Chiamali come vuoi: bimbi-chiave oppure bimbi-agenda, tanto all'origine del problema è sempre la solitudine. I nostri figli sono soli nel tempo libero perchè quello dei genitori è un tempo che viaggia su binari paralleli a quelli su cui transita il tempo dei bambini: linee che non si incrociano mai. Se il lavoro, per gli uni, e la scuola, per gli altri, sono due sfere distinte, accettate e da cui non si può prescindere, non si capisce come mai nel dopo-lavoro e nel dopo-scuola la famiglia non si incontri.
Ecco dunque - ci racconta oggi Repubblica - da cosa e come nascono le categorie di bimbi-chiave e di bimbi-agenda: i primi sono i giovanissimi che, già dalle scuole elementari, sono costretti a diventare indipendenti e che, dopo la scuola, se ne tornano da soli a casa, aprono la porta con la loro chiave e lì aspettano, tutto il pomeriggio e sempre da soli, il ritorno dei genitori. I secondi invece sono i bambini super impegnati, la cui agenda è fittissima di appuntamenti sportivi e artistici, come ballo, nuoto, canto, inglese, ecc., impegni che spesso non sono altro che un pretesto per riempire il tempo, in attesa che la famiglia si ricongiunga a tarda sera.
Come al solito, alle due categorie appartengono classi sociali ben distinte ed è facile intuire come alla prima facciano capo i più disagiati, mentre all'altra i più abbienti. Una delle ragioni per la quale è presente una tale situazione fra i giovanissimi è che nessun genitore oggi, col mondo che c'è, se la sente di lasciare che i figli escano da soli, per frequentarsi fra loro in giardini pubblici, piazzette o nel vecchio oratorio. Quindi, l'unica soluzione spesso è la casa oppure l'impegno programmato.
Chiamali anche, se vuoi, bimbi-teletubbies. Mio figlio è ancora troppo piccolo per andare a scuola e soprattutto per avere le chiavi di casa o per dedicarsi al tennis e al canto. Dopo l'asilo, resta in compagnia dei nonni, pendolari anche loro a causa del lavoro di baby-sitting, fino al rientro di noi genitori a casa, che facciamo salti mortali e piroette per arrivare il più presto possibile. Nel frattempo, Dodokko ha dormito, giocato, visto un po' (spero molto poco) di televisione e fatto merenda. Si è distratto ed è stato in compagnia, è stato impegnato e si è divertito.
Ma a volte succede, al mio ritorno a casa, ciò che è capitato ieri, ovvero che io trovi mio figlio seduto sul divano assieme alla mamma, con il peluche della consolatrice Lala dei Teletubbies sotto a un braccio e il solito pollice sinistro in bocca. Lo sguardo è quello triste di chi, a volte, è senza entusiasmo: un'espressione che non accetto in un bambino di due anni e mezzo. Ho cercato quindi di 'rianimarlo', proponendogli diversi giochi, invitandolo a cucinare insieme e ad andare a comprare il pane sotto casa. Dopo aver fatto quest'ultima scelta, Dodokko è rinsavito ed è tornato a essere il bimbo euforico di sempre. In me, però, è rimasta come un'ombra, quasi un presentimento: ma è mai possibile che, anche quando ci si trova in compagnia, ad un certo punto, come una forza misteriosa, nella nostra coscienza si faccia spazio, fino a prevalere e a impossessarsi di noi, sempre e soltanto la solitudine?
Avendo passato gli ultimi due giorni chiusa a casa con il mio gorilluzzo influenzato, dipingendo, cucinando e leggendo leggendo leggendo insieme non-stop (si, co-sleeping pure, e non solo di notte ma pure per due o tre pisolini al giorno!), questa tua idea mi coglie ad un momento sfortunato.
RispondiEliminaIn questa fase di overdose, mi illumina un pensierino unpolitically correct; che BENEDETTA sia la SOLITUDINE, e pure, fino ad un certo punto, benedetta la malinconia. Non c'è assolutamente nulla di male nel fatto che un bimbo impari che cosa significano entrambi. E che impari a gestirsele - da solo, senza esorcizzarla, negarla o averne paura.
Per tornare a Dodokko però, non è possibile che la sua fosse semplicissima stanchezza..??!?!?