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Visualizzazione dei post con l'etichetta dodokko

Erano i capei d'oro a l'aura sparsi...

 'Erano i capei d'oro a l'aura sparsi...': basta soltanto questo primo verso del sonetto di Petrarca ed è sufficiente l'imperfetto del verbo essere per proiettarci in un tempo distante, ormai lontano, celeste soltanto nella memoria e oggi più che mai caduco, come qualsiasi cosa terrena, sia essa perfino la donna amata. Basta questo tempo remoto e imprecisato a staccare il ricordo di 'uno spirito angelico' dalla realtà di oggi, dove la vecchiaia ha il sopravvento e all'amore... non resta che essere terreno. Mio figlio domani ha una verifica di letteratura a scuola e mi ha voluto ripetere ciò che aveva studiato dell'autore de Canzoniere. Il componimento numero 90 da lui citato ha suscitato in me vaghi e lontani ricordi e molte suggestioni, che ben presto hanno abbandonato il poeta del dubbio per riferirsi esclusivamente a lui. E così, com'è già capitato in altre occasioni, di punto in bianco me lo sono ritrovato ancora una volta già grande, più di

Prima che la neve potesse sciogliersi in lacrime

E' successo la prima volta che hai visto quel manto bianco che rivestiva tutto attorno a te, e sei rimasto senza parole da dire. Prima che la neve potesse sciogliersi in lacrime, quel giorno hai cercato il mio sguardo.   E' così che hai saputo che quella cosa fredda e che bruciava le mani, e sulla quale tuoi passi erano trasparenti e non facevano rumore, era una cosa difficile da capire. Ma bella, nonostante tutto. E ti sei messo a inseguire il vento. Fino a oggi. Fino a ogni volta che ancora mi guardi, con gli occhi di allora. E che mi parlano, senza pronunciare parole.  Mentre io non voglio altro che tu riprenda il tuo volo leggero e ti spinga lontano, con ali forti. Di cosa hai paura, di fronte alla tua giovinezza e alla vita che sta lì, tutta per te. Bella, anche se indecifrabile come una distesa di neve.  (2022)

Il volo

E' una bella giornata di primavera, di sole caldo e di vento fresco, in cui tutto appare in una sorta di equilibrio perfetto, dalla temperatura ai colori nel parco, alle ombre del tardo pomeriggio, il verde e il nero, e poi l'azzurro al di sopra di essi, e le nuvole che transitano disinteressate.  Oggi non è il giorno migliore per piovere, è una giornata di primavera perfetta.  Le persone affluiscono, si danno il cambio, c'è chi resta e chi va via, famiglie con i bambini, cani che scorrazzano sui prati, le foglie degli alberi mosse da un vento leggero. Gli uccelli fanno ciò che hanno sempre fatto: cinguettano e volano, ma si sentono soltanto se attorno c'è silenzio e si scorgono se non guardiamo per terra. C'è sempre questa linea di confine fra ciò che sta in alto e quel che vediamo all'altezza dei nostri occhi.  Abbiamo separato ogni cosa: il bello dal brutto, la primavera dall'inverno, così come il caldo dal freddo e il cielo dalla terra. Perfino il pensie

Willy

"Willy era un ragazzino riservato. Gli piaceva stare da solo, nel suo mondo.  A scuola tutti parlavano, ma non con lui. Se cercava di entrare nell'argomento di una conversazione, i compagni non lo ascoltavano e se ne andavano per la loro strada. Cominciò così a chiudersi in se stesso, finché la scuola finì e passò anche l'estate.  L'anno dopo si sedette al suo solito banco, l'unico che aveva un solo posto. In classe arrivò un nuovo ragazzo. Era sordo e gli ci volle un po' per ambientarsi. Willy e il nuovo alunno fecero amicizia e scoprirono di avere moltissime cose in comune.  Nonostante non sentisse, il nuovo arrivato comprendeva Willy, gli stava vicino e giocava con lui: era in grado di ascoltarlo, anche se era sordo. Gli portava rispetto quando parlava.  Lo capiva. Willy aveva trovato un amico".  Ogni giorno chiedo ai miei figli di scrivere un tema oppure un racconto su un argomento che gli indico io o che decidiamo insieme. Quello di oggi era l'asc

