Per una volta una notizia che riguarda noi: è stata davvero una bella soddisfazione essere presentati su un canale televisivo nazionale a nemmeno due mesi dalla nascita. Lunedì 23 novembre SOS Mammo è stato ospite in diretta della trasmissione 'Cominciamo bene', condotta su Raitre da Fabrizio Frizzi ed Elsa Di Gati. L'argomento è stato quello del papà 'mammo', affrontato in studio dal sottoscritto e da Maurizio Quilici, presidente dell'Isp (Istituto di studi sulla paternità). Salita recentemente alla ribalta delle cronache per le dichiarazioni di Gianfranco Fini, che da Lucia Annunziata ha 'ammesso' di cambiare i pannolini alla figlioletta di un mese, e per la sentenza del Tribunale del lavoro di Firenze, che a una papà ha dato la possibilità di avvalersi di un congedo di paternità di cinque mesi, la questione del 'mammo' è stata trattata, inevitabilmente e comprensibilmente, in maniera superficiale, soprattutto a causa dei tempi ristretti della tv (appena 20 minuti), troppo scarsi per la quantità di argomenti sollevati. D'altro canto lo spazio televisivo dedicato al tema non si era proposto di approfondirlo in modo esauriente, ma soltanto di fare una panoramica, a volo di uccello, su di esso. Per quel poco che mi compete, cercherò allora io, in questa sede, di dire qualcosa di più sulle questioni trattate a 'Cominciamo bene', rifacendomi alla scaletta della trasmissione, sperando nell'intervento costruttivo di qualche lettore e soprattutto confidando, se gli sarà possibile, in quello autorevole di Quilici (che qui invito ufficialmente).
Il primo argomento di cui si è parlato è stato quello della sentenza di Firenze n. 1169 del 16 novembre: per la prima volta un tribunale italiano ha riconosciuto a un papà il diritto ad astenersi dal lavoro per l'intero periodo del congedo di maternità previsto per le mamme dal Testo unico. A casa, dunque, per tutti e cinque i mesi, due dei quali precedenti la data di nascita presunta. L'articolo 28 del Dlgs 151/2001, infatti, riconosce "al padre lavoratore il diritto al congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità", proprio come spetta alla lavoratrice madre. Non solo, nell'emanare la sentenza il giudice si è ispirato al chiarimento del 1987 della Corte costituzionale circa la locuzione "lavoratrice madre", con la quale si deve intendere "madre", non importa se lavoratrice oppure no, poichè il bene da tutelare non è soltanto quello della salute della donna, ma anche quella del nascituro. Per questo anche il padre lavoratore ha un suo "diritto autonomo alla fruizione del congedo di paternità, a prescindere dal fatto che la madre sia stata lavoratrice, e dunque anche dal di lei diritto al trattamento connesso al regolare pagamento dei contributi".
Il caso specifico riguarda infatti una coppia toscana in cui la madre, lavoratrice autonoma, colpita da una importante malattia, non aveva chiesto alcuna indennità all'Inps. A farlo però, aveva pensato il padre, lavoratore dipendente, che ne aveva fatto richiesta all'istituto di previdenza ma che si era visto riconoscere unicamente i tre mesi dopo il parto all'80 per cento della retribuzione. Secondo l'Inps, non solo non c'era alcuna domanda da parte della madre per i due mesi antecedenti la data del parto ma neppure erano stati versati i relativi contributi nella gestione previdenziale di riferimento.
Il secondo argomento ha riguardato il perché del titolo SOS Mammo e del relativo blog. E’ un titolo ironico nei confronti di coloro che mi hanno descritto come un mammo perché, come spiego nella presentazione del blog (qui a fianco), non credo nella distinzione radicale dei due ruoli materno e paterno. SOS Mammo è principalmente un grido di allarme verso chi critica un atteggiamento tradizionalmente considerato materno. Una critica che oggi non ha più motivo di esistere. SOS Mammo non è quindi un confessionale che raccoglie i disagi di chi si sente mamma nonostante la natura lo abbia creato padre. SOS Mammo è il titolo del mio diario sulla mia esperienza di genitore, al principio della quale ho incontrato numerosi detrattori a causa di un comportamento che fin dall’inizio mi è parso invece naturale e che ho sempre considerato tale, anche prima di diventare padre.
