Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post con l'etichetta pensieri

Il mio orologio dovrà ricordarmi anche questo

 Furono anni e anni, di tempo perso, e di giorni e di ore ormai andate. Per questa ragione, al termine di un periodo tanto lungo, decisi di regalarmi un orologio. Quello che porto al polso lo scelsi con la carica manuale e la marca la decisi per fare un omaggio a Philip Roth, che ne parlò bene, e poi non costava tanto. Avevo deciso che il gesto di caricarlo avrebbe avuto lo scopo di ricordarmi ogni mattina che non avrei dovuto più sprecare il mio tempo. Il tempo con cui caricavo il mio orologio, mi sarebbe stato restituito, giro dopo giro delle lancette, avvitamento dopo avvitamento della corona, sotto forma di promemoria... o perfino di monito. Con quel gesto di caricarlo, cercavo, nei limiti del possibile, di diventare padrone del mio tempo, di decidere io stesso dove voler essere in ogni determinato momento della mia vita. Quest'anno per il mio compleanno, molti anni dopo essere nato, molto tempo dopo altrettante vite, c'è poco di nuovo da potersi regalare, si finisce per ri

Foglie

  Un uomo... E vero, per giunta. Che cosa vuol dire? Siamo tutti, anche tu, esseri umani. Il fatto è che certe volte lo dimentichiamo, e questo io cerco di non farlo. Io colgo, perfino nello sguardo, di chi è indubbiamente e sfacciatamente felice, un velo di tristezza. Io non mi soffermo sul sorriso, ma sugli occhi umidi di chi ho davanti.  Io, in una bella giornata di sole, ne intravedo il termine. E al termine, ripenso sempre a quanto è stata bella, anzi, che è stata la più bella di tutte: per me il ricordo conta più del presente evanescente, perché può durare quanto voglio. E' questo il modo di essere uomo, vero. Ci pensavo l'altra volta, guardando le foglie cadere. Ma non è, questa facile e ricorrente metafora della nostra caducità, l'aspetto che voglio sottolineare. Bensì la considerazione della primavera attraverso la lente dell'autunno. Quanto dura, infatti, il periodo dei fiori e del sole e delle giornate interminabili? Davvero poco di fronte alle altre stagioni

Prima che la neve potesse sciogliersi in lacrime

E' successo la prima volta che hai visto quel manto bianco che rivestiva tutto attorno a te, e sei rimasto senza parole da dire. Prima che la neve potesse sciogliersi in lacrime, quel giorno hai cercato il mio sguardo.   E' così che hai saputo che quella cosa fredda e che bruciava le mani, e sulla quale tuoi passi erano trasparenti e non facevano rumore, era una cosa difficile da capire. Ma bella, nonostante tutto. E ti sei messo a inseguire il vento. Fino a oggi. Fino a ogni volta che ancora mi guardi, con gli occhi di allora. E che mi parlano, senza pronunciare parole.  Mentre io non voglio altro che tu riprenda il tuo volo leggero e ti spinga lontano, con ali forti. Di cosa hai paura, di fronte alla tua giovinezza e alla vita che sta lì, tutta per te. Bella, anche se indecifrabile come una distesa di neve.  (2022)

Il pescatore

Solo, sulla sua barca, il vecchio ogni tanto si spostava di qualche metro, prima verso ovest e poi verso est, quando capiva che nel punto dove si era fermato non abboccava neanche un pesce. Portava una sciarpa arrotolata attorno al collo, nonostante non facesse freddo. E non aveva un cappello che lo proteggesse dal sole, che, oltre lui, colpiva in pieno anche noi, mentre lo guardavamo dalla spiaggia. Un cane sonnecchiava contento per quel tepore del primo mattino. L’altro, invece, sempre all’erta, non si sa mai che un pesce guizzasse all’improvviso fuori dall’acqua e gli piovesse direttamente in bocca. Si spostava, il vecchio, inseguendo pesci che non vedeva. E nel farlo era come la corrente silenziosa e che scorreva fluida sotto la sua barca, mentre anche il sole, che sa essere discreto e sfrontato al tempo stesso, a sua volta lo seguiva, così come avevano fatto per un poco i nostri occhi. Poi, è successo che del pescatore ci siamo dimenticati. Da un momento all’altro non abbiamo più

Ti ho mai parlato di Paffi?

