Ce l'ho in mente già da qualche tempo questa lettera un po' strana, ma riesco a scriverla soltanto adesso che ho messo finalmente le idee a fuoco. Parla di fantasmi, questo però non vuol dire che abbia a che fare con la fantasia. Infatti, l'argomento è la corrispondenza, l'illusione e la disillusione. La prima è il fondamento sul quale qualsiasi relazione dovrebbe basarsi. È l'aspirazione a un rapporto paritario, un desiderio forse utopistico, in questo senso è un fantasma che non si è ancora manifestato. La seconda è il non voler considerare il fatto che il rapporto è impari, il fantasma prende forma ma l'idea che possa effettivamente esistere viene respinta. La terza è la presa di coscienza della mancanza di reciprocità, è il momento in cui il fantasma è scacciato e si dissolve.
Avevo 14 anni la prima volta che realizzai quanto per me sia indispensabile costruire relazioni alla pari con gli altri. Il mio migliore amico era un compagno di classe intelligente e con la battuta sempre pronta, un tipo brillante che aveva una voce sottile quando parlava, mentre con gli occhi minuscoli ti scrutava per capire se il proprio discorso fosse o meno convincente. Percepivo la sua tendenza preponderante a osservare se stesso nell'atto di esprimere i propri pensieri, piuttosto che prendere in considerazione il contenuto di ciò che diceva. Era un narciso in cerca di adulazione. Me ne resi presto conto, capendo che il nostro non sarebbe mai potuto essere un rapporto d'amicizia alla pari, corrispondente. Così finimmo per perderci di vista e il fantasma si dissolse.
Nel corso degli anni, ho convissuto con altri fantasmi, relazioni che hanno preso la forma dell'illusione. Ve ne sono state alcune che hanno avuto la lunghezza di una vita e riguardo le quali ho voluto respingere con forza - non chiedetemene i motivi, la spiegazione sarebbe troppo lunga e articolata - qualsiasi avvisaglia di verità. Il fatto è che può capitare di ritrovarsi a fare una passeggiata, mano nella mano, con qualcuno che neanche è presente, che se ne sta con la mente altrove, a chilometri di distanza. Non sto parlando di semplice distrazione, cosa che può succedere a chiunque di noi, ma precisamente della mancanza di corrispondenza: di aspirazioni ed esigenze, desideri e modi per sentirsi realizzati che sono lontani anni luce dai nostri.
A volte è stato necessario molto tempo prima di capire, altre è bastato un secondo per disilludermi e perché il fantasma svanisse. Altre ancora, questa stessa disillusione non è stata sufficiente a disperdere immediatamente nemmeno l'ombra di ciò che l'aveva creata. La strada verso ciò che ci corrisponde può essere più lunga di quanto si creda, spesso restiamo aggrappati a un'illusione perfino quando sappiamo essere tale.
E siamo portati a offrire, ancora una volta, l'ennesima possibilità, quasi fosse un regalo riservato ad altri, ma si tratta invece, come sempre, della nostra stessa futile speranza di sentirci amati, l'illusione che ritorna, l'ultima chance, che invero diamo a noi stessi, di raccogliere i pochi resti di ciò che abbiamo seminato e che non vogliamo lasciare marcire o, stupidamente, il tentativo di convincerci di non aver sprecato il tempo, come se quest'ultimo fosse per davvero circoscritto all'orologio che portiamo al polso e non fosse invece la semplice dimensione nella quale ordiniamo le nostre azioni.
E' difficile rinunciare perfino alla scelta sbagliata che abbiamo compiuto, al percorso che abbiamo intrapreso da molto tempo, mano nella mano con qualcosa o qualcuno che non esiste ma che abbiamo creato noi stessi, nel tentativo di dare forma a un'idea, dipingendola con i colori che più ci piacevano. Dirigersi verso l'ideale, andare nella direzione di ciò che ci corrisponde e può renderci felici, può essere lungo e complicato, ma sono sinceramente convinto che valga la pena scacciare il fantasma e incamminarsi su una nuova strada.
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