"Lui ci provava a parlare con Dio, ma la cosa migliore era parlare con il padre e infatti ci parlava e non lo dimenticava mai". Finisce così La strada di Cormac McCarthy, che ho appena letto. Un libro bello e terribile che non consiglio ad alcuno dei miei amici, poichè chiunque conosca è dotato di sentimenti ed è potenzialmente incline alla depressione.
Al centro della storia c'è la strada, che padre e figlio percorrono nel giorno della fine del mondo. Infatti, anche se la trama si sviluppa in uno spazio temporale maggiore di 24 ore, non è possibile parlare di 'domani' in un contesto apocalittico come quello descritto. Non c'è futuro, non c'è speranza e non ci sono nemmeno sogni nel racconto. Genitore e bambino 'sopravvivono alla giornata', eppure vanno avanti sulla strada, perchè fermarsi equivale a morire. Attorno a loro soltanto pericoli, assenza quasi totale di luce, freddo, cenere e distruzione. C'è solamente la strada, fusa e risolidificata, su cui trascinarsi.
E, sulla strada, il dialogo fra padre e figlio, la paura e l'incoraggiamento, la protezione e la cura, la forza (l'ultima) e la debolezza, la malattia e la morte. Infine, qualcosa che va oltre la vita e la fine di essa: il non dimenticare. Forse è proprio questo il mistero, svelato da McCarthy, del senso della nostra esistenza: "Il respiro di Dio è sempre il respiro di Dio, anche se passa da un uomo all'altro, in eterno".
E, sulla strada, il dialogo fra padre e figlio, la paura e l'incoraggiamento, la protezione e la cura, la forza (l'ultima) e la debolezza, la malattia e la morte. Infine, qualcosa che va oltre la vita e la fine di essa: il non dimenticare. Forse è proprio questo il mistero, svelato da McCarthy, del senso della nostra esistenza: "Il respiro di Dio è sempre il respiro di Dio, anche se passa da un uomo all'altro, in eterno".
E' uno strano libro quello di McCarthy. L'ho comperato su consiglio di Cristiano e mi ha subito colpito l'atmosfera coinvolgente e cupa che lo pervade. Tutto sembra perduto eppure si avverte il senso di una speranza. Ho letto poche pagine, ma il testo fila via diritto come la lama di un rasoio e ti afferra subito. Sono proprio curioso di leggere lo svolgersi della storia e continuare a provare quelle sensazioni che mi ha dato all'inizio...
RispondiEliminaCiao, sono contento che il libro ti stia piacendo. Io l'ho trovato deprimente e molto 'statico' nelle prime pagine, senza alcun segno di speranza. Volevo quasi smettere di leggerlo, ma poi, andando avanti, si intravedono delle luci, momentanee, fuori dal tunnel. Luci che - lo sai subito - si spegneranno presto e per sempre, ma che fanno in modo che si delinei il senso del racconto: una speranza disperata, passo dopo passo lungo la strada, un futuro per il quale occorre lottare, per quanto breve e amaro esso potrà essere.
RispondiEliminaMagari ci risentiamo quando lo hai finito, ok? A presto, Cristiano
Cupo, apocalittico, duro. Non è il miglior film che abbia mai visto, ma di sicuro è il più intenso e travolgente. E' The Road, trasposizione cinematografica dello splendido libro di McCarthy. La regia è di John Hillcoat, famoso più per i videoclip girati che per i film diretti, e i protagonisti sono un espressivo Viggo Mortensen nel ruolo del padre e un dolcissimo Smit-McPhee in quello del figlio. Nei panni della madre c'è un'azzeccatissima Charlize Theron che lascia il segno per la fredda disperazione. Raramente i film riescono a trasporre fedelmente in immagine le sfumature descrittive di un libro, ma in questo caso si ha l'impressione che il regista sia voluto andare oltre, lasciando parlare i silenzi dei paesaggi lunari, i volti scavati dei personaggi, la violenza assoluta dei sopravvissuti. Tutto è avvolto dalla cenere e dalla morte, ma, alla fine, si può intravedere una speranza, anche se fragile come un respiro. Un film da vedere, anche se non si è letto il libro, per ricordarci quanto tutto è labile, ma non l'amore di un padre per un figlio.
RispondiElimina