  Chi era questa Paffi e perché mi torna in mente, dopo quasi quarant'anni, una ragazza della quale ricordo soltanto il soprannome? Era una studentessa di un'altra sezione delle medie, che nei corridoi della scuola incrociai poche volte e che, se la dovessi rincontrare oggi, neanche riconoscerei. Facemmo il viaggio scolastico di terza insieme, la sua classe con la mia, e io capitai nel suo stesso scompartimento del treno. Inutile dire quanto mi piacesse, superfluo e poco credibile, per chi ha dimenticato certi batticuore, affermare che mi innamorai di lei non appena i nostri sguardi si incrociarono. Ma gli adolescenti si innamorano a prima vista, sarà capitato a ognuno di noi e non una volta soltanto. Non ne ricordo il nome, come ho detto, perché la conoscevo come Paffi, ma il viso ce l'ho ancora bene in mente: tondo, gli occhi grandi color nocciola, la carnagione chiara, i capelli neri, lunghi e lisci. Indossava una felpa fucsia, leggera, sopra ai jeans aderenti, blu scuro

Il buco

  Mi hai detto che osservi il futuro oltre un buco, dalla tua posizione presente, al di qua di esso. E mi hai raccontato la tua bella visione, la tua immaginazione, che non può che farmi piacere.  Il bello di adesso, anche domani... non vorrei altro. Hai ribadito che per te il passato non ha importanza e che non per niente ha il nome di "passato", perché quel tempo è trascorso, è andato via, quindi non è più importante, non deve influenzarci troppo. Non ce la faccio a pensare al passato nei tuoi stessi termini: per me, perfino gli occhi, che sono frontali e che quindi guardano inevitabilmente davanti a sé, sono lo sguardo di chi ha già vissuto. E proiettano noi stessi oltre quel buco, non un'altra cosa: noi, siamo sempre e soltanto noi. Perché ciò che scorgono, i nostri occhi lo interpretano sulla base di quel che già sanno, mentre ciò che non vedono lo possono immaginare partendo dalla propria fantasia. Il che non vuol dire necessariamente essere astratti, dato che anche

Charlie

Non dire una parola non parlargli non guardarlo non dargli n iente Girati dall'altra parte non cambierà nulla non possiamo fare nulla Ho portato con me i suoi occhi e le orecchie basse E la sua attesa di qualcuno che non è mai arrivato Sarei potuto essere io Una volta gli ho regalato un sorriso e in cambio ho ancora la sua amarezza legata alla catena. (2022)      

S., R. e il cane

Chi sono S. ed R.? Sono l'autore e la destinataria di quella che vorrebbe essere una promessa d'amore, fatta qualche giorno prima del loro matrimonio, ma che in realtà non è altro che una richiesta di comprensione di fronte ad alcune eventualità già capitate nel corso di un certo numero di anni di fidanzamento. Chi scrive sta mettendo le mani avanti, dicendo che potrebbe succedere di tutto, che "potrei fare chissà cosa, ma tu, da ora in poi, non dubitare di me, credimi e amami lo stesso". Chi scrive chiede fin da subito che lei in futuro accetti ogni sua giustificazione. E questo perdono al buio, prestabilito, la comprensione nonostante tutto, già programmata e pattuita, è per me un fatto inaccettabile.  Amore per sempre, amore malgrado e di fronte a tutto, è per me un ossimoro, almeno quanto l'amore teorizzato, quello soltanto detto, e che poi nella pratica, nel tempo, non ha riscontro con la realtà, nei gesti quotidiani. Per me l'amore si compone di fatti, n

