"E' una riflessione nata dopo aver letto il racconto di Anton Zimmerman 'Con tutta l'acqua che scorre sopra il letto del fiume'. Non so se conosci questo autore. Ha scritto 'La mescolanza' e a me è piaciuto molto. Le sue storie sono spesso da interpretare. Anche se lui, nel corso della narrazione, propone numerosi spunti e concetti chiave, e anche proprie riflessioni, che il lettore può decidere di condividere o meno.
Il tema del racconto è quello della fine di un presunto amore e accenna soltanto (gli interessa che il lettore intuisca e non che sappia esattamente come siano andate le cose) all'opposta concezione che i due protagonisti hanno di questo sentimento, con lui che lo considera pieno di implicazioni e di promesse da mantenere, mentre lei lo ritiene qualcosa di poco impegnativo, non necessariamente da dimostrare con le azioni: se lo dichiari (e lo fa del tutto onestamente), è convinta che il più è fatto.
La protagonista è assolutamente certa del proprio amore, però non va mai oltre ciò che è programmato e al di là degli impegni già presi. E questo le è sufficiente, perché a bastarle è la sua buona fede nell'esprimerlo con le parole e il rispetto dei loro appuntamenti.
Lui invece le chiede un salto di qualità: non solo di essere coerente con ciò che promette, ma anche che i fatti corrispondano alle parole. E 'amore' (se è vero, e non soltanto una parola da pronunciare e un sentimento di cui convincersi), per l'appunto, è aver bisogno dell'altro, sembra pretendere lui, non uno schema prefissato oltre il quale non esiste altra necessità. Altrimenti, insiste, chiamiamolo in un altro modo, ma non certo 'amore'.
Ma anziché rispondere, lei cambia argomento, grazie al pretesto che trova in un consiglio che lui le ha appena dato.
Zimmerman scrive 'Con tutta l'acqua che scorre sopra il letto del fiume' in prima persona, incominciando la storia nel bel mezzo della crisi, con i due protagonisti alle battute finali, lasciando immaginare l'antefatto e presagire l'epilogo.
Ma adesso basta parlare del racconto. E' molto breve e faccio prima a trascriverlo qui di seguito".
Con tutta l'acqua che scorre sopra il letto del fiume
Era qualche giorno prima di Pasqua. Eravamo andati a cercare gli asparagi nel sottobosco. Il sentiero passava accanto al fiume, quella primavera più impetuoso che negli anni passati. L'inverno era stato particolarmente nevoso e le cime più alte, in lontananza, erano ancora avvolte, alla fine di aprile, da un manto bianco.
Camminavamo, e il rumore dei passi sul terriccio umido di foglie e legni si confondeva con il fragore dell'acqua. I cani correvano a destra e a sinistra, e anche noi guardavamo da una parte e dall'altra, casomai spuntasse da un cespuglio uno dei germogli che stavamo cercando.
"Un conto è stare insieme per divertirsi o soltanto quando si ha tempo", dissi, riprendendo un discorso già fatto altre volte, e anche la sera prima. "Un altro è amarsi".
Se ne stava zitta, perché conosceva quel ragionamento a memoria, sapeva dove andasse a parare e non aveva voglia di ricominciare a parlarne.
Io non accettavo quel silenzio, ma non tanto perché lei rifiutava di entrare nel merito della questione. Più che altro, la mia urgenza era di chiudere un discorso in sospeso, che ancora una volta non sfociava da nessun parte.
Ammettevo che si può benissimo stare insieme anche soltanto per divertirsi e, se poi questo non succede più, al limite si cambia strada.
"Possiamo decidere cosa vogliamo. Basta saperlo. Questo oppure quello, bisogna però essere coerenti e non confondere le cose. Ma, se è amore, allora dev'essere impegno, interessamento. Vuol dire soprattutto sentire la mancanza dell'altro. Io so di non mancarti, altrimenti coglieresti qualsiasi occasione si presentasse per vederci. Non ci incontreremmo soltanto quando giunge la data che avevamo segnato sul calendario. Che poi, capita anche di saltare questo appuntamento programmato con tanto anticipo. E allora, addio: è come non stare insieme".
Facevo rumore, me ne accorgevo, ed era come quello del fiume che scorreva al di sopra del proprio letto, che la sua stessa acqua aveva scavato nella terra. Il letto impermeabile d'argilla e sassi, che appariva fermo, esattamente come lei, di fronte a troppe parole, immobile al cospetto della corrente, ma che in realtà, millimetro dopo millimetro, anno dopo anno, aveva cambiato anche la propria conformazione.
Si accese una sigaretta.
"Spegnila, ti fa male".
"È questo il motivo? E anche il fatto che io beva?", riuscì finalmente a dire.
"È il fatto che mi preoccupo per la tua salute, non c'è altro motivo".
"È un vizio, tu non puoi saperlo. All'alcol posso rinunciare, ma al fumo non ci riesco".
"Neanche ci provi!".
"Saranno affari miei?!".
"No, se dici che mi ami".
"Non c'entra niente".
Non era disposta a ragionare, non mi permetteva di interessarmi a lei fino al punto di chiederle di smettere. Era soddisfatta di ciò che già sapeva di sé e non aveva bisogno di aggiungere altro.
"C'entra, eccome!", tagliai corto. "E comunque non è questo. Tu non vuoi che io mi interessi a te, così come tu non hai alcun interesse nei miei confronti. Tu non hai per davvero bisogno di me".
Era diversa, e me ne accorgevo soltanto ora. Ed era il momento che pure io tacessi. Con tanta acqua passata e scomparsa sopra di me, adesso ero anch'io un altro. Come il letto del fiume, soltanto in apparenza sempre identico a se stesso.
I cani continuavano ad andare avanti, ogni tanto raccoglievamo qualche asparago senza rivolgerci la parola. Stavo zitto come lei. Il fiume scorreva rumoroso e imperturbabile accanto a noi, ed era l'assenza di parole, adesso, a rispondere alle mie domande. A parlarmi con la stessa limpidezza dell'acqua.
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