Ce ne vuole sempre una per iniziare qualsiasi cosa, anche un discorso, ma questa volta ne ho almeno tre di occasioni: L'infinito di Leopardi, citato da un'amica al parco, I Dieci Comandamenti, raccontati da Benigni e che abbiamo visto alla tv l'altra sera, alcune raccomandazioni fatte lo stesso giorno ai miei figli.
La siepe è quell'ostacolo che abbiamo tutti davanti agli occhi e che non ci permette di vedere, oltre di essa, il resto del mondo. Ma è anche uno stimolo per l'immaginazione, l'ipotesi per andare avanti, per varcare il confine fisico e il limite mentale. Un viaggio interiore, per Leopardi, ma anche la possibilità, per tutti noi, di espandere i nostri orizzonti, per metterci in comunicazione con qualcosa che non conosciamo, ma verso cui fin dalla preistoria dell'uomo ci spingiamo, oltre la nostra frontiera individuale.
Qualcosa più grande di noi, l'ignoto o l'infinito, appunto. Ovvero, la divinità, che è presente, anche in senso laico, nella natura, chi ha fede la chiami pure col nome di creato, ché per me basta la sua bellezza per farmela contemplare con tutta la sacralità e il rispetto che merita. E che Dio stesso volle ammirare, invitando anche noi a farlo, compiuta l'opera della creazione, nel settimo giorno, quello dedicato più che al riposo alla contemplazione, al dialogo e al pensiero, in quanto giorno finalmente libero dalle fatiche quotidiane, che ci distraggono dalla maestosità della natura impedendoci di conoscerla.
Il desiderio di conoscenza, il coltivare la curiosità, la voglia di fare nuove esperienze, il cambiare prospettiva: sono le raccomandazioni fatte ai miei figli qualche giorno fa. Il consiglio di viaggiare, ad esempio, se non con il corpo, almeno con la mente, semplicemente leggendo le storie raccontate nei libri da altre persone, che hanno avuto una vita diversa dalla nostra e che per questo guardano alla stessa da un'angolazione differente. Ma anche la lettura di un racconto che assomiglia al nostro, il ritrovarsi in un personaggio che scopriamo esserci vicino e che ci diventa amico e compagno. L'avere di fronte agli occhi, nera su bianco, l'idea che avevamo in mente ma che ancora non riuscivamo a esprimere. L'occasione per dar voce ai pensieri.
Leggere, dunque, ma anche guardare con occhi nuovi, tutti i momenti, quel che abbiamo innanzi: andare oltre l'apparenza, superare gli stereotipi, non conformarsi alla massa, non fossilizzarsi facendo le cose in maniera automatica, ma trovare la novità anche nelle azioni ripetitive, andare costantemente in cerca d'altro, ché questi sono ancora i giorni per essere ricettivi e crescere, mentre ce n'è ancora, di tempo, per specializzarsi.
Fare qualsiasi cosa, perfino mangiare una mollica di pane gustandone ogni particella, con consapevolezza, so bene che questa è un'aspirazione più grande di ciascuno di noi adulto, ma forse non lo è ancora per un bambino per il quale tutto il mondo è ancora una novità e una scoperta.
Contemplare, dunque, e meditare, e conoscere, e avere fantasia, e curiosità. In una parola sola, andare ogni giorno al di là della siepe.
La siepe è quell'ostacolo che abbiamo tutti davanti agli occhi e che non ci permette di vedere, oltre di essa, il resto del mondo. Ma è anche uno stimolo per l'immaginazione, l'ipotesi per andare avanti, per varcare il confine fisico e il limite mentale. Un viaggio interiore, per Leopardi, ma anche la possibilità, per tutti noi, di espandere i nostri orizzonti, per metterci in comunicazione con qualcosa che non conosciamo, ma verso cui fin dalla preistoria dell'uomo ci spingiamo, oltre la nostra frontiera individuale.
Qualcosa più grande di noi, l'ignoto o l'infinito, appunto. Ovvero, la divinità, che è presente, anche in senso laico, nella natura, chi ha fede la chiami pure col nome di creato, ché per me basta la sua bellezza per farmela contemplare con tutta la sacralità e il rispetto che merita. E che Dio stesso volle ammirare, invitando anche noi a farlo, compiuta l'opera della creazione, nel settimo giorno, quello dedicato più che al riposo alla contemplazione, al dialogo e al pensiero, in quanto giorno finalmente libero dalle fatiche quotidiane, che ci distraggono dalla maestosità della natura impedendoci di conoscerla.
Il desiderio di conoscenza, il coltivare la curiosità, la voglia di fare nuove esperienze, il cambiare prospettiva: sono le raccomandazioni fatte ai miei figli qualche giorno fa. Il consiglio di viaggiare, ad esempio, se non con il corpo, almeno con la mente, semplicemente leggendo le storie raccontate nei libri da altre persone, che hanno avuto una vita diversa dalla nostra e che per questo guardano alla stessa da un'angolazione differente. Ma anche la lettura di un racconto che assomiglia al nostro, il ritrovarsi in un personaggio che scopriamo esserci vicino e che ci diventa amico e compagno. L'avere di fronte agli occhi, nera su bianco, l'idea che avevamo in mente ma che ancora non riuscivamo a esprimere. L'occasione per dar voce ai pensieri.
Leggere, dunque, ma anche guardare con occhi nuovi, tutti i momenti, quel che abbiamo innanzi: andare oltre l'apparenza, superare gli stereotipi, non conformarsi alla massa, non fossilizzarsi facendo le cose in maniera automatica, ma trovare la novità anche nelle azioni ripetitive, andare costantemente in cerca d'altro, ché questi sono ancora i giorni per essere ricettivi e crescere, mentre ce n'è ancora, di tempo, per specializzarsi.
Fare qualsiasi cosa, perfino mangiare una mollica di pane gustandone ogni particella, con consapevolezza, so bene che questa è un'aspirazione più grande di ciascuno di noi adulto, ma forse non lo è ancora per un bambino per il quale tutto il mondo è ancora una novità e una scoperta.
Contemplare, dunque, e meditare, e conoscere, e avere fantasia, e curiosità. In una parola sola, andare ogni giorno al di là della siepe.
Cristiano Camera è come un mago. Con i suoi straordinari poteri di fascinazione, che accarezzano l'anima del lettore, lo accolgono nella riflessione più intima, solleticando l'emozione di volgere lo sguardo innanzi tutto dentro se stessi. Bellissimo l'invito ad aprirsi oltre la siepe per lasciarsi catturare dall'armonia della natura e del Creato. Incantevole, quel dolce naufragare di sé oltre l'infinito raccontato con la grazia della purezza. Antonella Laganella
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