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Mammo? No, grazie! Ma almeno che il genitore sia amico…

Rispondo all’editoriale di Maurizio Quilici dal titolo 'Mammo? No, grazie!' apparso sul numero 4/2009 di ISP notizie.
E’ vero, bisogna anzitutto accordarsi sul significato delle parole: ‘mammo’, così come non piace a Quilici, non è gradito nemmeno a me. Condivido appieno, proprio perché l’ho sperimentato sulla mia pelle, ciò che dice il fondatore dell’Istituto di studi sulla paternità, ossia che “dietro un tono scherzoso che può ispirare persino simpatia, quel termine nasconde un sottile effetto riduttivo o, peggio, dispregiativo. Suggerisce che un uomo non possa fare il padre in modo diverso da quello delle generazioni precedenti se non copiando la madre”. Sacrosanto! E, come spiego nella presentazione del mio blog ‘SOS Mammo!’, è con disappunto e delusione che mi sono sentito spesso etichettare con questa brutta parola da persone che mi conoscono e che spesso si sono mostrate addirittura sconvolte e infastidite quando, nell’osservarmi mentre mi prendevo cura del mio bambino, per loro ho occupato involontariamente spazi tradizionalmente riservati alle madri.
Ma l’ho fatto sempre in maniera del tutto naturale e partendo dalla convinzione – e qui probabilmente mi allontano dal punto di vista di Quilici – che oggi la distinzione 'ruolo materno' - 'ruolo paterno' non sia più attuale in quanto la società in cui viviamo ha spazzato via le peculiarità rispettivamente maschili e femminili di una volta e ai tempi nostri è più giusto parlare di 'ruolo di genitore' in generale, dove sia la mamma che il papà si occupano dei figli allo stesso modo, assieme o a turno. Non voglio però soffermarmi sull’accudimento, oggi condiviso dai genitori e su cui Quilici non ha nulla da ridire, ma concentrarmi sulle funzioni storiche e psicologiche del papà e della mamma che, secondo il presidente dell’Isp, devono essere mantenute: rispetto ai figli, il padre deve avere una funzione ‘normativa’ e non possessivo-protettiva (tipicamente materna) che ne rimanderà a tempo indeterminato l’autonomia. Inoltre, il padre non deve essere troppo permissivo (di solito lo è la madre) e non deve essere un amico, in quanto di ‘amici’ oggi il figlio ne ha fin troppi (oltre, come sempre, alla madre accondiscendente).
Così come sembra anche a me poco realistica l’ipotesi di una famiglia in cui venga ‘sperimentato’ un modello educativo unico e comune in cui la madre riduca il livello di tolleranza e il padre quello della severità, allo stesso modo non credo nel padre come portatore naturaliter di regole, così come non penso che un papà che non pone dei limiti ai figli sia una figura ‘maternizzata’. Di conseguenza, non sono d’accordo sul fatto che l’indistinzione dei ruoli genitoriali conduca necessariamente al risultato di ottenere due madri (o, all’opposto, due padri). Si tratta – e qui vengo al punto che davvero mi interessa in questa discussione – di due genitori, uno di sesso maschile e uno di sesso femminile, al cui genere non è legata per forza una caratteristica educativa, un funzione simbolica e reale, storica o psicologica, naturale oppure progettata a tavolino. Ciò che propongo è una famiglia al cui centro ci sia il bambino e attorno al quale ciascuno dei genitori si relazioni, senza per questo perdere di vista se stesso e né tanto meno l’altro. In un tale nucleo sarà portatore di regole il primo dei genitori che ne avvertirà l’urgenza o semplicemente la necessità, e di carezze e protezione chi dei due avrà la sensibilità di accorgersi subito di questo bisogno. In una società di questo tipo il baricentro si sposterà continuamente verso un genitore o l’altro, ogni qual volta si presenterà una situazione di squilibrio: chi si accorgerà della falla farà da tampone e da contrappeso, cercando di ristabilire l’equilibrio iniziale.
Mi piacerebbe che, in un contesto simile, il confronto fra i due genitori si mantenesse sempre vivo, così come vorrei che essi restassero negli anni i migliori amici dei e per i propri figli: il che non vuol dire che mi auguro che essi siano sempre accondiscendenti con loro, ma solidali e rassicuranti, a volte critici e perfino rimproveranti quando è il caso, così come un vero amico deve essere. Ma ciò che sarà nato nel seno di una sincera e reciproca amicizia – ne sono convinto – porterà i figli ad accettare di buon grado i consigli dei genitori e a ricambiarli, oltre che con l’affetto, anche e soprattutto con la stima. In tutto ciò, in un rapporto di amicizia simile, non può esserci spazio per la parola ‘mammo’, ché qui c’entrerebbe davvero poco o nulla.

Commenti

  1. Dividere in modo così netto i ruoli di padre e madre, come se il bambino non capisse che uomo e donna sono diversi senza fare ricorso a un codice comportamentale artificioso da parte dei genitori, mi sembra una scusante per uomini che hanno sempre trovato più semplice e comodo fare a meno di impegnarsi di più, di considerare il rapporto padre-figlio in modo nuovo, migliore.

