diritto prendere qualcosa di mio dopo avermi dato - a sua volta, pensava - qualcosa di suo. Si giustificava dicendo di considerare uno scambio, una compensazione la propria decisione di prendere di nascosto all'altro senza avvertire e né spiegare, in maniera arbitraria, unilaterale, non condivisa. Avreb

Fra terra e cielo

Hanno più di quattrocento anni questi amici che incontro ogni giorno. Dieci platani monumentali che, con i loro rami, in questa stagione ricoperti di foglie, dipingono il cielo di verde e, con la loro ombra, rendono la terra ancora più scura. Si stagliano verso il sole, come qualsiasi essere che abbia un minimo di aspirazioni, ma hanno anche i piedi ben piantati al suolo, proprio come quelle persone che, pur viaggiando con la fantasia, di ogni viaggio sanno riconoscere sia l'andata che il ritorno e magari sanno anche che i viaggi senza ritorno, come spesso li chiamiamo, non esistono, mentre invece è vero esattamente il contrario, ché soprattutto esistono viaggi senza andata, verso mete dove non sappiamo giungere.  Un viaggio, infatti, non è una rincorsa alle novità, ma un desiderio di conferme, che se arrivano siamo fortunati, ma che il più delle volte ci deludono. Un viaggio non è altro che la ricerca della nostra infanzia, il tentativo di trovare luoghi familiari in altri p

Oltre la siepe

Ce ne vuole sempre una per iniziare qualsiasi cosa, anche un discorso, ma questa volta ne ho almeno tre di occasioni: L'infinito di Leopardi, citato da un'amica al parco, I Dieci Comandamenti,  raccontati da Benigni e che abbiamo visto alla tv l'altra sera, alcune raccomandazioni fatte lo stesso giorno ai miei figli. La siepe è quell'ostacolo che abbiamo tutti davanti agli occhi e che non ci permette di vedere, oltre di essa, il resto del mondo. Ma è anche uno stimolo per l'immaginazione, l'ipotesi per andare avanti, per varcare il confine fisico e il limite mentale. Un viaggio interiore, per Leopardi, ma anche la possibilità, per tutti noi, di espandere i nostri orizzonti, per metterci in comunicazione con qualcosa che non conosciamo, ma verso cui fin dalla preistoria dell'uomo ci spingiamo, oltre la nostra frontiera individuale. Qualcosa più grande di noi, l'ignoto o l'infinito, appunto. Ovvero, la divinità, che è presente, anche in senso laic