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Visualizzazione dei post con l'etichetta coronavirus

S., R. e il cane

Chi sono S. ed R.? Sono l'autore e la destinataria di quella che vorrebbe essere una promessa d'amore, fatta qualche giorno prima del loro matrimonio, ma che in realtà non è altro che una richiesta di comprensione di fronte ad alcune eventualità già capitate nel corso di un certo numero di anni di fidanzamento. Chi scrive sta mettendo le mani avanti, dicendo che potrebbe succedere di tutto, che "potrei fare chissà cosa, ma tu, da ora in poi, non dubitare di me, credimi e amami lo stesso". Chi scrive chiede fin da subito che lei in futuro accetti ogni sua giustificazione. E questo perdono al buio, prestabilito, la comprensione nonostante tutto, già programmata e pattuita, è per me un fatto inaccettabile.  Amore per sempre, amore malgrado e di fronte a tutto, è per me un ossimoro, almeno quanto l'amore teorizzato, quello soltanto detto, e che poi nella pratica, nel tempo, non ha riscontro con la realtà, nei gesti quotidiani. Per me l'amore si compone di fatti, n

‘Il Decameron ai tempi del Covid’, i racconti degli studenti durante il lockdown

Ho sempre consigliato ai miei figli di leggere e di scrivere, perché la lettura e la scrittura sono due attività che servono a esprimersi, a esternare e a rappresentare, o a trovare esternato e rappresentato, ciò che si ha dentro. La lettura, così come la scrittura, ci consentono di metterci in comunicazione con noi stessi e con gli altri. E quindi di non farci sentire soli. Molto bella l'iniziativa di una scuola romana e il libro che ne è seguito, di cui parlo qui , Il Decameron ai tempi del Covid,  i racconti degli studenti durante il lockdown del 2020. Immaginate un 'Decameron' ambientato nella società di oggi, durante la pandemia da Covid, anziché quasi 700 anni fa e ai tempi della peste. Immaginate anche che al posto delle sette donne e dei tre uomini dell’opera di Boccaccio, che per dieci giorni si rifugiano fuori da Firenze per sfuggire al morbo che imperversa nella città, vi siano ventiquattro ragazze e ragazzi dodicenni, studenti di seconda media in una scuola roma

Sbagliamo a non guardare il mondo con gli occhi dei bambini

 Sono sensazioni che abbiamo provato tutti, nei mesi di lockdown che abbiamo condiviso con i nostri figli, così come nei giorni di spensieratezza, durante la parentesi estiva. Le ripercorre Silvia Avallone sul Corriere della Sera di oggi.   "Una mattina di dicembre ho accompagnato mia figlia al parco per una giornata di scuola all’aperto. Guidando sotto una pioggerellina fine e il cielo plumbeo, mi sono lasciata andare allo sconforto. Ero stanca. Di rinunciare ancora a quel che credevo il minimo sindacale: vedere i miei genitori per le feste. Di ritrovarmi in balia del presente senza poter azzardare un mezzo progetto. Del bollettino tragico, ogni sera.  Arrivate a destinazione, mia figlia si è riscossa dal dormiveglia. Riconosciuto il profilo degli alberi, il gruppetto di amici, ha cercato di liberarsi dal seggiolino con impazienza. Siamo scese nel freddo. Il parco era pieno di fango, di rami spogli, di desolazione. I bambini però saltellavano emozionati, infagottati nelle tute da

Covid e Natale, "attenzione alle foto dei minori sui social"