    Il padre capofamiglia che porta a casa lo stipendio e detta le regole, a volte mi immagino un figlio che domanda alla mamma: chi è quel tizio antipatico che viene a mangiare e dormire a casa nostra? Abbiamo avuto il femminismo, siamo pronti ora a lavorare sulla rivoluzione del maschio, a combattere per essere mariti e padri nuovi, non solo quelli che dopo il divorzio versano gli alimenti e passano a prendere i figli nel weeend?

    Faccio il tifo per te.

    Raffaele.

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  2. Raffaele, anche molte donne hanno preferito in passato la tradizionale divisione dei ruoli dei genitori. Oggi invece, mi sembra che la tendenza sia quella di prendersi cura dei figli nella stessa misura e con gli stessi e interscambiabili ruoli.
    Non credo ci sia bisogno di rivoluzioni, in quanto è la società, e lo sta già facendo, a dettare l'agenda per il cambiamento. Ci adatteremo...e di buon grado.
    Ciao, Cristiano

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  3. Caro anonimo o anonima che non ti firmi, mi dispiace deluderti, ma la risposta è sì: ho anche allattato. Ovviamente col biberon. Ed è, anche questa, una bella esperienza, per le mamme ma anche per i papà.
    Ciao, Cristiano

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  4. Riguardo questo paragrafo: "Si tratta – e qui vengo al punto che davvero mi interessa in questa discussione – di due genitori, uno di sesso maschile e uno di sesso femminile, al cui genere non è legata per forza una caratteristica educativa, un funzione simbolica e reale, storica o psicologica, naturale oppure progettata a tavolino."

    Hello hello!?! Se non ci sono caratteristiche educative legate al genere, perchè presupporre che i genitori debbano essere uno di sesso maschile e uno femminile? Facciamo una passo oltre, please. Personalmente considero una buona e bilanciata coppia omosessuale altrettando adeguata a fare i genitori che una coppia di stampo etero tradizionale.

    Sarebbe ora di smetterla di limitarci con strutture mentali anacronistiche e inadeguate alla nostra contemporanea umanità, no?

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  5. Cara Velia, lo hai letto l'articolo? O soltanto la parte da te citata? Si parla di ruoli educativi adottati culturalmente dal padre e dalla madre. Figura paterna e materna. E' per questo che ho scritto "due genitori, uno di sesso maschile e uno di sesso femminile", come, oltre tutto, di solito sono.
    Se hai compreso il mio punto di vista, le nostre posizioni non sono neanche troppo lontane fra loro, dato che parlo fino allo sfinimento di ruoli non predeterminati e non legati in alcun modo al sesso.
    Anche io, come te, "personalmente considero una buona e bilanciata coppia omosessuale altrettando adeguata a fare i genitori che una coppia di stampo etero tradizionale".
    Ciao, Cristiano

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  6. "Ho letto il tuo punto di vista. Premetto che essendo mamma e non papà, ed avendo un marito che si occupa di suo figlio quanto me.. spesso mi sono trovata ad essere guardata (sopratutto dalle altre madri) come una moglie/madre degenere che "fa fare" quei compiti al "povero maritino/papino"..
    Premesso questo, concordo piu o meno su tutto ma non sul ruolo di amico del genitore... Credo che sia talmente sottile la differenza tra amico ed amichevole che un genitore potrebbere perdere abbastanza facilmente il suo ruolo di "punto di riferimento" di cui un figlio necessita per trovare il proprio riferimento.. Spero si capisca il mio pensiero, se pur espresso in modo caotico.."

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  7. Cara Elisabetta, il tuo pensiero si capisce e la differenza fra amico e amichevole è enunciata nell'articolo. Non altrettanto il tema del punto di riferimento e su cui dovrò tornare, in quanto esso merita davvero un approfondimento.
    Per ora ti accenno ciò che penso e cioè che l'idea di un papà che dialoga col figlio mi piace. Credo inoltre che un tale esempio sia positivo per il bambino, il quale da grande non potrà mai essere un arrogante e avrà sempre dentro sè un forte senso della democrazia e del rispetto delle opinioni altrui.
    Sono e saranno questi per lui, nati da un'amicizia sincera, i punti di riferimento di sempre...ma ci torneremo.
    Per ora ciao, Cristiano

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  8. .. volevo espandere un attimo sul commentino che ho fatto sul tuo recente blog. Di questi giorni mi ritrovo spesso a pensare a tematiche di "genere", spinta sia da un cliente trans molto carino e intelligente, che da una coppia gay con cui sto diventando molto amica. Leggo Stone Butch Blues e penso a come sia interessante che mio figlio, senza nessuna pressione da parte mia, stia diventando così "maschio" per le definizioni della nostra società.
    Per caso questa mattina ho trovato anche questo articolo sul guardian:
    http://www.guardian.co.uk/education/2009/feb/17/transgenderism-children
    Non avevo intenzione di sembrare polemica, nè darti l'impressione di non aver letto il tuo articolo bene. Per la verità stavo solo reagendo istintivamente a quella persona che ti aveva chiesto se allattavi.
    E poi ovviamente c'è il mio proprio vissuto. Molte volte mi sento appesantita dal dover ricoprire la stragrande maggioranza delle responsabilità genitoriali verso il mio gorilluzzo, facendo la/il mammapapà, o la/il donnauomo.
    Anyway. Un saluto per oggi che anche se fa freddo c'è sempre il sole.

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  9. Cara Velia, grazie allora per la solidarietà nei confronti di quella persona anonima che mi ha chiesto se allatto.
    A presto, Cristiano

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