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Visualizzazione dei post da agosto, 2020

Conchiglie

Il mare si è ritirato e adesso è lontano. Sulla sabbia restano i gusci vuoti di conchiglie che un tempo erano vive.  Le nostre impronte hanno fatto il giro del mondo, ma la loro comparsa è stata breve, non ci sono più, fanno parte di ieri. Fra poco qualcun altro calpesterà lo stesso suolo, farà solchi più profondi, che non dureranno a lungo. Non c'è ritorno che assomigli a un altro, perché noi stessi mai siamo quelli di prima. Ho lasciato una felicità per trovarne un'altra. Ho scambiato assenze con altrettante assenze. Ho trovato sorrisi che un attimo dopo ho perduto.  Il sole illumina i nostri corpi, li rende materia. Ma proietta anche il buio, oltre le nostre spalle. Ombra a volte più concreta della materia stessa. Viviamo fra la luce e l'oscurità, ma anche quest'ultima è bella, perché rassomiglia incredibilmente alla marea e alle conchiglie senza più forze.  Respiriamo perché qualcuno ci rende vivi.  Siamo gusci abbandonati sulla spiaggia, nell'

Ho davanti agli occhi il colore dell'estate

Ho davanti agli occhi il colore dell'estate, quello dell'erba arsa. Non è l'azzurro del mare, né il verde di un passo alpino: questi sono i colori dei vacanzieri, o di altre stagioni, meteorologiche o della vita.  Il sole ha bruciato la collina e la terra si porta addosso un mantello di paglia. Il cane corre su e giù, ha ancora la forza della giovinezza e la voglia di scoprire se, sotto la coltre del prato secco, è rimasto qualche germoglio verde, intravisto a primavera e di cui forse conserva ancora un ricordo vivo. Non sa, il cane, che un germoglio, proprio perché è tale, non può essere oggi quel che era soltanto ieri, né che domani sarà altra cosa da ciò che è oggi.  Il cane vive in un eterno presente, nel quale ritrova, tutte assieme, le cose di ieri e quelle di domani. I suoi ricordi, così come le sue attese, sono senza tempo e indistinte dall'oggi. Non ha una cognizione del tempo che è passato, né di quello che deve ancora giungere. Ecco perché il nostro

Dove eravamo rimasti?

Le formiche formano due file parallele, lungo il tronco del salice vicino alla spiaggia. Quella di sinistra si dirige verso la chioma, l'altra verso la terra. Le osservo come potrebbe fare un bambino rapito da una cantilena, attratto dalla continuità ininterrotta dell'andirivieni: nel loro percorso formano un cerchio oblungo e stupidamente mi chiedo che senso abbia salire, per poi scendere e dopo ritornare, ancora una volta, su in cima.  Vanno e vengono, le formiche, senza di fatto spostarsi dal loro albero. Sempre lì stanno, anche se in movimento e pure se si adoperano e si affannano tutto il giorno. Lo sappiamo che questi insetti sono i campioni della fatica e della laboriosità. Siamo stati noi uomini a definirli così, cercando un modello di sacrificio a cui ispirarci, un esempio da ricordare, non se lo sono certo detti da sé che loro lavorano mentre le cicale cantano, tanto per autocelebrarsi e per mettere in cattiva luce un altro insetto che non ha mai fatto loro del