Prima di incominciare a raccontarvi questa, vorrei infrangere a metà un tabù e rivelare, se non il nome, almeno il soprannome di mio figlio, quello che si è dato da solo quando ha iniziato a pronunciare le prime parole: Dodokko. Non si tratta quindi di un qualsiasi nickname a uso internettiano ma del vero nomignolo del mio bimbo, quasi un vero nome e comunque sicuramente un soprannome molto autorevole visto che Dodokko si è battezzato, da solo e senza consultare nessuno, con questa parola quando era piccolissimo (d'altro canto, quando è nato, i genitori non gli hanno chiesto se gli piacesse il nome con cui è stato registrato all'anagrafe!). A ogni modo, il lungo preambolo serve soltanto per dire che da ora in poi chi scrive vuole usare il più possibile, anzichè i soliti "mio figlio", "il mio bambino" e via dicendo, "Dodokko".
Dunque, un paio di domeniche fa era una giornata tremendamente afosa, una brutta giornata senza un filo di vento e con grandi nuvoloni neri nel cielo fermo, una di quelle in cui cominci a sudare da fermo, senza che tu stia compiendo il minimo sforzo, in cui il corpo non si raffredda e il sudore non si asciuga e, nonostante la minaccia imminente di pioggia, sai che questa è ben lungi dal cadere. Una giornata così non passa facilmente e allora decidi che, se non arriva il vento a travolgerti quel minimo che basta a rinfrescarti un po', sei tu che devi muoverti, penetrare il muro d'aria e farti vento al contrario, magari camminando alla svelta. E così abbiamo fatto, Dodokko e io: siamo usciti in gran fretta di pomeriggio, subito dopo il sonnellino per andare alla pineta di Castel Fusano a vedere se potevamo incontrare Pippo, un cinghiale femmina dal nome maschile, semi-addomesticato ma soprattutto opportunista, che si avvicina spesso a un bar per ricevere da mangiare da un gruppetto di pensionati.
Dunque, un paio di domeniche fa era una giornata tremendamente afosa, una brutta giornata senza un filo di vento e con grandi nuvoloni neri nel cielo fermo, una di quelle in cui cominci a sudare da fermo, senza che tu stia compiendo il minimo sforzo, in cui il corpo non si raffredda e il sudore non si asciuga e, nonostante la minaccia imminente di pioggia, sai che questa è ben lungi dal cadere. Una giornata così non passa facilmente e allora decidi che, se non arriva il vento a travolgerti quel minimo che basta a rinfrescarti un po', sei tu che devi muoverti, penetrare il muro d'aria e farti vento al contrario, magari camminando alla svelta. E così abbiamo fatto, Dodokko e io: siamo usciti in gran fretta di pomeriggio, subito dopo il sonnellino per andare alla pineta di Castel Fusano a vedere se potevamo incontrare Pippo, un cinghiale femmina dal nome maschile, semi-addomesticato ma soprattutto opportunista, che si avvicina spesso a un bar per ricevere da mangiare da un gruppetto di pensionati.
Nella pineta l'aria era leggermente più fresca, ma era pur sempre quasi irrespirabile. Tuttavia, mentre il cielo diventava ancora più nero, non mancava chi faceva jogging, ragazzini urlanti che si rincorrevano in bicicletta, famigliole con passeggini e marmocchi al seguito. Di Pippo, però, nemmeno una traccia: "Si sarà sentito male con quest'afa", ho detto, e con Dodokko deluso abbiamo ripiegato sulla ricerca di pinoli, che, tra parentesi, in questo periodo sono secchi o marci o vuoti. Ma tant'è e il tempo dovevamo pur riempirlo, quando, accucciati come scimmie che frugano fra ciuffi d'erba, ecco che una saetta nera ci passa davanti per infilarsi nella boscaglia. "E' Pippo", urla Dodokko, " 'colli' papà!"...e in men che non si dica abbandoniamo per terra i pinoli raccolti per darci all'inseguimento del cinghiale, che però, data l'ora, non si dirige verso il bar per mangiare e fa perdere, privo di tatto nei confronti di un bimbo pieno di speranze, le sue tracce.
Dopo affannosi quanto vani tentativi di trovarlo, Dodokko si rassegna alla libertà del suide, ma a quel punto pensa soltanto a voler tornare a casa e così ci mettiamo in cammino, sotto a un cielo da funerale e un'aria che ormai ha perso il suo stato gassoso per acquisirne uno stranamente liquido, più adatto a essere fruito da branchie che da polmoni. Attraversiamo un prato dietro l'altro, una serie di stradine, incrociamo qualche cane e infine un ragazzo che fa ginnastica e che al nostro triste e dimesso passaggio esclama sarcastico: "Che bella giornata!". Io quasi non mi accorgo della battuta, ma Dodokko sì e subito ripete: "Che bella 'giornaaata' !". Non credo alle mie orecchie e gli chiedo di ripetere quella frase. Dodokko la ripete di nuovo e la dice proprio così come ho scritto, con tre 'a' nella parola giornata e un sorriso e una naturalezza talmente spontanei che assieme alla sua bocca spalancano anche il cielo, fanno uscire il sole, rinfrescano l'aria e trasformano una brutta giornata in una meravigliosa, davvero bella giornaaata.
Troppo vero. Dodokko rules.
RispondiEliminaTituzzo per tutto il nostro primo inverno nel nord italia mi svegliava ogni mattina annunciando, "E' un giorno bello e di sole!".
In fondo è tutta una questione di prospettiva, no!?!