A proposito delle tante cose che girano nelle chat circa il lato positivo ed edificante e migliorativo per l'uomo e per l'ambiente di tragedie come l'epidemia che stiamo affrontando, viste come occasione per ripensare la nostra vita, se non addirittura di redenzione o di punizione per i nostri peccati, insomma come cosa "buona e giusta", ebbene, anche se alla fine dovesse esser questo ovvero una nuova possibilità per il genere umano, io non ho nessuna voglia di ripensare il mondo, la società, l'economia, i rapporti umani e i sentimenti, grazie a ciò che sta accadendo, quasi che il virus, benedetto, mi stia facendo un favore.
Io non ho bisogno di una spinta tanto forte, di un flagello che arriva dal cielo, non voglio intravedere il baratro per pensare alla morte, né l'abisso per capirne le conseguenze. Io vorrei che ci rendessimo tutti conto di dove siamo arrivati, di dove sia giunta l'umanità, senza dover raggiungere necessariamente un punto di non ritorno.
Per la miseria, ma dev'essere addirittura un virus a farci ragionare? Non sappiamo farlo da soli? Non siamo in grado di tornare indietro prima di precipitare? È una pandemia, non una punizione divina. Non è la natura che si ribella, ma un virus che si diffonde. E non è nemmeno il riscaldamento globale o la plastica con cui abbiamo intasato gli oceani o il pastore che "nel nome della carità e della buona volontà conduce i deboli attraverso la valle delle tenebre" (Pulp Fiction, Jules Winnfield, Ezechiele 25:17).
No, io mi rifiuto di pensare in maniera apocalittica agli eventi che stiamo vivendo, alla fine di questo e alla nascita di un mondo, e addirittura di un uomo, nuovo.
Io credo, molto banalmente, che invece sia in atto una trasformazione che ultimamente, è vero, corre moltissimo e a cui non riusciamo a star dietro. Intendo dire che si tratta di un'emergenza che ci ha trovati impreparati, senza posti letto negli ospedali e né medicine. Una situazione che ci ha colti alla sprovvista, bloccando l'economia mondiale.
Quando riusciremo a stare al passo con la rapidità con la quale il virus si diffonde, quando avremo i mezzi per difenderci, allora ripartiremo. Ma saremo sempre noi, sempre e solamente noi, forse un po' di meno di adesso, ma gli stessi di prima, con i nostri vizi e la nostra superbia che conserveremo ancora.
Non dubito di questo: l'esperienza coronavirus ci avrà insegnato ben poco, sapendo quel poco che so dell'essere umano.
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