Panettone, spumante e foto di rito, magari da postare sui social. Con il Natale alle porte e nel pieno della secondata ondata dell’epidemia da Covid, il cenone sarà circoscritto al solo nucleo familiare, ma saranno molti i genitori che, volendo condividerle con una platea più vasta di quella presente nella loro sala da pranzo, pubblicheranno su internet le immagini della festa, anzitutto quelle dei loro bambini, dato che infondo il Natale è propriamente una ricorrenza per i più piccoli. Tuttavia, “pubblicare foto di minori sui social può essere molto più pericoloso di quanto si possa immaginare”, avverte Antonella Laganella, avvocato e giudice onorario alla sezione Minori della Corte d’Appello di Campobasso, nell'intervista che mi ha rilasciato per l'Adnkronos . “In questo periodo emergenziale – sottolinea l’avvocato - in cui lo stare in casa è fortemente raccomandato per contenere il contagio da Covid, si è intensificata in maniera esponenziale, quasi parossistica, l’attività,

Campane di vetro

Mi passano per la testa tante cose in questi giorni che precedono il secondo lockdown nel quale fra poche settimane saremo costretti a vivere. Lo dico senza paura, e anzi con il desiderio di essere smentito dai fatti, ma è la soluzione della chiusura generalizzata quella a cui stiamo per giungere, purtroppo non vedo alternative percorribili al momento. Forse non si utilizzerà più questo termine anglosassone divenuto ormai un tabù e se ne adopereranno altri più o meno edulcorati per parlarne. Fatto sta che per salvare la vita si dovrà sacrificare l'economia e la socialità, poiché senza la prima non esistono nemmeno le altre due. Però, mi domando, che vita è quella di chi è isolato ? Che esistenza conduce colui che è allontanato dalle proprie relazioni ed affetti? Persiste un possibile collegamento fra la persona e il mondo esterno che vada oltre la costrizione fisica alla lontananza?  Mi sono chiesto: è davvero confinato chi vive in una bolla? Non lo credo affatto e penso anzi che è

Coronavirus: tutela della salute o della bigenitorialità?

Riprendo integralmente un interessante articolo pubblicato da ISP Notizie, autorevole rivista dell'Istituto di Studi sulla Paternità, sul conflitto fra il diritto alla salute e la tutela della bigenitorialità durante il distanziamento imposto dal Governo per l'emergenza coronavirus. La pubblicazione, a firma dell'avv. Gianluca Aresta, cita molte volte l'intervista all'avv. Laganella  apparsa su questo blog qualche settimana fa. "La pandemia che tanto crudelmente e senza preavviso ha invaso il nostro Paese, paralizzato la nostra quotidianità, violentemente aggredito e intimamente cambiato (forse per sempre, forse “solo” per un prossimo lungo periodo) le nostre abitudini sociali e la nostra organizzazione di vita quotidiana, ha trascinato con sé una molteplicità di eterogenee problematiche che hanno impegnato i più attenti osservatori della realtà sociale e giuridica. Particolarmente interessante (e, per certi versi, preoccupante) l’apparente conflitto fra

L'arte di essere evanescenti

Nascondersi di fronte al virus e innanzi agli altri, non farsi trovare, è una delle forme possibili del voler essere evanescenti. Anche se ho più di qualche dubbio in proposito, darò la colpa alla prima cosa che mi viene in mente: a suscitare questa strana idea dev'essere la mascherina, che ora indossiamo tutti e che tutti rende indistinguibili, perché ciascuno di noi la porta con la stessa intenzione, quella di proteggersi piuttosto che tutelare gli altri, alzi la mano chi afferma il contrario. E identica per tutti è anche la narrazione di questo accessorio, che invece al prossimo racconta: "Guarda come sono rispettoso, nota quanto sono ligio", mentre chi si avvicina ti riconosce quale suo simile, in questo, e ammicca e ti fa quasi un inchino. Ma rendersi invisibili è un'arte, una forma di comunicazione  visiva , starei per dire, se non suonasse contraddittorio, ma scopriremo fra poco che non lo è affatto, accostare questo aggettivo all'invisibilità. Meglio