Campane di vetro, bicchieri di cristallo

I bicchieri sono sul tavolo. A distanza di giorni, voglio  immaginarli ancora così, per ragioni sceniche, uno ancora in piedi e mezzo pieno, quasi nessuno abbia avuto il tempo di svuotarlo, l'altro a pochi centimetri di distanza, sdraiato sulla tovaglia, come se qualcosa sia andato storto e sia caduto e nessuno lo abbia poi raccolto. C'è  una nube giallognola che parte dalla sua imboccatura per disperdersi in un vago triangolo rovesciato, che ora è asciutto. I bicchieri sono leggeri, di cristallo, è fondamentale che per adesso si tenga conto esclusivamente della trasparenza della materia di cui sono fatti. Significa soffermarsi soltanto su di essi e non guardarvi attraverso, come fossero una lente.  L'indicazione è dunque quella di trattenersi un attimo prima, senza andare oltre con lo sguardo, evitando di scorgere qualsiasi oggetto che comparisse oltre di loro, attraversandoli con la vista. Per fare diversamente, per trascurarli considerandoli un mezzo, ci sarà tempo, bast

Biancaneve

Questa è una storia breve e un po' strana, e che va al contrario, perché è nata dalla fine ed è finita fin dal suo inizio. Ed è anche assurda, perché i personaggi che ne fanno parte se ne stanno in disparte. Non interagiscono, ciascuno infatti se ne resta sulle sue. Non ci sono dialoghi, perché i protagonisti sono fermi sulle proprie posizioni. Non ci sono incontri e nemmeno scontri, dal momento che ciò implicherebbe che i protagonisti avessero una minima considerazione gli uni per gli altri. Ma allora, che razza di storia è mai questa? Semplice, è una storia fra sordi, come ce ne sono tante, anche se poi non se ne ascoltano troppe in giro, infatti questo tipo di storie sono anche mute, non so se si è compreso, eppure è elementare, che se da una parte manca chi ascolta, dall'altra è inutile che ci sia uno che parla. E il finale, perlomeno? Dai, autore, sorprendici con un effetto speciale! Non ce ne sono, l'ho detto subito che fine e inizio qui coincidono, che sorpresa vorre

Il volo

E' una bella giornata di primavera, di sole caldo e di vento fresco, in cui tutto appare in una sorta di equilibrio perfetto, dalla temperatura ai colori nel parco, alle ombre del tardo pomeriggio, il verde e il nero, e poi l'azzurro al di sopra di essi, e le nuvole che transitano disinteressate.  Oggi non è il giorno migliore per piovere, è una giornata di primavera perfetta.  Le persone affluiscono, si danno il cambio, c'è chi resta e chi va via, famiglie con i bambini, cani che scorrazzano sui prati, le foglie degli alberi mosse da un vento leggero. Gli uccelli fanno ciò che hanno sempre fatto: cinguettano e volano, ma si sentono soltanto se attorno c'è silenzio e si scorgono se non guardiamo per terra. C'è sempre questa linea di confine fra ciò che sta in alto e quel che vediamo all'altezza dei nostri occhi.  Abbiamo separato ogni cosa: il bello dal brutto, la primavera dall'inverno, così come il caldo dal freddo e il cielo dalla terra. Perfino il pensie

In tutte le anime c'è un interno nascosto

"In tutte le anime, come in tutte le case, al di là della facciata, c'è un interno nascosto".  Meraviglioso José Saramago, che cita Raul Brandão a presentazione del suo  Lucernario.    Ma ancora meglio di lui, questa volta, fa sua moglie Pilar del Rio, che, nella prefazione del "libro perduto e ritrovato nel tempo" del Nobel portoghese, ne ricorda la regola di vita, tante volte espressa per iscritto o a voce: "Nessuno è obbligato ad amare nessuno, ma tutti abbiamo il dovere di rispettarci". Pilar si riferisce al romanzo di Saramago, inviato a una casa editrice portoghese nel 1953 e da cui lo scrittore non ricevette risposta fino al 1999, quando l'editore un mattino lo chiamò al telefonò per dirgli che sarebbe stato onorato di pubblicarlo.  Dopo ben 46 anni in attesa di un riscontro e dopo aver ricevuto il massimo riconoscimento per la letteratura: troppo facile, adesso!  E così, Saramago rispose: " Obrigado , ora no". "Nessuno è obb