L'isola che non c'è

 Un bastone trovato da Spot al parco e la sua richiesta di lanciarglielo mi hanno fatto tornare in mente Peter Pan. Dieci anni fa Dodokko vestiva i panni del bambino che non voleva crescere e qualche volta raccoglievamo un pezzo di ramo in pineta, e quello diventava in un attimo il suo pugnale, che brandiva contro un Capitan Uncino immaginario, contro il vento. Ma poi, mio figlio è cresciuto, come tutti i bambini in carne e ossa, e il suo abito verde, ora, chissà dove è finito... C'è Spot, adesso, che a cinque anni continua a comportarsi come un cucciolo, mentre Dodokko è diventato un adolescente. Non era credibile che potesse restare per sempre un bambino. Il tempo è trascorso e noi, obbedienti, lo abbiamo seguito come un'ombra, sempre un passo dietro a questa condizione umana imprescindibile. O forse, molto più probabilmente, è lui che ci ha inseguiti, che non ci ha mollati neanche per un momento, sempre con il fiato sul collo. La sua ombra segna inevitabilmente la nostra str

Il compito del padre: una risposta

Circa un mese fa, un'amica mi ha domandato il perché di alcune mie scelte spiacevoli che, per molto tempo, hanno condizionato gran parte del mio passato. Sul momento non ho saputo risponderle, dicendole che il motivo dovevo averlo scritto da qualche parte, ma non ricordavo dove. Grazie a un'altra amica, che inconsapevolmente ieri me ne ha offerto lo spunto, ho ritrovato quelle ragioni: le avevo scritte nel 2012 e hanno a che fare con il patrimonio , inteso come compito del padre .   Fra le altre cose, in quel post dico: " ... in questi giorni si è palesato concretamente ciò che da sempre ha rappresentato, nel bene e nel male, il mio modo di vivere volto a rispettare, con un senso di responsabilità a volte più grande di me stesso, gli impegni presi, alcune decisioni irrevocabili e certe relazioni ". E, ancora: " Un mio conoscente, al quale ho raccontato i dettagli, che qui mancano, di tutta questa storia, mi ha detto che ho saputo guardare lontano, al futuro dei

Ho davanti agli occhi il colore dell'estate

Ho davanti agli occhi il colore dell'estate, quello dell'erba arsa. Non è l'azzurro del mare, né il verde di un passo alpino: questi sono i colori dei vacanzieri, o di altre stagioni, meteorologiche o della vita.  Il sole ha bruciato la collina e la terra si porta addosso un mantello di paglia. Il cane corre su e giù, ha ancora la forza della giovinezza e la voglia di scoprire se, sotto la coltre del prato secco, è rimasto qualche germoglio verde, intravisto a primavera e di cui forse conserva ancora un ricordo vivo. Non sa, il cane, che un germoglio, proprio perché è tale, non può essere oggi quel che era soltanto ieri, né che domani sarà altra cosa da ciò che è oggi.  Il cane vive in un eterno presente, nel quale ritrova, tutte assieme, le cose di ieri e quelle di domani. I suoi ricordi, così come le sue attese, sono senza tempo e indistinte dall'oggi. Non ha una cognizione del tempo che è passato, né di quello che deve ancora giungere. Ecco perché il nostro

Angoscia

I miei figli e io siamo vicini, in questi giorni di lavoro a casa per me e di scuole chiuse per loro. Il più piccolo ha la febbre. Una delle prime cose che mi ha chiesto è se potesse aver contratto il coronavirus. Ne sente anche lui parlare in televisione. Gli ho detto di no, ovviamente, gli ho spiegato che ha soltanto l'influenza.  Possa piacere o no, per me la vera notizia adesso è l'angoscia, non ne ho altre. Questa pandemia non ha precedenti nella nostra generazione che fino a oggi ha vissuto, anche se non proprio alla grande, di alcune certezze e di una relativa fiducia nel domani. Ma l'angoscia no, questa non l'ha mai provata. Ecco, di fronte a ciò a cui stiamo assistendo, al cospetto delle notizie che parlano di crescita esponenziale delle infezioni, oggi non me la sento proprio di fare previsioni ottimistiche per il futuro.  E quando provo a rasserenare i miei figli, so di tradirli non dicendo loro quale sia la mia vera paura. E cioè che prima o poi ci amm

