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‘Il Decameron ai tempi del Covid’, i racconti degli studenti durante il lockdown

Ho sempre consigliato ai miei figli di leggere e di scrivere, perché la lettura e la scrittura sono due attività che servono a esprimersi, a esternare e a rappresentare, o a trovare esternato e rappresentato, ciò che si ha dentro. La lettura, così come la scrittura, ci consentono di metterci in comunicazione con noi stessi e con gli altri. E quindi di non farci sentire soli.
Molto bella l'iniziativa di una scuola romana e il libro che ne è seguito, di cui parlo qui, Il Decameron ai tempi del Covid, i racconti degli studenti durante il lockdown del 2020.

Immaginate un 'Decameron' ambientato nella società di oggi, durante la pandemia da Covid, anziché quasi 700 anni fa e ai tempi della peste. Immaginate anche che al posto delle sette donne e dei tre uomini dell’opera di Boccaccio, che per dieci giorni si rifugiano fuori da Firenze per sfuggire al morbo che imperversa nella città, vi siano ventiquattro ragazze e ragazzi dodicenni, studenti di seconda media in una scuola romana, durante il lockdown nella primavera del 2020. Sono questi ragazzi, con le loro novelle, i protagonisti moderni di ‘Il Decameron ai tempi del Covid’, il libro appena uscito per ‘L’asino d’oro edizioni’ che fa seguito all’esperimento didattico ispirato al ‘Decameron’ e alle sue cento novelle nate da una clausura forzata nel 1348. 
Moderni novellatori, su stimolo della insegnante di lettere Alessia Barbagli, curatrice del volume, ogni giorno per sei settimane hanno scelto a turno un tema ciascuno sul quale esprimere insieme con la scrittura il loro sentire di quei giorni difficili. Nel libro sono raccolte ottanta delle oltre 500 storie scritte dagli studenti del 2020, mentre erano confinati in solitudine davanti al computer nelle rispettive abitazioni: una prassi quotidiana da cui emerge il quadro di un’epoca storica tuttora difficile da decifrare. “Cominciano ad apparire frammenti biografici, sfasature generazionali, slittamenti surreali e persino un mito”, annota nella prefazione Franco Lorenzoni citando anche ‘Le mille e una notte’ per quest’opera che fa sentire per la prima volta la voce dei ragazzi alle prese con la pandemia, dando loro occasione di raccontarsi e raccontare il mondo come i loro occhi lo stavano vedendo. 
“Il progetto didattico è nato il giorno dopo la notizia del lockdown del 2020, avevamo appena finito di studiare le novelle di Boccaccio – dice all’Adnkronos Alessia Barbagli - La prospettiva di una scuola ‘strana’, che avrebbe dato il via alla didattica a distanza, ci ha fatto venire in mente l’idea di pensarci come gruppo, in un momento in cui eravamo confusi. L’attività della scrittura consente di pensare e di visualizzare il pensiero”. 
 “Nel libro non ci sono soltanto racconti fantasiosi - precisa la Barbagli - Molti testimoniano ciò che i ragazzi hanno vissuto, la loro solitudine quotidiana, in parte alleggerita dal collegamento con i compagni. Il tema della giornata metteva in comunicazione gli studenti e spesso le novelle che hanno scritto sono state occasione di confronto, un modo per parlare e dare risposte: sono state un dialogo a distanza più o meno consapevole”. 
“La scrittura serve per allenarsi e per resistere – dice ancora la docente - Per i ragazzi è stato importante visualizzare il proprio pensiero e ordinarlo, cosa a cui la scrittura ti costringe. Era importante farlo insieme, faticoso, ma scandiva le giornate, in un tempo sospeso, senza scansioni. La scrittura è un esercizio che aiuta a fare la scansione del tempo, a visualizzare i pensieri e a renderli immagini. Anche la lettura – conclude – andrebbe fatta in comunità, nella scuola, perché anch’essa, come la scrittura, è occasione di confronto”.

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