Un volo di farfalla

Alcune considerazioni sul concetto di effimero, a cui spesso, più o meno direttamente, ho fatto riferimento negli ultimi post. Prendo spunto in particolare dal più recente, Un loto fiorisce , e dall'idea che ho espresso, secondo la quale la poesia è un tentativo di superare ciò che è caduco attraverso uno sguardo sulla bellezza. Può davvero questa forma espressiva - mi chiedevo - sopravvivere a ciò che è effimero?  La risposta è che non lo so, non sono affatto sicuro che la poesia sia una possibilità di eternità. Però - e di questo invece sono certo - è, come ho detto, un tentativo in tal senso, anche se dall'esito insicuro come qualsiasi altro tentativo. La qualità principale della poesia è l'umiltà, la coscienza dell'impotenza di fronte alla morte, la consapevolezza della mediocrità generale, così come quella della presunzione che spesso gli uomini possiedono.  E, nonostante tutto, la poesia è vicinanza, comprensione: è un sorriso sulle debolezze e sulla miseria umane

L'amore al posto dell'indifferenza: il mio augurio per il nuovo anno

Le ultime parole dell' Insostenibile leggerezza dell'essere : "Quella tristezza voleva dire: siamo all'ultima stazione. Quella felicità voleva dire: siamo insieme. La tristezza era la forma e la felicità il contenuto. La felicità riempiva lo spazio della tristezza".  So da quando sono nato che la felicità e l'infelicità si alternano in un gioco senza fine. So anche che spesso coesistono, ché l'una è la casa e l'altra l'inquilino.  Ugualmente, ho sempre saputo che l'infelicità è dovuta al nostro essere incompleti. Oggi lo penso ancora e credo che la tristezza più grande vi sia quando ce ne accorgiamo, quando supponiamo che ci sia qualcuno, dall'altra parte, disposto a prenderci in braccio e, così illudendoci, il nostro grido di dolore resta inascoltato.  Considero l'amore un vero e proprio bisogno primario dell'uomo, né più e né meno indispensabile dell'acqua, del cibo e del sonno.  L'amore è l'unico antidoto alla nostra

Una volta è nessuna volta

 "Einmal ist keinmal" vuol dire "una volta è nessuna volta". Ma questa è soltanto la traduzione letterale, sintetica e anche priva di spiegazioni del proverbio tedesco. Lo chiarisco a chi mi ha chiesto perché questa frase sia presente nel mio 'stato' di WhatsApp: è il nucleo intorno a cui ruota L'Insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera e ha tanti significati nei quali mi riconosco.  "Ciò che succede una volta soltanto è come se non fosse mai successo". Spesso infatti non abbiamo il tempo di renderci conto di ciò che ci accade. Non percepiamo la portata delle nostre esperienze, non ci rendiamo conto del momento che viviamo. Siamo del tutto impreparati di fronte alle novità e questo è talmente vero che, quando ci accorgiamo del loro valore, spesso è già troppo tardi. La bellezza di ciò che ci accade evapora ancor prima di riuscire a coglierla. Così come i fatti brutti: ci cadono addosso quando ormai non possiamo più evitarli. E&

Ventiduesima lettera: chiedere scusa

Molti anni fa mi capitò di vivere una storia d'amore talmente struggente e disperata da sentirmela tuttora sulla pelle, come se mi fosse capitata ieri. Amai quella persona come potrebbe fare un adulto che ha il cuore aperto e spensierato di un bambino e gli occhi gonfi di lacrime di un vecchio. Furono due mesi di felicità e, allo stesso tempo, di tristezza: sapevo fin dall'inizio che quella storia non sarebbe potuta durare. Ed è per questo che ogni momento che passai insieme a lei fu magico. Era l'onda che veniva e che andava via, la bellezza dell'incontro e dell'addio. La coincidenza della felicità con il suo opposto. L'illusione di fermare il tempo, di rendere immortale il momento ed eterno ciò che ogni giorno scompare. Tuttavia, fu un amore non corrisposto. Mi accorgevo di questo, lo avvertivo, ne avevo la percezione, mi rabbuiavo. Era irrazionale, ma lo sapevo che era così. Non mi importava: ero infelice, sì, ma anche felice, dopotutto. E questo secondo aspe

