Passa ai contenuti principali

Lo strano caso della cicogna di Lodi (I indizio: il tiglio)


E' una storia vera e una favola triste quella accaduta qualche giorno fa a Caselle Lurani, vicino Lodi. Ne ha parlato il Corriere della Sera e, sulle stesse pagine, ne ha scritto un commento perfino il poeta Tonino Guerra.
Protagonista di questa storia e di questa favola è una cicogna, anzi un cicogno, morto in circostanze ancora non del tutto chiare, probabilmente per salvare il suo nido e la sua covata, due uova (ma c'è chi dice fossero addirittura tre!), la sua discendenza, la sua prossima generazione di cicogne.
Ora, giornale alla mano, ascoltati alcuni testimoni diretti della vicenda, voglio raccontarvi come sono andate veramente le cose, quali sono state le dinamiche reali dei fatti e, soprattutto, dirvi per ultimo qual è il movente dell'omicidio. Sì, avete sentito bene, dell'omicidio, perché di questo trattasi e non di incidente come vuol farci intendere la cronaca. E voglio anche cogliere l'occasione per invitare i lettori, che abbiano a loro volta sentito parlare della vicenda o abbiano assistito in prima persona ai fatti, a farsi vivi e a dire senza timore ciò che hanno appreso.
Iniziamo dal tiglio, l'albero sul quale una coppia di cicogne aveva nidificato dopo Pasqua. Se osserviamo bene il taglio del tiglio, la cima del tronco, le fronde di foglie attorno alla sommità del fusto, noteremo che la pianta in questione assomiglia più a un palo di legno che a un albero. Senza alcuna chioma rigogliosa, il traliccio è praticamente il piedistallo sopraelevato del nido, essendo stato, con tutta evidenza, potato all'inizio dell'inverno. Un tronco senza rami è come un busto senza braccia e come un collo senza testa: in ogni caso, qualcosa di macabro e di per sé malaugurante. Ma tant'è, la cicogna Elisabetta ne aveva scelta la sommità per stabilirvi il domicilio, per costruirvi la nursery della sua figliata e per crescervi la prole. Era il posto ideale per Elisabetta, l'osservatorio migliore sulla faccia del pianeta, un punto privilegiato da cui poter vedere a 360 gradi ciò che attorno al suo nido accadeva, fra il profumo dolce che le foglie del tiglio avevano cominciato a emanare fin dall'inizio della primavera.
E ciò che era accaduto era stato scorgere il cicogno Clooney, vederlo planare sul nido con le sue ali maestose, accoglierlo senza esitazione: amore a prima vista, direbbe qualcuno, e così fu davvero, perché l'uccello era senza dubbio ciò che di meglio era mai passato da quelle parti negli ultimi tempi. Ma se il tiglio era senza dubbio un ottimo punto d'osservazione, allo stesso modo non era facile non essere osservati per gli stessi Elisabetta e Clooney. E il loro incontro era stato inevitabilmente 'registrato' dagli occhi di un altro cicogno: Teodoro.
Anni prima che questa storia incominciasse, Teodoro aveva corteggiato Elisabetta ma era stato respinto senza appello a causa del suo carattere aggressivo, che a volte sfociava in episodi addirittura violenti. Come quando si era presentato con le piume tutte gonfie e aveva stretto fra le ali robuste la povera Elisabetta, che da un eventuale partner non avrebbe desiderato altro che un po' di dolcezza. Insomma, alla cicogna piacevano i tipi romantici, non i bulletti da due soldi che sapevano soltanto pavoneggiarsi e mostrare i muscoli. Le piacevano di più quelli che la invitavano a cena senza saper celare un certo imbarazzo nel farlo e che magari le portavano, se non un topo, almeno un lombrico da mangiare: un sogno, dunque, d'altri tempi.
Così pensava Elisabetta, fino al giorno in cui conobbe Clooney, il giorno che le cambiò la vita...

Commenti

Post popolari in questo blog

La partita sul terrazzo

Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto.  Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog

Coronavirus: il lockdown e le ripercussioni sui figli minori dei genitori separati

Intervista all’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori Riaprire o lasciare tutto ancora chiuso, ripartire insieme oppure a due o a tre velocità: mentre si discute sulle modalità di allentamento del lockdown e su come gestire la Fase-2 nell’ottica di un ritorno graduale alla normalità dopo l’epidemia, diventano sempre più problematici, a causa delle limitazioni agli spostamenti per contenere l’epidemia da coronavirus, i rapporti fra figli minori e i genitori non collocatari all’interno delle famiglie con coniugi separati. Ne parla all‘Adnkronos l’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario della Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori, che sottolinea quanto le misure urgenti adottate dal Governo abbiano inciso sui rapporti fra figli e genitori non collocatari. "Le conflittualità tra ex coniugi si sono intensificate - spiega l’avvocato Laganella - di pari passo con la crescente incertezza sull’interpretazione d

Quando siamo costretti ad ascoltare un racconto sbagliato

Una delle peggiori forme di violenza che può capitarci di subire è il racconto sbagliato di ciò che ci accade. Trovo delittuoso - non ho altri termini per definire qualsiasi tentativo di mistificazione - il voler far passare una cosa per un'altra, appositamente, come se fossi tu a non capire e a non renderti conto di ciò che hai intorno: essere trattato, in una parola, come uno scemo. Sono incapace di tollerare che si scambi la verità con la finzione, non riesco a concepire la possibilità di intercambiabilità dell'una con l'altra, con la prima che diventi falsità e la seconda assurga a Verbo e a voce di Dio o, più semplicemente, a resoconto puntuale. Eppure, sono molti a credere alle chiacchiere, a farsi soggiogare più dal suono delle parole, che ad ascoltarle criticamente, cercando di coglierne il significato. La voce, spesso, ha più peso della sostanza che una frase esprime: siamo più ascoltatori di suoni che di significati. E chi parla, spesso, si sente e si pone su