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Pastinedda


"Vieni a tavola. Ti ho fatto un po' di pastinedda". 
"Cos'è che ha cucinato, la zia?", mi domanda il figlio grande.
Gli spiego che "ha preparato un piatto di pastina per lo zio".
E non gli dico che pastinedda è un'ulteriore abbreviazione, dialettale, di un nome già abbreviato: pastina. 
Non gli racconto nemmeno cosa mi suscita - e mi limito invece ad ascoltare da solo queste mie sensazioni - il modo, di chiamare il marito, di quella anziana donna. Quanta delicatezza attorno a una semplice parola e quante connotazioni d'amore in un solo invito a mangiare! Ci ho visto due persone che si prendono per mano, una piccola offerta, tutto l'aiuto che sia possibile regalare.

Non so davvero perché mi venga in mente cosa ci siamo detti una settimana fa, quando hai affermato con grande convinzione che Babbo Natale non esiste, anzitutto "perché non si sono mai viste delle renne che volano". Io ti ho risposto che, se è vero che non le hai mai viste, non è detto che non ci siano lo stesso. "A volte - ho aggiunto -, proprio perché certe cose non possiamo vederle, è necessario credere in loro". 
Io penso che se a volte ti fermi a osservarla, la vita di tutti i giorni, ti puoi accorgere di quanto essa sia piena di regali: è come se Babbo Natale si presentasse a casa nostra non solo il 25 dicembre, ma in ogni istante tu desideri chiamarlo. 
È indispensabile però, per vederli, che tu creda nei miracoli. E io questo non posso davvero insegnartelo. Ma tu, ogni tanto, prova a sollevare gli occhi da ciò che stai facendo e comincia a osservare il mondo e lo sguardo di chi ami. 

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