Ventunesima lettera: fantasmi

Ce l'ho in mente già da qualche tempo questa lettera un po' strana, ma riesco a scriverla soltanto adesso che ho messo finalmente le idee a fuoco. Parla di fantasmi, questo però non vuol dire che abbia a che fare con la fantasia. Infatti, l'argomento è la corrispondenza, l'illusione e la disillusione. La prima è il fondamento sul quale qualsiasi relazione dovrebbe basarsi. È l'aspirazione a un rapporto paritario, un desiderio forse utopistico, in questo senso è un fantasma che non si è ancora manifestato. La seconda è il non voler considerare il fatto che il rapporto è impari, il fantasma prende forma ma l'idea che possa effettivamente esistere viene respinta. La terza è la presa di coscienza della mancanza di reciprocità, è il momento in cui il fantasma è scacciato e si dissolve. Avevo 14 anni la prima volta che realizzai quanto per me sia indispensabile costruire relazioni alla pari con gli altri. Il mio migliore amico era un compagno di classe intelligente e

Coccole e ponti

Un paio di settimane fa, ancora in cerca di spiegazioni per alcune vicende appena trascorse e con la voglia di completare un ritratto che sentivo soltanto come abbozzato, ho deciso di leggere, senza troppa convinzione,  Alla ricerca delle coccole perdute dello psicologo Giulio Cesare Giacobbe. L'idea al centro del libro, nonché la tesi dell'autore, è che nella vita di ogni persona sono presenti tre fasi: quella del bambino, quella dell'adulto e quella del genitore. Il primo è bisognoso di coccole, di cibo, di cure, di protezione e di conforto. E' un egoista che piange e pretende che gli sia data qualsiasi cosa comandi. Non domina il proprio territorio, né le proprie paure. L'adulto è colui che non ha bisogno di nessuno, basta a se stesso, non chiede e non dà, semmai prende, perfino dagli amici, se vuole, altrimenti sta benissimo da solo. Non gli servono coccole per sentirsi bene. E' autosufficiente, autoaffermato, individualista e sfruttatore, sa dominare il pro

La pasta alla Norma

Per sopravvivere, l'uomo non ha bisogno soltanto di sentirsi a posto con la propria coscienza, ma anche di mangiare. Per questo, ha inventato la pasta alla Norma...  Faccio il verso al post precedente , invertendo i termini della prima frase - ma tanto il senso non cambia -, nel tentativo di alleggerire, pur riparlandone, temi quali l'autoassoluzione e l'assenza di contenuti nelle frasi tipiche degli slogan, descrivendo uno dei miei piatti preferiti, non solo perché è squisito, ma perché simboleggia l'unità di ciò che è separato ed è una preparazione schietta e sincera, proprio come piace a me: non è una ricetta furba, che prende in giro chi la gusta o vuole convincere della propria bontà ricorrendo a sofisticazioni superflue. La pasta alla Norma è una vera e propria sinfonia - d'altronde, il suo carattere musicale è annunciato fin dal nome che, non a caso, è ispirato all'opera omonima di Vincenzo Bellini -, è un accordo armonico di sapori che sono distinti e al

Assoluzione piena

Per sopravvivere, l'uomo non ha bisogno soltanto di mangiare, ma anche di sentirsi a posto con la propria coscienza. Per farlo, ha inventato un sistema molto astuto e che mette in atto non appena qualcosa lo fa sentire colpevole: si prende in giro da solo, si giustifica, cerca una spiegazione valida per convincersi della propria buona fede, fa leva sulle proprie ragioni, pone se stesso davanti a tutto, mette innanzi le sue priorità: in definitiva, si autoassolve.   Molti anni fa - non voglio entrare nei particolari di una vicenda piuttosto triste - una persona rubò dei miei beni. Lo venni a sapere. Glie ne chiesi conto. Mi rispose che non si sentiva una ladra, che era un proprio diritto prendere qualcosa di mio dopo avermi dato - a sua volta, pensava - qualcosa di suo. Si giustificava dicendo di considerare uno scambio, una compensazione la propria decisione di prendere di nascosto all'altro senza avvertire e né spiegare, in maniera arbitraria, unilaterale, non condivisa. Avreb