Non mi piace essere perentorio e usare espressioni come "ormai è così", come se non vi fossero più rimedi per cambiare le cose, come se il futuro non potesse sovvertire il presente, cosa che invece succede sempre, prima o poi: non c'è un domani uguale a oggi e nessun oggi è come ieri.
Ma vivo nel presente, anzi, vivo il presente, ed è (molto) umano che sia così: l'istante, senza il prima e il dopo, è la sola cosa che ci appartiene: le altre sono il ricordo e le aspettative, ma non sono concrete ed esistono soltanto nella nostra mente e nella fantasia. Sono già finite, non sono più oggetti, non esistono oppure non si realizzeranno, non accadranno, non saranno mai.
Eppure, il prima e il dopo coesistono nel presente di chi li pensa. E di questo istante di passaggio fra l'uno e l'altro fa parte tutta la nostra vita. E la nostra morte non si compie una volta soltanto, ma ogni secondo che viviamo, nel continuo esaurirsi del presente.
Ma il presente rinasce anche, momento dopo momento, e, appunto, oggi non mi va di dire "ormai è così", anche se dovrei farlo. Anche se ciò che si incammina sembra percorrere per intero quella strada, c'è la possibilità di imboccare vie traverse, anche casualmente migliori.
Una di queste l'ha presa mio figlio ieri sera, quando gli ho detto che gli avevo comprato i popcorn che lui il giorno prima mi aveva chiesto.
"Lo so" - mi ha risposto.
"Hai visto dove li ho messi?" - gli ho domandato.
- "No, ma sapevo che me li avresti comprati".
- "Avrei potuto dimenticarmene o non aver fatto in tempo".
- "Sì, ma non è successo".
Mentre i chicchi di mais scoppiano nella padella e si trasformano in altro da ciò che erano soltanto un istante prima, penso alla fiducia incorruttibile che può avere un bambino nei genitori, mentre tutto intorno a loro cambia e mentre cambiamo anche noi, e loro stessi, senza accorgercene.
Il figlio grande a volte sembra essere distaccato: è in cerca di una sua autonomia, di una dimensione propria, di una personalità, di un carattere ben delineato. Senonché, i tratti del ragazzo 'maturo' e sicuro di sé sono soltanto abbozzati e spesso sono la rappresentazione di una caricatura, di un tentativo maldestro, di un atteggiamento scoordinato.
Qualsiasi emancipazione nasce da noi stessi, è vero, ma ha la sua consacrazione nell'approvazione (o nella resa) degli altri.
In questa fase della vita, non mancano i ritorni, dopo gli errori commessi. E noi genitori stiamo sulla soglia di casa, con la porta aperta, pronti a offrire un abbraccio appena i figli ce lo chiedono.
Una di queste l'ha presa mio figlio ieri sera, quando gli ho detto che gli avevo comprato i popcorn che lui il giorno prima mi aveva chiesto.
"Lo so" - mi ha risposto.
"Hai visto dove li ho messi?" - gli ho domandato.
- "No, ma sapevo che me li avresti comprati".
- "Avrei potuto dimenticarmene o non aver fatto in tempo".
- "Sì, ma non è successo".
Mentre i chicchi di mais scoppiano nella padella e si trasformano in altro da ciò che erano soltanto un istante prima, penso alla fiducia incorruttibile che può avere un bambino nei genitori, mentre tutto intorno a loro cambia e mentre cambiamo anche noi, e loro stessi, senza accorgercene.
Il figlio grande a volte sembra essere distaccato: è in cerca di una sua autonomia, di una dimensione propria, di una personalità, di un carattere ben delineato. Senonché, i tratti del ragazzo 'maturo' e sicuro di sé sono soltanto abbozzati e spesso sono la rappresentazione di una caricatura, di un tentativo maldestro, di un atteggiamento scoordinato.
Qualsiasi emancipazione nasce da noi stessi, è vero, ma ha la sua consacrazione nell'approvazione (o nella resa) degli altri.
In questa fase della vita, non mancano i ritorni, dopo gli errori commessi. E noi genitori stiamo sulla soglia di casa, con la porta aperta, pronti a offrire un abbraccio appena i figli ce lo chiedono.
Commenti
Posta un commento