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Visualizzazione dei post da marzo, 2010

La neve

Fu forse la mia lettura preferita quando ancora ero uno studente della scuola media: una storia a fumetti della vita di Napoleone Bonaparte. Un volume misteriosamente scomparso dalla mia biblioteca e a cui ero molto affezionato per un'unica immagine: il futuro imperatore ancora bambino, rinchiuso nel collegio militare di Brienne, che guarda assorto da una grande vetrata i fiocchi di neve che cadono lenti sul cortile della scuola, imbiancandone il pavimento e gli alberi. Lo sfondo, invece, tremendamente scuro nella notte. Ricordo con grande nostalgia questa scena, la sola che mi sia rimasta in mente di tutto il libro, per alcuni motivi: la solitudine - di cui mi resi conto - che circondava il giovane Napoleone, il divieto di andare a giocare con la neve, la rigidità attorno a lui, non dovuta alla temperatura esterna, ma alle regole inflessibili del sistema educativo a cui il padre lo aveva consegnato all'età di dieci anni e a cui il bambino dovrà sottostare per cin

Tempo di bilanci

Voglio fare un bilancio dell'inverno appena trascorso soltanto sul calendario e che qui, alle mie latitudini e non per questioni metereologiche, ancora persiste, gelido e pesante. Voglio farlo con lo sguardo rivolto verso due direzioni: mio figlio, la mia famiglia, la mia 'media' classe sociale e verso il cosiddetto ceto 'alto', con cui ogni tanto mi capita di entrare in contatto. Quella non ancora terminata e che è iniziata addirittura a ottobre non è stata, dal punto di vista della salute, una buona stagione nella mia famiglia: ogni mese, a rotazione o contemporaneamente, ci siamo presi dei malanni, a partire da Dodokko, l'anello più debole della catena, che è riuscito a frequentare il nido mediamente due settimane di fila su quattro. Ogni 15 giorni, infatti, lo ha colpito la febbre assieme alla bronchite o alla gastroenterite o altra malattia esantematica. Tempo 48 ore e la stessa sorte è toccata ai genitori a turno o insieme, a causa - che puoi farci - dell&

Vestiti lasciati da soli

Sono forse la cosa che più di tutte riesce a inquietarmi: i vestiti lasciati da soli , da qualche parte in casa, senza nessuno che, per molto tempo, li indossi più. Non parlo soltanto degli abiti fuori posto, ma anche di quelli che si trovano, ordinati, negli armadi. I vestiti sono forme per i corpi che li abitano, forme anomale, forme assurde, forme senza forma quando nessuno li veste. Il corpo li riempie di sostanza, ma, stranamente, anche di forma. Senza il corpo, gli abiti sono pesi morti, senza consistenza, non solo quando si trovano afflosciati su una sedia oppure ripiegati su se stessi in un cassetto, ma anche quando pendono dalle stampelle. Mi hanno fatto sempre molta impressione gli indumenti sopravvissuti ai loro proprietari, quando questi sono morti oppure partiti per sempre. Ogni volta che ho visto armadi pieni di effetti personali di chi, per un motivo o per un altro, li ha abbandonati, mi sono chiesto come sia possibile che la forma informe, ovviamente non l'opera d&#

Fosse per loro, non la smetterebbero mai di giocare...

Ho sentito tante di quelle volte dire questa frase assurda: "Fosse per loro, non la smetterebbero mai di giocare". Come se i bambini non avessero questo diritto o dovessero avercelo per un periodo limitato di tempo: una frazione compatibile con le esigenze dei grandi, una concessione che ha un inizio e una fine prestabiliti. Mi sono chiesto cosa sia il gioco e guardando mio figlio ho capito che non è soltanto divertimento. Molto più spesso il gioco per i bambini è un pretesto per astrarsi, per evadere dalla realtà, dalle determinazioni, per creare un universo nuovo, frutto della fantasia, molto più bello e interessante di quello reale. Ma sulla parola 'reale' voglio correggermi subito: chi ha detto che il nostro mondo, quello degli adulti, è più reale di quello inventato dai bambini nei loro giochi? Fino a che punto i grandi hanno il diritto di interrompere certi sogni piacevoli per far precipitare i più piccoli in dimensioni molto più ristrette di prima? Chi ci ha d

