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Visualizzazione dei post da agosto, 2010

Come la capocchia di uno spillo

Vi sono braccia che si allargano e mani che si tendono verso chiunque, come quelle del neonato che ho visto nel treno. Un sorriso, il suo, rivolto non solo verso chiunque incrociasse con gli occhi, ma anche all'indirizzo di chi non si accorgeva affatto di lui, ma che tuttavia sapeva eccitarne la curiosità. E vi sono sguardi e parole che bambini ormai più grandi, come Dodokko, dedicano solamente ai genitori. Il mondo si contrae inevitabilmente da una certa età in poi. Si incomincia a classificare, a dare un ordine, a fare una graduatoria delle cose fondamentali e di quelle che non sono tanto importanti. La gente non è più tutta uguale, indistinta, allo stesso modo benevola. Ci sono persone con cui si può parlare e altre con cui è meglio starsene in silenzio. Ci sono papà distanti, come me in questi giorni, a causa del lavoro, con i quali si può urlare al telefono: "Vieni da me, ora! Perché devi sempre lavorare? Voglio che vieni subito, stasera!". Non vi sono altre persone

Così dev'essere

Nel post precedente ho scritto che anche i bambini non sono esenti dai condizionamenti e che "ciò che mi sconcerta davvero è propriamente l'azione - per così dire - dal basso, dal banale, dal quotidiano più stupido, finalizzata al controllo, all'ortodossia, al 'così dev'essere'". Ho appena terminato di leggere Caino, l'ultimo libro pubblicato da Feltrinelli di José Saramago, il premio Nobel per la letteratura, lo scrittore ateo e materialista morto a giugno, già autore del Vangelo secondo Gesù Cristo. Vorrei citare alcuni estratti di Caino , senza commentarli, così come si usa mentre si guardano le immagini parlanti di un film muto. Si tratta - questa volta - di esempi di azioni dall'alto, finalizzate come sempre al 'così dev'essere' e dirette verso l'Umanità tutta, bambini inclusi. Anzi, qui certamente si ha a che fare con l'Esempio e l'Azione, con le lettere maiuscole. Esempio e Azione, tuttavia, imperscrutabili. "Ad

Mio figlio gioca con le bambole

Sono convinto che un figlio lo si debba amare per quello che è, non soltanto quando ci compiace. Fin dal primo giorno di vita, il bambino non appartiene ai genitori, non è - lo dimostrerà sempre di più - una loro emanazione. E' e sarà una persona unica, con qualche istruzione - ricevuta da parenti, insegnanti e amici, ma comunque rielaborata - che eventualmente avrà deciso di trattenere. Le esperienze che farà saranno soltanto sue e nessun avvertimento, nessun buon consiglio varrà quanto ciò che vivrà direttamente. Nessun insegnamento sarà per lui tanto fondamentale quanto la vera vita, quella vissuta. Spero che mio figlio diventi il più possibile una persona indipendente. Tuttavia, già a partire da oggi, il mondo in qualche maniera rema contro questa mia e soprattutto sua aspirazione naturale. Lo fa in tanti modi, attraverso mille condizionamenti, ogni giorno che passa. Non siamo liberi: è questa la verità. Ma ciò che mi sconcerta davvero è propriamente l'azione - per così dir