Il cavallo idiota

Il cavallo è un animale nobile, fiero, sensibile e intelligente, vi ho detto ieri. E anche d'affezione, proprio come il cane e il gatto. Nei paesi anglosassoni è impensabile mangiarne la carne, che da noi è in vendita, e l'idea di farlo è orripilante quanto quella di nutrirsi di Fido o di Lassie.  I cavalli che si vedono in giro per Roma sono quelli che trainano le botticelle per i turisti che amano visitare la Città eterna seduti comodamente nelle carrozze, come nel '600 e nel '700. Tuttavia, fra i cavalli e i monumenti, oggi non ci sono soltanto case, campi e qualche passante, ma circolano soprattutto automobili. Questi animali si muovono nel traffico cittadino per accontentare persone romantiche o nostalgiche, che desiderano un Grand Tour romano d'altri tempi. E' per questo motivo che ai cavalli vengono messi i paraocchi: perché non si spaventino se una macchina sopraggiunge dalla loro destra, per dar loro l'illusione che la strada è sicura.  Tuttavi

Popcorn

Non mi piace essere perentorio e usare espressioni come "ormai è così", come se non vi fossero più rimedi per cambiare le cose, come se il futuro non potesse sovvertire il presente, cosa che invece succede sempre, prima o poi: non c'è un domani uguale a oggi e nessun oggi è come ieri. Ma vivo nel presente, anzi, vivo il presente, ed è (molto) umano che sia così: l'istante, senza il prima e il dopo, è la sola cosa che ci appartiene: le altre sono il ricordo e le aspettative, ma non sono concrete ed esistono soltanto nella nostra mente e nella fantasia. Sono già finite, non sono più oggetti, non esistono oppure non si realizzeranno, non accadranno, non saranno mai.  Eppure, il prima e il dopo coesistono nel presente di chi li pensa. E di questo istante di passaggio fra l'uno e l'altro fa parte tutta la nostra vita. E la nostra morte non si compie una volta soltanto, ma ogni secondo che viviamo, nel continuo esaurirsi del presente. Ma il presente rinasce anche,

Il polpo

L'altro giorno una mia amica mi ha chiesto perché mai io porti al collo un ciondolo con un polpo. Un po' stupito per la domanda, all'inizio ho voluto raccontarle di simbologie più o meno fantasiose, per poi confessarle che si tratta di un semplice regalo.  Ciò che non le ho detto, anche perché non credo che infondo sia così interessante saperlo per una persona che ti fa una domanda sulla collanina che indossi, è cosa rappresenti per me questo animale.  Ebbene, il primo incontro con i polpi risale a quando ero ancora un bambino. Li pescavano mio padre e mio cugino, abilissimi nell'individuarli nel fondale, dove se ne stavano mimetizzati sotto a una pietra, magari con un tentacolo che ne usciva, o, sulla sabbia, fra un gruppetto improvvisato di sassi bianchi con i quali il mollusco aveva costruito la propria tana.  Quando mi immergevo in mare con loro, a volte li prendevo anche io, dopo che mio padre mi aveva indicato esattamente il punto in cui si trovavano.  Il polpo è,

Compleanni 'in modalità privata'

Una delle novità dell'anno scolastico in corso è il fatto che le feste di compleanno si siano drasticamente diradate rispetto agli anni precedenti. Non esagero: in prima elementare ce n'era una ogni due, massimo tre settimane, In seconda e in terza, almeno una al mese. In quarta, da settembre fino a oggi, ce ne saranno state sì e no due.  Cosa è successo? I bambini non festeggiano più il loro compleanno? Sono finiti quei soldi, e parecchi, che prima si spendevano fra sala da affittare, animazione e catering? O è finito l'entusiasmo, o la megalomania, fino all'indebitamento, da matrimonio indiano, nel festeggiare un avvenimento in maniera tale che lasci il segno, un ricordo indelebile nelle generazione che verranno...   No, niente di tutto questo. La tendenza, adesso, è quella di festeggiare 'in modalità privata' i compleanni. Ovvero, restringendo  l'invito a pochi fortunati, ai cosiddetti - immagino le proposte dei genitori ai figli attoniti -  migliori amic