Terzo argomento: rischi nella tradizionale divisione di ruoli? Non ne vedo. I ruoli all’interno della famiglia del papà e della mamma sono ormai interscambiabili. D’altro canto, la famiglia rappresenta, in piccolo, ciò che la società è in grande. Se infatti nella società sono auspicabili pari opportunità, per esempio nel mondo del lavoro, fra uomo e donna, queste devono esserlo anche all’interno della famiglia, seppure da un punto di partenza opposto. Farò un esempio: se nel mondo del lavoro la donna ambisce ad avere le stesse opportunità dell’uomo, quest'ultimo nella famiglia chiede sempre di più un coinvolgimento nelle mansioni domestiche e nell’accudimento dei figli. Lo scorso mese è stato pubblicato uno studio della britannica 'Equality and Human Rights Commission' secondo cui non solo le mamme, ma anche i papà desiderano un giusto equilibrio fra ruolo di genitore e carriera. Non si tratta di una rivendicazione scontata, dato che questa ha riguardato da sempre solamente le donne. Mentre le mamme vogliono, giustamente, anche delle soddisfazioni professionali, i lavoratori di sesso maschile vogliono, altrettanto giustamente, anche un appagamento che derivi dall'essere genitori. Il rapporto dell'EHRC 'Padri, famiglia e lavoro' sottolinea come i papà siano "sotto pressione" quanto le mamme nella gestione del lavoro e della vita familiare. Il tempo è la costante dell'insoddisfazione che ne deriva: troppo poco quello dedicato ai figli a dispetto di quello, troppo grande, riservato al lavoro, con un 54 per cento di padri con figli al di sotto dell'anno di età che ritiene di non dedicare abbastanza tempo alla prole.
Quarto argomento: affidamento dei minori in caso di divorzio. Il 20 novembre l'Istat ha diffuso l'annuario statistico 2009 e, riguardo alla crisi delle famiglie, risulta che in caso di divorzio la separazione consensuale è la scelta più diffusa (86,3% dei casi). Nel 2007 aumentano sia i divorzi (2,3%, in totale 50.669), sia le separazioni (1,2%, totale 81.359). Cresce di molto anche l’affidamento condiviso dei figli, pari alla metà dei casi di divorzi (era 28% nel 2006) e ai due terzi per le separazioni; l’affidamento esclusivo alla madre diminuisce: 25,6% per le separazioni (era 58,3) e 46,1 per i divorzi (67,1%).
Quinto argomento: padre amico oppure autorevole? Il padre, a mio avviso deve essere sia amico che autorevole (ovviamente, mai autoritario!). Deve essere un compagno di giochi, un confidente, ma poi e soprattutto successivamente anche qualcuno che mostri di saperne di più, che ha maggiore esperienza e che sia accanto al figlio durante la sua formazione, indirizzandolo e correggendolo, mentre lo conduce verso l'indipendenza. Deve essere soprattutto un amico e un compagno di giochi nei primi anni di vita del figlio. Con la crescita del bambino deve essere soprattutto una guida: ciò non toglie ovviamente che possa restare anche un amico.
Il primo argomento di cui si è parlato è stato quello della sentenza di Firenze n. 1169 del 16 novembre: per la prima volta un tribunale italiano ha riconosciuto a un papà il diritto ad astenersi dal lavoro per l'intero periodo del congedo di maternità previsto per le mamme dal Testo unico. A casa, dunque, per tutti e cinque i mesi, due dei quali precedenti la data di nascita presunta. L'articolo 28 del Dlgs 151/2001, infatti, riconosce "al padre lavoratore il diritto al congedo di paternità per tutta la durata del congedo di maternità", proprio come spetta alla lavoratrice madre. Non solo, nell'emanare la sentenza il giudice si è ispirato al chiarimento del 1987 della Corte costituzionale circa la locuzione "lavoratrice madre", con la quale si deve intendere "madre", non importa se lavoratrice oppure no, poichè il bene da tutelare non è soltanto quello della salute della donna, ma anche quella del nascituro. Per questo anche il padre lavoratore ha un suo "diritto autonomo alla fruizione del congedo di paternità, a prescindere dal fatto che la madre sia stata lavoratrice, e dunque anche dal di lei diritto al trattamento connesso al regolare pagamento dei contributi".
