Il figlio piccolo si è svegliato dopo un sonno più lungo del solito, ieri pomeriggio. E' corso da me, il viso arrossato e le braccia tese per essere aiutato a salire sul divano, dove ero seduto a leggere un libro di cui ora non importa né il titolo né l'autore, ma la pagina che avevo sotto gli occhi e che parlava del concetto di persona e di prepotenza.
Leggevo, e nel frattempo pensavo a mio fratello, che abita lontano e che ha appena avuto una bambina, e al quale ho detto che per il momento non andrò a trovarlo, "perché - lo avvisato - da ora in poi le tue preoccupazioni saranno tutte per tua figlia e nei primi giorni dovrai riorganizzare la tua vita attorno a lei e non è giusto che pensi a occuparti anche di altri ospiti".
Dunque, tre circostanze concomitanti: mio figlio che arriva e pretende di essere preso in braccio, mentre, grazie a un libro, rifletto sulla prepotenza e sulla persona, e intanto il mio pensiero, che va a mio fratello e alla vita che cambia a causa di una nuova nascita.
La prepotenza di chi chiama alla vita qualcuno, il diretto interessato al quale non si è mai chiesto neanche un parere in merito, del tipo: "Ti va di nascere, di vivere, di soffrire ogni tanto, di essere felice o infelice?". E la prepotenza di chi arriva e senza parlare ti abbraccia senza chiedersi (prima ancora di chiedere) se per caso disturba, ma io lo so che cosa gli passerebbe per la testa se sapesse formulare pensieri neanche troppo complessi, anziché agire per istinto: "Sei tu che per primo mi hai preteso, adesso sono io che pretendo da te attenzioni e cura". Mio fratello, infine, neo genitore, e la sua vita che sta per essere stravolta: i figli, sempre loro al centro di tutto, anche quando siamo lontani, anche quando ci occupiamo di faccende che a loro non interessano per niente, ad esempio il lavoro, chi avrebbe il coraggio, ormai, di lasciarlo per uno più soddisfacente ma con minori garanzie? Oppure, una malattia che ci potrebbe colpire e, nel caso ciò avvenisse, non si penserebbe a guarire soltanto per loro e non per noi stessi, per non lasciare degli orfani?
I prepotenti in questione non sono i soverchiatori, che vogliono che il mondo giri secondo i propri schemi, ma sono persone che possono più degli altri e che soprattutto possono prima degli altri, nel senso stretto del termine 'pre-potenza'.
Al termine di tutta questa divagazione attorno ai termini 'figlio', 'genitore' e 'prepotenza', esce fuori il collante fra questi elementi e che si chiama 'persona'. Si tratta delle particolarità specifiche che compongono ogni uomo e ogni donna e li distinguono dagli altri. Ed è il modo unico di ciascuno di noi di essere qualsiasi cosa: genitore, figlio, studente, lavoratore, eccetera, eccetera, ma per me una persona è anche un qualsiasi animale dotato di una personalità, come un cane, tanto per fare il solito esempio.
La persona è mio figlio che mi viene incontro senza dubitare assolutamente del mio abbraccio; la persona sono io che lascio cadere il libro e gli concedo che mi si riaddormenti addosso; la persona è mio fratello che adesso è padre e, come tale, non so ancora che persona sarà.
La persona è chiunque abbia la prepotenza di essere se stessa. Anche istintivamente, ancora prima di credere in ciò che è oppure fa.
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