Il bambino e il cane

Chi ha detto che gli occhi servono soltanto per vedere o per guardare, per accorgersi di chi ci sta di fronte o per immaginare o sognare (a occhi chiusi, ma anche a occhi aperti - come diciamo spesso - e comunque sempre qualcosa di già visto o che, al massimo, desideriamo vedere)? A volte gli occhi servono a prendere in braccio altri occhi. Per incontrarsi, per capirsi, per dirsi di sì. Per questo, può bastare uno sguardo o sono necessari momenti appena più lunghi. Ma sempre di istanti parliamo quando a parlarsi sono gli occhi. Gli occhi non conoscono né tempi troppi lunghi, né morti. Gli occhi del bambino hanno incontrato quelli del cane. Gli occhi del cane hanno incontrato quelli del bambino. Anche se l'umano guarda il mondo a colori e l'animale in bianco e nero, e un po' sfocato per giunta, credo che nasca così quello che chiamiamo, retoricamente, quando parliamo di innamoramento o soltanto di qualcosa che crediamo tale, "amore a prima vista". Ma quello fra bam

Non serve a niente parlare

Non serve raccontare ciò che è accaduto, non serve chiedere spiegazioni, non serve parlare e per dire cosa?   Non occorre spiegare. Non occorre domandare. Le parole dicono molto meno dei fatti. E le domande sono fatte di retorica in questi giorni, molto più che in quelli lontani. La retorica del presente è ancora più vivida di qualsiasi futile ritorno al passato. Voi mi guardate andare e tornare e adesso lo state perfino accettando. Non so con che spirito, con che stato d'animo: questo non ce lo diciamo ma posso immaginarlo. L'infelicità posso soltanto immaginarla dietro al far finta di niente, dietro a un sorriso di circostanza, dopo che ci siamo detti "arrivederci".  Posso intravedere l'infelicità dietro a quella porta chiusa, nel ritorno alle cose che vi aspettano e subito dopo, quando chiudete gli occhi, appena prima di prendere sonno.

Il distacco e l'idea della morte

L'altro giorno ascoltavo in televisione uno psicologo che parlava di bambini piccoli, penso si riferisse a quelli fino a 4 anni. Pur non avendo ancora alcuna idea strutturata della morte, diceva, la loro paura maggiore è quella del distacco dai genitori. Ne usciva un quadro legittimamente egoistico dell'infanzia, e vorrei vedere: se improvvisamente non c'è più chi fino a oggi si è preso cura di noi, ci dice l'istinto, come potremmo sopravvivere domani.  Non sappiamo ancora cos'è la morte, ma se chi ci ama se n'è andato, il futuro più imminente è il salto nel buio che ci spaventa maggiormente. Sono fuori Roma per lavoro, al confine con la Francia, a otto ore di treno da casa. Un viaggio annunciato ai bambini già da qualche settimana e ben accettato da loro. Due giorni fa però, prima di andare a dormire, il figlio grande mi ha detto che non voleva che partissi. Lo ha fatto senza piangere, ma con la voce appena strozzata: riusciva a trattenere l'emozione, ha l&

Quattordicesima lettera: la libertà è un dovere

Sulla scia dei fatti di Parigi, questa lettera sulla libertà è la più difficile che vi scrivo.  E forse anche la più incomprensibile. Perché la libertà non è innata, come si potrebbe pensare, né tanto meno è un regalo, ma un dovere verso gli altri e verso noi stessi.  Verso gli altri, perché ne dobbiamo rispettare il pensiero, il credo, le scelte e le azioni.  Verso di noi, perché le stesse libertà, che dobbiamo riconoscere agli altri, dobbiamo vederle riconosciute a noi stessi.  Nessuno ha il diritto di schiacciare la libertà degli altri. Nessuno ha il diritto di reprimere la nostra libertà.  La libertà non è un dono prezioso, come si dice spesso a proposito della vita. Nessuno, infatti, ci ha mai regalato qualcosa di tanto grande. Fin dall'istante in cui veniamo al mondo non siamo liberi, ma dipendiamo dalle cure amorevoli dei nostri genitori. Fin dal primo giorno in cui vediamo la luce, lottiamo per una boccata di ossigeno. E quel po' di aria è una conquista vitale, faticos