L’emozione non ha bisogno di parole

Il primo pensiero che mi è venuto in mente è stato che l’emozione non ha bisogno di parole, quando la sera della festa del papà ho visto Dodokko che mi aspettava seduto sul divano, un po’ intimidito, diversamente dal solito in silenzio. Invitato dai nonni a recitarmi la poesia imparata all’asilo, ha iniziato a dirmela, ma con un tono di voce sottile, basso, più esitante, diverso da quello che aveva durante le prove generali dei giorni prima . Una voce, la sua, che mi ha colpito molto di più delle parole della poesia mandata a memoria. Una voce in cui ho colto per la prima volta l’emozione, il timore di non ricordare e addirittura il desiderio di fare una bella figura: con me – vi rendete conto – con me che sono il padre. Dodokko, sei stato bravo a ricordare tutte le strofe, anche le ultime, quelle che nei giorni scorsi ancora non sapevi: “Caro papà, eccomi qua / con tanti auguri di felicità / e ti dico con bene profondo / tu sei il papà…più buono del mondo”. Hai detto tutte le parole d

Festa del papà, errata (intuizione) corrige

Ancora un'anteprima, ieri sera 18 marzo, della poesia per la festa del papà: durante la nuova esibizione, Dodokko ha svelato cosa si nascondesse dietro ai puntini di sospensione del giorno prima . Ecco la versione completa della composizione, senza omissis e, ahimè, corretta : "Caro papà/eccomi qua/con tanti auguri/di felicità". Come si potrà notare, non c'è la parola "bene", come preannunciato l'altro ieri, sostituita da "felicità", che Dodokko pronuncia " beni cità" e che mi aveva fatto sperare in qualcosa di più. Una piccola delusione dunque, ma non la sola. Perché dopo aver recitato la poesia al sottoscritto, Dodokko l'ha dedicata anche a Tigro di Winnie the Pooh e a Lala dei Teletubbies. Buona festa del papà a tutti quanti, allora, e speriamo che la serata di oggi non riservi altre sorprese.

Prove generali per la festa del papà

Ieri sera, dopo cena, del tutto inaspettatamente, Dodokko mi si è piazzato davanti e ha iniziato a dire: "Caro papà, eccomi qua...". All'inizio ho pensato: "Lo so che sei qua", ma questo non glie l'ho detto. Poi però ho fatto caso che sulla parola "caro" si accarezzava una guancia e che sulla frase "eccomi qua" mimava un abbraccio. Sui puntini di sospensione, invece, ha farfugliato alcune parole incomprensibili, non perché non sappia pronunciarle, ma perché - ho capito - non le ricordava. Tuttavia, ha voluto riempire lo stesso, a modo suo, lo spazio vuoto di quella che era - l'ho intuito subito dopo - la poesia per la festa del papà che dovrebbe recitarmi domani e che sta imparando all'asilo. Appena capito ciò che lui e la sua maestra stanno architettando, ho cercato di estorcere a mio figlio il resto della composizione che sarebbe dovuta restare segreta fino al 19 marzo, invitandolo a più riprese a dirmene il seguito. La mia app

Però anche le galline sono belle

“Però anche le galline sono belle”: è stato questo il commento finale con cui Dodokko ha sintetizzato la domenica trascorsa all'agriturismo. Fra cavalli, asini, mucche, vitelli, galline e oche, mio figlio prima ha deciso che erano queste ultime le più belle della fattoria, ma a fine giornata ha avuto una parola buona anche per le galline, appunto. Sul podio anche loro, dunque, a pari merito con le cugine bianche. I fatti salienti, agli occhi di Dodokko, di una scampagnata diversa dalle solite: I cavalli erano uno bianco e l'altro marrone ma Dodokko li ha battezzati entrambi Jimmy. Hanno mangiato erba dalle nostre mani, ci hanno fatto vedere i dentoni ma non hanno sorriso quando mio figlio, volendo scattare una foto, ha detto loro “cheese”. Pensando che forse non comprendessero l'inglese, a uno di loro ha ordinato: “sorridi”. Ma anche in questo caso niente da fare: i cavalli non sanno né l'inglese e né l'italiano. Gli asini o, meglio, l'asina e l'asinello. Qu

Conchiglie

Mi è capitato almeno due volte ultimamente e anche questo credo faccia parte dell'essere un genitore: pensare alla possibilità concreta di morire quando ti ammali più o meno seriamente. Penso sia il senso di responsabilità che hai nei confronti di tuo figlio e che ti fa temere per la tua vita, oltre che per la sua: un'esistenza vissuta da un certo momento in poi senza di te. In queste due distinte occasioni ho immaginato mio figlio lontano da me, sopravvivere nonostante tutto, farsi grande fino a diventare un uomo della mia età. Tutto questo mi è tornato alla mente stamattina, proprio oggi che è una giornata bellissima, durante la passeggiata al mare con Dodokko, la prima davvero lunga dopo un inverno impietoso. Gli stessi pensieri che ho avuto accanto durante la malattia sono ricomparsi improvvisamente, nel momento in cui il mio bambino ha cercato di tirarare alcune conchiglie in mare. Conchiglie che si sono fermate sulla battigia e che hanno raggiunto l'acqua solamente qu

