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Visualizzazione dei post da dicembre, 2020

L'amore al posto dell'indifferenza: il mio augurio per il nuovo anno

Le ultime parole dell' Insostenibile leggerezza dell'essere : "Quella tristezza voleva dire: siamo all'ultima stazione. Quella felicità voleva dire: siamo insieme. La tristezza era la forma e la felicità il contenuto. La felicità riempiva lo spazio della tristezza".  So da quando sono nato che la felicità e l'infelicità si alternano in un gioco senza fine. So anche che spesso coesistono, ché l'una è la casa e l'altra l'inquilino.  Ugualmente, ho sempre saputo che l'infelicità è dovuta al nostro essere incompleti. Oggi lo penso ancora e credo che la tristezza più grande vi sia quando ce ne accorgiamo, quando supponiamo che ci sia qualcuno, dall'altra parte, disposto a prenderci in braccio e, così illudendoci, il nostro grido di dolore resta inascoltato.  Considero l'amore un vero e proprio bisogno primario dell'uomo, né più e né meno indispensabile dell'acqua, del cibo e del sonno.  L'amore è l'unico antidoto alla nostra

Sbagliamo a non guardare il mondo con gli occhi dei bambini

 Sono sensazioni che abbiamo provato tutti, nei mesi di lockdown che abbiamo condiviso con i nostri figli, così come nei giorni di spensieratezza, durante la parentesi estiva. Le ripercorre Silvia Avallone sul Corriere della Sera di oggi.   "Una mattina di dicembre ho accompagnato mia figlia al parco per una giornata di scuola all’aperto. Guidando sotto una pioggerellina fine e il cielo plumbeo, mi sono lasciata andare allo sconforto. Ero stanca. Di rinunciare ancora a quel che credevo il minimo sindacale: vedere i miei genitori per le feste. Di ritrovarmi in balia del presente senza poter azzardare un mezzo progetto. Del bollettino tragico, ogni sera.  Arrivate a destinazione, mia figlia si è riscossa dal dormiveglia. Riconosciuto il profilo degli alberi, il gruppetto di amici, ha cercato di liberarsi dal seggiolino con impazienza. Siamo scese nel freddo. Il parco era pieno di fango, di rami spogli, di desolazione. I bambini però saltellavano emozionati, infagottati nelle tute da

L'acqua è insegnata dalla sete

La cosa più bella di questo Natale non è un albero o un presepe, e nemmeno la cena, ma la poesia numero 135 di Emily Dickinson, che abbiamo letto e cercato insieme di capire. Significa che non c'è niente di scontato, che la soddisfazione è preceduta dal bisogno e dal desiderio, che ogni meta richiede fatica, che la felicità passa dalla sofferenza, che l'amore ce lo ha insegnato qualcuno che in noi ha lasciato un seme, e adesso è la paura della perdita e assomiglia in modo impressionante a quegli uccelli che d'inverno volano via.  L'acqua è insegnata dalla sete.  La terra, dagli oceani attraversati.  La gioia, dal dolore.  La pace, dai racconti di battaglie.  L'amore, da un'impronta di memoria.  Gli uccelli, dalla neve.

Una volta è nessuna volta

 "Einmal ist keinmal" vuol dire "una volta è nessuna volta". Ma questa è soltanto la traduzione letterale, sintetica e anche priva di spiegazioni del proverbio tedesco. Lo chiarisco a chi mi ha chiesto perché questa frase sia presente nel mio 'stato' di WhatsApp: è il nucleo intorno a cui ruota L'Insostenibile leggerezza dell'essere di Milan Kundera e ha tanti significati nei quali mi riconosco.  "Ciò che succede una volta soltanto è come se non fosse mai successo". Spesso infatti non abbiamo il tempo di renderci conto di ciò che ci accade. Non percepiamo la portata delle nostre esperienze, non ci rendiamo conto del momento che viviamo. Siamo del tutto impreparati di fronte alle novità e questo è talmente vero che, quando ci accorgiamo del loro valore, spesso è già troppo tardi. La bellezza di ciò che ci accade evapora ancor prima di riuscire a coglierla. Così come i fatti brutti: ci cadono addosso quando ormai non possiamo più evitarli. E&