Il caso specifico riguarda infatti una coppia toscana in cui la madre, lavoratrice autonoma, colpita da una importante malattia, non aveva chiesto alcuna indennità all'Inps. A farlo però, aveva pensato il padre, lavoratore dipendente, che ne aveva fatto richiesta all'istituto di previdenza ma che si era visto riconoscere unicamente i tre mesi dopo il parto all'80 per cento della retribuzione. Secondo l'Inps, non solo non c'era alcuna domanda da parte della madre per i due mesi antecedenti la data del parto ma neppure erano stati versati i relativi contributi nella gestione previdenziale di riferimento.
Il secondo argomento ha riguardato il perché del titolo SOS Mammo e del relativo blog. E’ un titolo ironico nei confronti di coloro che mi hanno descritto come un mammo perché, come spiego nella presentazione del blog (qui a fianco), non credo nella distinzione radicale dei due ruoli materno e paterno. SOS Mammo è principalmente un grido di allarme verso chi critica un atteggiamento tradizionalmente considerato materno. Una critica che oggi non ha più motivo di esistere. SOS Mammo non è quindi un confessionale che raccoglie i disagi di chi si sente mamma nonostante la natura lo abbia creato padre. SOS Mammo è il titolo del mio diario sulla mia esperienza di genitore, al principio della quale ho incontrato numerosi detrattori a causa di un comportamento che fin dall’inizio mi è parso invece naturale e che ho sempre considerato tale, anche prima di diventare padre.
Terzo argomento: rischi nella tradizionale divisione di ruoli? Non ne vedo. I ruoli all’interno della famiglia del papà e della mamma sono ormai interscambiabili. D’altro canto, la famiglia rappresenta, in piccolo, ciò che la società è in grande. Se infatti nella società sono auspicabili pari opportunità, per esempio nel mondo del lavoro, fra uomo e donna, queste devono esserlo anche all’interno della famiglia, seppure da un punto di partenza opposto. Farò un esempio: se nel mondo del lavoro la donna ambisce ad avere le stesse opportunità dell’uomo, quest'ultimo nella famiglia chiede sempre di più un coinvolgimento nelle mansioni domestiche e nell’accudimento dei figli. Lo scorso mese è stato pubblicato uno studio della britannica 'Equality and Human Rights Commission' secondo cui non solo le mamme, ma anche i papà desiderano un giusto equilibrio fra ruolo di genitore e carriera. Non si tratta di una rivendicazione scontata, dato che questa ha riguardato da sempre solamente le donne. Mentre le mamme vogliono, giustamente, anche delle soddisfazioni professionali, i lavoratori di sesso maschile vogliono, altrettanto giustamente, anche un appagamento che derivi dall'essere genitori. Il rapporto dell'EHRC 'Padri, famiglia e lavoro' sottolinea come i papà siano "sotto pressione" quanto le mamme nella gestione del lavoro e della vita familiare. Il tempo è la costante dell'insoddisfazione che ne deriva: troppo poco quello dedicato ai figli a dispetto di quello, troppo grande, riservato al lavoro, con un 54 per cento di padri con figli al di sotto dell'anno di età che ritiene di non dedicare abbastanza tempo alla prole.
Quarto argomento: affidamento dei minori in caso di divorzio. Il 20 novembre l'Istat ha diffuso l'annuario statistico 2009 e, riguardo alla crisi delle famiglie, risulta che in caso di divorzio la separazione consensuale è la scelta più diffusa (86,3% dei casi). Nel 2007 aumentano sia i divorzi (2,3%, in totale 50.669), sia le separazioni (1,2%, totale 81.359). Cresce di molto anche l’affidamento condiviso dei figli, pari alla metà dei casi di divorzi (era 28% nel 2006) e ai due terzi per le separazioni; l’affidamento esclusivo alla madre diminuisce: 25,6% per le separazioni (era 58,3) e 46,1 per i divorzi (67,1%).
Quinto argomento: padre amico oppure autorevole? Il padre, a mio avviso deve essere sia amico che autorevole (ovviamente, mai autoritario!). Deve essere un compagno di giochi, un confidente, ma poi e soprattutto successivamente anche qualcuno che mostri di saperne di più, che ha maggiore esperienza e che sia accanto al figlio durante la sua formazione, indirizzandolo e correggendolo, mentre lo conduce verso l'indipendenza. Deve essere soprattutto un amico e un compagno di giochi nei primi anni di vita del figlio. Con la crescita del bambino deve essere soprattutto una guida: ciò non toglie ovviamente che possa restare anche un amico.
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