Domande domande domande

Sapevo che sarebbe arrivato anche il momento delle domande dirette, fredde e circostanziate. Gli animali, prima o poi, imparano a procurarsi il cibo da soli. I piccoli uomini, invece, a un certo punto della loro crescita, chiedono e vogliono risposte. Chiedono e non mollano, finchè non sentono con le proprie orecchie spiegazioni convincenti. Prima di questa fase, i bambini fanno domande generiche e soprattutto si accontentano di ogni tipo di spiegazione, anche fantasiosa. Soprattutto, con grande 'presunzione', dicono molto la loro e stanno a sentire poco la ragione degli altri, alla quale sono minimamente interessati. Due mattine fa, per la prima volta, la piccola intelligenza mi ha domandato in modo diverso ciò che da sempre ogni mattina mi chiede: "Vai al lavoro?". "Sì", ho risposto. "Perchè?", ha ribattuto. "Per guadagnare dei soldi", ho detto introducendo così l'incipit del capitolo che di solito prosegue con "...perchè i sol

Questo era mio padre

Mia moglie l'altra sera ha capito che razza di uomo fosse mio padre. Mi ha letto questa frase, tratta dal libro che abbiamo a casa sulla cura e l'allevamento del bambino: "I genitori mettono al mondo i figli perché amano i bambini e vogliono averli. Li amano anche perché ricordano di essere stati, a loro volta, tanto amati dai propri genitori, quando erano piccoli". E dopo mi ha domandato: "Era così, tuo padre?". "Sì, era così mio padre", ho risposto a mia moglie che non ha potuto conoscerlo di persona. Ciò che non le ho raccontato di lui glie lo scrivo qui di seguito. Mio padre era anzitutto un uomo. Un genitore che amava i figli che, per lui, erano la cosa più importante. Una persona che ci voleva bene con l'istinto e il cervello. Un essere umano forte, ma anche debole, come ognuno di noi. La sua dote più grande era quella di saper capire: gli bastava uno sguardo e con i suoi occhi azzurri sapeva leggerti tutto ciò che serbavi nell'animo

Biancaneve e la parola 'amore'

Un'ammissione, prima di iniziare: il cartone animato di Biancaneve non solo mi piace, ma mi commuove. Soprattutto il finale , quando il principe bacia la ragazza addormentata e lei si desta. E' un'esplosione di felicità, un inno alla gioia dove, a descrivere la scena, non ci sono più le parole ma soltanto un canto e il ballo della natura, che sembra risvegliarsi assieme a Biancaneve. Cerbiatti, scoiattoli, conigli, procioni, uccelli, prima di mettersi a danzare per il miracolo improvviso a cui assistono, camminavano mesti, dimessi, con passo lento e capo chino. Proprio come i nani, che in aggiunta avevano sopracciglia disegnate all'ingiù, a rimarcarne la tristezza, e procedevano verso la bara di cristallo e se ne allontanavano senza mai dare le spalle alla loro amica, in segno di grande rispetto. Finalmente giunge il principe e tutti gli fanno largo, mentre si dirige verso l'amata che bacerà e risveglierà dal sonno profondo, in cui è piombata a causa dell'invidi

Chi troppo vuole...oltrepassare il confine dell'infelicità

Da qualche giorno noto che Dodokko è più felice quando l'accompagno all'asilo dell'obbligo. Non solo si è “rassegnato” all'inevitabile, come avevano predetto le sue maestre, ma a volte mi sembra addirittura contento di andarci. Credo di conoscere il motivo di questa inattesa felicità: è il dvd con i suoi cartoni animati preferiti che ultimamente vuole portare con sé a scuola. Ogni mattina a casa ne sceglie uno che poi mostrerà ai suoi compagni. Lo infiliamo nello zaino e, appena arrivati a destinazione, cerca la maestra per annunciarle la novità del giorno e non la molla finché lei non gli promette che, dopo pranzo, farà vedere alla classe i cartoni che ha portato. Anche se è ancora l'unico, fra i tanti bambini presenti, ad avere quello sguardo triste nel momento del distacco dal genitore, non riesco a fare a meno di pensare, contento per questo, a quanto Dodokko sia diventato intraprendente. Ha piacere che si faccia una cosa e lo chiede, diversamente da come accad