Passa ai contenuti principali

Vestiti lasciati da soli

Sono forse la cosa che più di tutte riesce a inquietarmi: i vestiti lasciati da soli, da qualche parte in casa, senza nessuno che, per molto tempo, li indossi più. Non parlo soltanto degli abiti fuori posto, ma anche di quelli che si trovano, ordinati, negli armadi.
I vestiti sono forme per i corpi che li abitano, forme anomale, forme assurde, forme senza forma quando nessuno li veste. Il corpo li riempie di sostanza, ma, stranamente, anche di forma. Senza il corpo, gli abiti sono pesi morti, senza consistenza, non solo quando si trovano afflosciati su una sedia oppure ripiegati su se stessi in un cassetto, ma anche quando pendono dalle stampelle.
Mi hanno fatto sempre molta impressione gli indumenti sopravvissuti ai loro proprietari, quando questi sono morti oppure partiti per sempre. Ogni volta che ho visto armadi pieni di effetti personali di chi, per un motivo o per un altro, li ha abbandonati, mi sono chiesto come sia possibile che la forma informe, ovviamente non l'opera d'arte, resti e chi, fino a ieri l'ha animata, se ne sia andato. Com'è possibile che l'oggetto rimanga e l'uomo scompaia? Dovremmo portare tutto con noi, quando ce ne andiamo. Dovremmo preparare valigie enormi e avere la forza di trascinarcele dietro. Oppure avere soltanto un vestito: la nostra seconda pelle, che esce con noi quando varchiamo la soglia.

Ieri sera sono tornato tardi a casa e, diversamente dal solito, l'appartamento dove vivo a quell'ora era vuoto. Dodokko e mia moglie erano usciti e le stanze erano deserte. Non si sentivano voci, non c'era un rumore di televisione accesa o il minimo odore di cena cucinata. Ad accogliermi, c'erano soltanto alcuni indumenti lasciati da soli all'ingresso: il cappottino e la sciarpa di mio figlio appesi alla maniglia del passeggino e il suo cappello su una sedia.
Oggetti inanimati, senza respiro, improvvisamente senza vita: abiti che tra poco, non appena sarà un po' più grande, Dodokko non indosserà più perché saranno diventati troppo stretti per lui. Ho pensato, senza riuscire a impedirmi di farlo, che moriamo un poco ogni giorno, ogni volta che lasciamo dietro di noi qualcosa, ogni momento che lasciamo andar via qualcuno. Ogni volta che arriviamo tardi. Perfino ogni secondo che passa mentre la nostra mente è altrove.


Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

La partita sul terrazzo

Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto.  Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog

Coronavirus: il lockdown e le ripercussioni sui figli minori dei genitori separati

Intervista all’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori Riaprire o lasciare tutto ancora chiuso, ripartire insieme oppure a due o a tre velocità: mentre si discute sulle modalità di allentamento del lockdown e su come gestire la Fase-2 nell’ottica di un ritorno graduale alla normalità dopo l’epidemia, diventano sempre più problematici, a causa delle limitazioni agli spostamenti per contenere l’epidemia da coronavirus, i rapporti fra figli minori e i genitori non collocatari all’interno delle famiglie con coniugi separati. Ne parla all‘Adnkronos l’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario della Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori, che sottolinea quanto le misure urgenti adottate dal Governo abbiano inciso sui rapporti fra figli e genitori non collocatari. "Le conflittualità tra ex coniugi si sono intensificate - spiega l’avvocato Laganella - di pari passo con la crescente incertezza sull’interpretazione d

Quando siamo costretti ad ascoltare un racconto sbagliato

Una delle peggiori forme di violenza che può capitarci di subire è il racconto sbagliato di ciò che ci accade. Trovo delittuoso - non ho altri termini per definire qualsiasi tentativo di mistificazione - il voler far passare una cosa per un'altra, appositamente, come se fossi tu a non capire e a non renderti conto di ciò che hai intorno: essere trattato, in una parola, come uno scemo. Sono incapace di tollerare che si scambi la verità con la finzione, non riesco a concepire la possibilità di intercambiabilità dell'una con l'altra, con la prima che diventi falsità e la seconda assurga a Verbo e a voce di Dio o, più semplicemente, a resoconto puntuale. Eppure, sono molti a credere alle chiacchiere, a farsi soggiogare più dal suono delle parole, che ad ascoltarle criticamente, cercando di coglierne il significato. La voce, spesso, ha più peso della sostanza che una frase esprime: siamo più ascoltatori di suoni che di significati. E chi parla, spesso, si sente e si pone su