Un'ora d'aria

Un'ora d'aria è la metafora perfetta.  Il fatto che la mia passeggiata sia coincisa con un giorno di inizio maggio, con metà della primavera alle spalle, là dove adesso guardano i miei occhi, e l'altra metà davanti a me, dove i miei occhi possono invece soltanto immaginare, ha dell'assurdo: ciò che vedo, infatti, non è il presente, né tantomeno il futuro, ma il passato. È un illuso chiunque pensi di cogliere l'attimo, la realtà nel momento stesso del suo divenire, perché tutto ciò che sappiamo è già avvenuto, fosse anche un secondo prima del nostro arrivo, mentre il presente è quel punto di passaggio fra il prima e il dopo e nessuno può fermarne l'istante nel quale esso ci si para davanti.  Ora, a dire il vero, mentre cammino, davanti agli occhi non ho uno, ma due passati: il primo è quello che mi si presenta allo sguardo, inedito, compiuto quando non c'ero, mentre ero rintanato in casa. Il secondo è quello che ho vissuto e che mi resta nella testa, il

La partita sul terrazzo

Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto.  Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog

Coronavirus: il lockdown e le ripercussioni sui figli minori dei genitori separati

Intervista all’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori Riaprire o lasciare tutto ancora chiuso, ripartire insieme oppure a due o a tre velocità: mentre si discute sulle modalità di allentamento del lockdown e su come gestire la Fase-2 nell’ottica di un ritorno graduale alla normalità dopo l’epidemia, diventano sempre più problematici, a causa delle limitazioni agli spostamenti per contenere l’epidemia da coronavirus, i rapporti fra figli minori e i genitori non collocatari all’interno delle famiglie con coniugi separati. Ne parla all‘Adnkronos l’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario della Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori, che sottolinea quanto le misure urgenti adottate dal Governo abbiano inciso sui rapporti fra figli e genitori non collocatari. "Le conflittualità tra ex coniugi si sono intensificate - spiega l’avvocato Laganella - di pari passo con la crescente incertezza sull’interpretazione d

Il coronavirus non è un'occasione per l'umanità

A proposito delle tante cose che girano nelle chat circa il lato positivo ed edificante e migliorativo per l'uomo e per l'ambiente di tragedie come l'epidemia che stiamo affrontando, viste come occasione per ripensare la nostra vita, se non addirittura di redenzione o di punizione per i nostri peccati, insomma come cosa "buona e giusta", ebbene, anche se alla fine dovesse esser questo ovvero una nuova possibilità per il genere umano, io non ho nessuna voglia di ripensare il mondo, la società, l'economia, i rapporti umani e i sentimenti, grazie a ciò che sta accadendo, quasi che il virus, benedetto, mi stia facendo un favore. Io non ho bisogno di una spinta tanto forte, di un flagello che arriva dal cielo, non voglio intravedere il baratro per pensare alla morte, né l'abisso per capirne le conseguenze. Io vorrei che ci rendessimo tutti conto di dove siamo arrivati, di dove sia giunta l'umanità, senza dover raggiungere necessariamente un punto di non

Angoscia

I miei figli e io siamo vicini, in questi giorni di lavoro a casa per me e di scuole chiuse per loro. Il più piccolo ha la febbre. Una delle prime cose che mi ha chiesto è se potesse aver contratto il coronavirus. Ne sente anche lui parlare in televisione. Gli ho detto di no, ovviamente, gli ho spiegato che ha soltanto l'influenza.  Possa piacere o no, per me la vera notizia adesso è l'angoscia, non ne ho altre. Questa pandemia non ha precedenti nella nostra generazione che fino a oggi ha vissuto, anche se non proprio alla grande, di alcune certezze e di una relativa fiducia nel domani. Ma l'angoscia no, questa non l'ha mai provata. Ecco, di fronte a ciò a cui stiamo assistendo, al cospetto delle notizie che parlano di crescita esponenziale delle infezioni, oggi non me la sento proprio di fare previsioni ottimistiche per il futuro.  E quando provo a rasserenare i miei figli, so di tradirli non dicendo loro quale sia la mia vera paura. E cioè che prima o poi ci amm