Pastinedda

"Vieni a tavola. Ti ho fatto un po' di pastinedda ".  "Cos'è che ha cucinato, la zia?", mi domanda il figlio grande. Gli spiego che "ha preparato un piatto di pastina per lo zio". E non gli dico che pastinedda  è un'ulteriore abbreviazione, dialettale, di un nome già abbreviato: pastina.  Non gli racconto nemmeno cosa mi suscita - e mi limito invece ad ascoltare da solo queste mie sensazioni - il modo, di chiamare il marito, di quella anziana donna. Quanta delicatezza attorno a una semplice parola e quante connotazioni d'amore in un solo invito a mangiare! Ci ho visto due persone che si prendono per mano, una piccola offerta, tutto l'aiuto che sia possibile regalare. Non so davvero perché mi venga in mente cosa ci siamo detti una settimana fa, quando hai affermato con grande convinzione che Babbo Natale non esiste, anzitutto "perché non si sono mai viste delle renne che volano". Io ti ho risposto che, se è vero che non le hai

Vento

Stasera ho ascoltato Angelo Panebianco dire che il proprio percorso formativo è stato piuttosto lineare, che non vi sono stati stravolgimenti particolari nel passaggio dagli studi al lavoro. "L'unica vera rivoluzione nella mia vita - ha detto - c'è stata con la nascita dei miei figli, nel momento in cui ho capito che qualcun altro dipendeva totalmente da me". Ho sentito dire molte volte che la nascita di un bambino porta a un cambiamento radicale nella vita delle persone, nel momento che queste divengono genitrici. Non posso non condividere questa affermazione: essere genitori significa troncare con un passato privo di responsabilità mai tanto dirette.  Eppure, nel momento stesso nel quale assume questo ruolo, il neo genitore non cessa di essere figlio, anzi: il suo essere padre o madre lo rimanda costantemente al periodo nel quale erano i propri genitori a prendersi cura di lui, agli anni in cui egli stesso era figlio. Ai ricordi di un tempo, all'esperienza, agli

Lo scivolo

Occasionalmente mi capita di parlare con questa persona, con la quale i discorsi finiscono sempre per prendere una piega estrema. L'altro giorno l'argomento era il pilota della Germanwings che si è schiantato con il carico di passeggeri che trasportava. La domanda, a proposito del gesto folle dell'uomo, è stata la più ovvia: "Perché Andreas Lubitz non si è suicidato da solo, senza sacrificare le altre 149 persone a bordo dell'aereo?".  Non altrettanto scontata è stata la risposta che ha dato: "Non lo so, forse era depresso e quando sei depresso non sei in grado di capire bene quello che succede. Quando lo sono stata io, per la morte di mio figlio, ho provato a soffocarmi con un sacchetto di plastica. Ma sai, non è per niente facile suicidarsi, perché alla fine prevale quasi sempre l'istinto di sopravvivenza. Siamo degli animali, infondo, e siamo dotati di un forte spirito di adattamento, anche di fronte al peggiore dei mali". E' la seconda vo

Bill Gates docet, ma la scuola deve formare persone libere

Stamattina ho letto su alcuni quotidiani on-line il decalogo che Bill Gates ha approntato per gli studenti della scuola superiore. Per il fondatore di Microsoft sono appunto 10 le cose che in classe non vengono insegnate e che dunque ha voluto sottolineare in occasione di una cerimonia di diploma davanti a migliaia di ragazzi. Eccole: 1 - La vita è ingiusta, bisogna abituarsi.  2 - Al mondo non importa granché della vostra autostima. Piuttosto, si aspetta che combinate qualcosa, prima di poterne gioire voi stessi.  3 - Non si guadagnano 60.000 dollari all’anno appena usciti da scuola. Non ci saranno telefono e auto aziendale per voi, se non ve li sarete guadagnati.  4 - La vostra insegnante è dura con voi? Aspettate di avere un capo.  5 - Lavorare in un fast food non significa “abbassarsi”. I vostri nonni chiamavano situazioni simili “opportunità”.  6 - Se fate qualche guaio, non date la colpa ai vostri genitori. Basta piagnucolare, prendetevi le vostre responsabilità e imparate dai vo