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L'isola che non c'è

 Un bastone trovato da Spot al parco e la sua richiesta di lanciarglielo mi hanno fatto tornare in mente Peter Pan.
Dieci anni fa Dodokko vestiva i panni del bambino che non voleva crescere e qualche volta raccoglievamo un pezzo di ramo in pineta, e quello diventava in un attimo il suo pugnale, che brandiva contro un Capitan Uncino immaginario, contro il vento.
Ma poi, mio figlio è cresciuto, come tutti i bambini in carne e ossa, e il suo abito verde, ora, chissà dove è finito...
C'è Spot, adesso, che a cinque anni continua a comportarsi come un cucciolo, mentre Dodokko è diventato un adolescente. Non era credibile che potesse restare per sempre un bambino.
Il tempo è trascorso e noi, obbedienti, lo abbiamo seguito come un'ombra, sempre un passo dietro a questa condizione umana imprescindibile. O forse, molto più probabilmente, è lui che ci ha inseguiti, che non ci ha mollati neanche per un momento, sempre con il fiato sul collo. La sua ombra segna inevitabilmente la nostra strada fatta di giorni che svaniscono, spesso senza lasciare traccia nella nostra memoria.
Eppure, in queste considerazioni realistiche e scontate che riguardano il tempo, c'è qualcosa che ancora mi sorprende. Ed è il fatto che, dieci anni fa, fui io a tornare bambino, a vestire i panni di Peter Pan, quando accompagnavo mio figlio a giocare, quando raccoglievo per lui un bastone da terra. Lo guardavo fantasticare con i miei occhi di padre e, difronte a quel bambino vestito di verde, che costruiva mondi immaginari, diventavo, a mia volta, me bambino, per vivere assieme a lui le avventure che inventava. 
Riconoscevo me stesso in lui, tornavo indietro nel tempo, a più di trent'anni prima: è vero ciò che ho sempre pensato e cioè che un figlio non lo conosci, ma lo riconosci. E questo avviene quando lo ami, quando ti immedesimi, quando vesti i suoi panni, quando gli stai accanto e puoi sentire questa vicinanza con lui. Quando c'è quella che io chiamo corrispondenza e a cui molti danno il nome di empatia. 
Per me, Peter Pan è la possibilità di tornare a essere bambini, non di esserlo per sempre. E questo James Matthew Barrie lo sapeva benissimo, conosceva la realtà grazie alla quale nasce il sogno. Così come conosceva a fondo il senso di nostalgia per l'infanzia perduta che avrebbero provato i lettori del suo racconto.
Tornare bambini: questa favola io l'ho vissuta molte volte grazie ai miei figli, quando ho potuto dimenticare per alcuni frangenti il mio tempo, per vivere il loro, insieme su un'isola che non c'è ma che esiste, nel mondo parallelo del sogno che diventa realtà.

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