Quasi dovessi scomparire

Sono giorni che mi cerchi  e che mi abbracci  quasi dovessi scomparire  da un momento all'altro  come se volessi dirmi qualcosa  ma non hai parole per farlo.  Ti ho chiesto perché  ma non esistono spiegazioni  per i gesti silenziosi.  Ho camminato molto  con questo pensiero nella testa.  I tuoi abbracci muti.  Alla fine hai detto due parole:  vecchiaia e solitudine.  Non hai aggiunto altro.  I tuoi abbracci sono l'unico modo  che conosci per trattenermi.  Per celare le tue paure  e proteggermi. Non spetta a te farlo. Ho recitato una bugia.  Non mi restava altro che dirti che ci sono  che non me ne vado  che non scompaio. La favola che gli adulti  non conoscono la solitudine te l'ho raccontata nell'illusione consapevole che io possa parlare   ancora a un bambino. (2020)

Riflessi

Quel giorno abbiamo camminato sugli scogli per andare nel tuo "posto segreto".  Così lo avevi soprannominato.  Ci siamo messi le maschere che avevi portato e ci siamo tuffati.  Il mare era tiepido, avevamo pochi pensieri, nessuna preoccupazione.  Almeno, è in questo modo che io mi sentivo. Pensando a prima e a cosa è successo dopo  dico che in quel momento eravamo felici.  Ma siamo rimasti in acqua per troppo poco tempo.  Te lo ricordi?  Abbiamo nuotato per raggiungere subito altri scogli poco lontani.  Le rocce si specchiavano nel mare smeraldo.  E noi non avevamo bisogno di altro.  Una cornice e un solo colore  per comporre un quadro perfetto.  Oggi il riflesso di quel giorno è ancora davanti ai miei occhi.  Perfino adesso  mentre sto difronte a una pozza d'acqua  nell'asfalto dopo la pioggia. (2020)

Controluce

Stamattina sono uscito presto per la passeggiata con Spot. "Prima che si metta a piovere", mi sono detto. La verità è che volevo vedere questo prato giallo di foglie e la luce fosforescente di quelle rimaste sugli alberi. "Prima che sbiadisca", ho pensato. Non era minimamente per fare il paragone delle foglie con le nostre vite. Di questo sono più che sicuro. "Non è un cimitero quello che stiamo calpestando il mio amico e io e che scricchiola sotto ai nostri piedi". Ma non ho spiegazioni per le foglie sugli alberi che si attardano come i ricordi ancora così vivi e pieni di luce.  (2020)

Ventiduesima lettera: chiedere scusa

Molti anni fa mi capitò di vivere una storia d'amore talmente struggente e disperata da sentirmela tuttora sulla pelle, come se mi fosse capitata ieri. Amai quella persona come potrebbe fare un adulto che ha il cuore aperto e spensierato di un bambino e gli occhi gonfi di lacrime di un vecchio. Furono due mesi di felicità e, allo stesso tempo, di tristezza: sapevo fin dall'inizio che quella storia non sarebbe potuta durare. Ed è per questo che ogni momento che passai insieme a lei fu magico. Era l'onda che veniva e che andava via, la bellezza dell'incontro e dell'addio. La coincidenza della felicità con il suo opposto. L'illusione di fermare il tempo, di rendere immortale il momento ed eterno ciò che ogni giorno scompare. Tuttavia, fu un amore non corrisposto. Mi accorgevo di questo, lo avvertivo, ne avevo la percezione, mi rabbuiavo. Era irrazionale, ma lo sapevo che era così. Non mi importava: ero infelice, sì, ma anche felice, dopotutto. E questo secondo aspe