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Visualizzazione dei post da marzo, 2016

Sedicesima lettera: la felicità è un dovere verso se stessi

Qualcuno pensa che tornare a casa sarebbe la cosa migliore che potrei fare, almeno per voi, per il vostro bene. Ma io non sono d'accordo, per due motivi, che adesso vi spiego anche se il rischio di essere retorici è dietro l'angolo: il primo è che non è giusto che vi abituiate all'idea che una relazione litigiosa, come quella che c'è stata finora fra vostra madre e vostro padre, sia una cosa accettabile e addirittura normale. Per il semplice fatto che il solo esempio che avete davanti agli occhi è quello che vi offriamo quotidianamente noi genitori, non sapete ancora che esistono famiglie nelle quali i genitori si rispettano e, se discutono, lo fanno senza alzare la voce, perlomeno in presenza dei figli. Salvaguardarvi dai toni violenti e da ogni sorta di sentimento negativo, dell'uno nei confronti dell'altra, e che trapelava ormai in ogni frase, io e mamma non siamo stati mai capaci di farlo. I nostri battibecchi, gli insulti, le parole sprezzanti, l'astio

Non serve a niente parlare

Non serve raccontare ciò che è accaduto, non serve chiedere spiegazioni, non serve parlare e per dire cosa?   Non occorre spiegare. Non occorre domandare. Le parole dicono molto meno dei fatti. E le domande sono fatte di retorica in questi giorni, molto più che in quelli lontani. La retorica del presente è ancora più vivida di qualsiasi futile ritorno al passato. Voi mi guardate andare e tornare e adesso lo state perfino accettando. Non so con che spirito, con che stato d'animo: questo non ce lo diciamo ma posso immaginarlo. L'infelicità posso soltanto immaginarla dietro al far finta di niente, dietro a un sorriso di circostanza, dopo che ci siamo detti "arrivederci".  Posso intravedere l'infelicità dietro a quella porta chiusa, nel ritorno alle cose che vi aspettano e subito dopo, quando chiudete gli occhi, appena prima di prendere sonno.

La luce di Lisbona

Sono tornato da Lisbona da pochi giorni e non parlerò, adesso, della città lusitana, delle sue piazze e delle vie che evocano la libertà conquistata, né del tram 28 o del castello o di Belem. Queste cose, infatti, sono descritte in tutte le guide turistiche. Racconterò soltanto che è la seconda volta che vado in questo posto che amo con tutto il cuore, forse più d'ogni altro, dove c'è un fiume che sembra il mare: la città e l'acqua sono i luoghi nei quali è più facile perdersi ed eventualmente, se davvero lo si desidera, ritrovarsi.  A distanza di dieci anni dalla prima volta, sono stato a Lisbona soltanto con i miei figli, con i quali ho fatto l'esperienza di un viaggio intimo meraviglioso. Due compagni infaticabili, due bambini per molti versi già uomini e certamente viaggiatori meno noiosi di tanti adulti che conosco. Curiosi e interessati a tutto, non hanno mai perso l'attenzione verso ogni piccolo particolare e novità che abbiamo incontrato.  Riuscireste a imma