Passa ai contenuti principali

L'etichetta e l'otorino

Vi sono predisposizioni nei bambini che non emergerebbero se non esistesse anche l'humus ambientale e culturale su cui queste possano impiantarsi. Ad esempio, Mozart sarebbe diventato Mozart se fosse nato, anzichè a Salisburgo, fra i Boscimani africani? Magari sarebbe stato un campione dell'archetto che questo popolo suona tenendolo premuto contro la bocca. Ma chi l'avrebbe saputo, da laggiù, nell'Africa australe? E a chi sarebbe importato? E Picasso sarebbe stato Picasso senza un papà a sua volta pittore e insegnante di disegno, che aveva porto matite e colori al suo piccolo fin dalla prima infanzia? E Guernica sarebbe stata realizzata se il pittore andaluso non avesse visto con i propri occhi il risultato dei bombardamenti tedeschi sulla città basca? Credo di no.
Ora mi chiedo: se la nostra amica irlandese Benvon non avesse regalato a Dodokko per la sua nascita una copertina Taggies di pile quadrata, poco più grande di un fazzoletto, con cinque etichette colorate per lato (tot. = 20 etichette), mio figlio sarebbe stato tanto appassionato, com'è a tutt'oggi, di etichette? Probabilmente, quando gli capitava, se le rigirava in mano anche prima della Taggies, ma noi genitori ancora non c'eravamo accorti che, più del peluche che abbracciava o del lenzuolo che lo avvolgeva, ad attirarlo erano le etichette che accompagnavano questi oggetti e che Dodokko teneva strette, quasi nascoste, fra pollice e indice. Con la Taggies, poi, e l'esercizio costante, il talento non poteva che aumentare e a pochi mesi il nostro campione era già in grado di riconoscere l'etichetta vera della sua copertina di pile, quella per intenderci con le indicazioni sul tipo di materiale e il metodo di lavaggio, l'unica che ormai stringeva fra le dita, escludendo per sempre le altre, quelle 'finte' a uso specificatamente ludico. Dopo la passione, dunque, l'abilità!
La copertina un giorno è andata perduta: le cronache raccontano di uno smarrimento su un treno affollato, di cui il sottoscritto sarebbe responsabile, ma di cui chi scrive non ha alcuna memoria. La perdita non ha arrecato né tragedie e né danni cerebrali permanenti su mio figlio e, anzi, è scivolata via liscia come la stessa Taggies, che ora, mi auguro, sarà fra le mani di qualche altro bambino fortunato. Non vi sono state ripercussioni anche perchè siamo circondati da etichette, il mondo ne pullula e queste sono sempre più vistose ed enormi, a volte anche doppie e triple sullo stesso articolo. Onde per cui Dodokko ne ha potuto accarezzare e cingere fra le mani a decine e ovunque si trovasse. E ora, soprattutto nei momenti di sconforto o di noia oppure di stanchezza o, ancora, durante il sonno, non è difficile scorgere il piccoletto con l'etichetta di un pupazzo fra l'indice e il pollice e lo stesso pollice consolatore infilato in bocca. Un equilibrista dell'etichetta!
Un pomeriggio della scorsa estate Dodokko era sul letto con il pollice in bocca e fra lo stesso pollice e l'indice arrotolava l'etichetta consunta del suo peluche preferito, nel tentativo, quel giorno vano, di riuscire ad addormentarsi. Come al solito mi trovavo anch'io al suo fianco nel lettone e dato che era più di un'ora che la tiritera andava avanti, gli chiesi di insegnarmi il metodo dello strofinio dell'etichetta. Lui me lo spiegò, con molta pazienza, devo ammettere, e nei minimi dettagli: c'era una tecnica dietro, nonché una capacità rara. Poi acconsentì a farmi tentare e corresse spesso i miei errori: "Pitì, non pitì" ("Così, non così", ndt), fin quando non fui in grado a mia volta di strofinare l'etichetta nella maniera corretta. Un insegnante rigido e inflessibile, ma anche comprensivo!
Ultimamente la tecnica si è affinata ulteriormente e adesso Dodokko adopera le etichette ben arrotolate dei suoi pupazzi per ispezionare le mie orecchie e il mio naso quando, ormai sempre più frequentemente, mi addormento prima di lui sul lettone matrimoniale. Mentre scava nelle narici e nei labirinti alla ricerca di strane patologie otorinoiatriche, io faccio finta di continuare a dormire finchè non resisto più e mi metto a ridere per il solletico. A volte gli prendo il peluche dalle mani e con l'etichetta gli solletico anch'io naso e orecchie. Ma lui non sta al gioco e non accetta da me un pari trattamento terapeutico. Evidentemente la mia è un tecnica ancora troppo rozza. E soprattutto l'otorino è lui, non io!

Commenti

  1. Scherzosamente fai presente un punto molto interessante per me: le aspettative e i sogni che imbastiamo per il futuro- non solo professionale- dei nostri bimbi, e come loro invece (a parte Mozart & Picasso, poverini!) si inventino le proprie strade.
    Tito è già destinato a divenire il nuovo Mick Jagger nel cuore di babba sua. Il che significa che probabilmente andrà a fare il commercialista.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

La partita sul terrazzo

Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto.  Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog

Coronavirus: il lockdown e le ripercussioni sui figli minori dei genitori separati

Intervista all’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori Riaprire o lasciare tutto ancora chiuso, ripartire insieme oppure a due o a tre velocità: mentre si discute sulle modalità di allentamento del lockdown e su come gestire la Fase-2 nell’ottica di un ritorno graduale alla normalità dopo l’epidemia, diventano sempre più problematici, a causa delle limitazioni agli spostamenti per contenere l’epidemia da coronavirus, i rapporti fra figli minori e i genitori non collocatari all’interno delle famiglie con coniugi separati. Ne parla all‘Adnkronos l’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario della Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori, che sottolinea quanto le misure urgenti adottate dal Governo abbiano inciso sui rapporti fra figli e genitori non collocatari. "Le conflittualità tra ex coniugi si sono intensificate - spiega l’avvocato Laganella - di pari passo con la crescente incertezza sull’interpretazione d

Quando siamo costretti ad ascoltare un racconto sbagliato

Una delle peggiori forme di violenza che può capitarci di subire è il racconto sbagliato di ciò che ci accade. Trovo delittuoso - non ho altri termini per definire qualsiasi tentativo di mistificazione - il voler far passare una cosa per un'altra, appositamente, come se fossi tu a non capire e a non renderti conto di ciò che hai intorno: essere trattato, in una parola, come uno scemo. Sono incapace di tollerare che si scambi la verità con la finzione, non riesco a concepire la possibilità di intercambiabilità dell'una con l'altra, con la prima che diventi falsità e la seconda assurga a Verbo e a voce di Dio o, più semplicemente, a resoconto puntuale. Eppure, sono molti a credere alle chiacchiere, a farsi soggiogare più dal suono delle parole, che ad ascoltarle criticamente, cercando di coglierne il significato. La voce, spesso, ha più peso della sostanza che una frase esprime: siamo più ascoltatori di suoni che di significati. E chi parla, spesso, si sente e si pone su