Passa ai contenuti principali

Lo strano caso della cicogna di Lodi (II indizio: i funghi)


Il giorno in cui la vita di Elisabetta cambiò, il giorno dell'incontro con Clooney, era arrivato a metà marzo. Il cicogno era di ritorno dall'Africa, dove aveva svernato, e si era presentato all'appuntamento amoroso con il piumaggio già completamente rinnovato. Partito dal Ciad, dove aveva passato la lunga stagione invernale, dopo un viaggio durato poco più di un mese in cui aveva percorso 11mila chilometri a una media di quasi 350 al giorno, il cicogno aveva sorvolato la Nigeria, il Niger, il Mali, il Senegal, la Mauritania, il Marocco, il Portogallo, la Spagna, la Francia, giungendo infine nell'Italia del nord. A parte il breve tratto di Mediterraneo che aveva attraversato fra l'Africa e L'Europa, Clooney aveva sempre volato, anzi planato come un aliante, ad alta quota per sfruttare le correnti d'aria calda e stancarsi il meno possibile. La parte più faticosa del viaggio era stata quella dell'attraversamento del Sahara occidentale, compiuto tutto di un fiato, e quella in cui aveva volato sul mare, in assenza di correnti ascensionali, con la sola forza delle ali.
Ma in realtà per un esemplare come Clooney, che poteva vantare un'apertura alare di ben due metri ed era nel pieno della giovinezza, non vi erano stati grossi problemi durante il viaggio. Anzi, si era presentato da Elisabetta anche con un certo anticipo rispetto al tempo previsto e che normalmente sarebbe occorso per una simile migrazione. In ogni caso, anche la futura fidanzata era anticipo con i preparativi per l'incontro: era giunta in provincia di Lodi una settimana prima di Clooney e si era immediatamente data da fare con l'arredamento del nido sul tiglio il giorno stesso del suo arrivo. Questo nonostante la stanchezza dovuta a un viaggio lunghissimo iniziato in India, nel Rajasthan, proprio al confine con il Pakistan, e che aveva avuto come tappe intermedie territori sconfinati come l'Iran e la Turchia. Poi, superato il Bosforo, la fatica si era alleggerita sempre più man mano che sorvolava l'Europa orientale. Infine, oltrepassata la Slovenia, aveva deviato a ovest e si era diretta in Lombardia.
A Caselle Lurani, Elisabetta aveva scelto quel tiglio isolato, dove già anni prima si era stabilita per trascorrervi i mesi estivi e dove si era svolto lo spiacevole incontro con il rude cicogno Teodoro. Quest'ultimo sapeva che le cicogne, sue simili, sono animali abitudinari e che prima o poi Elisabetta sarebbe tornata nel posto dove una volta aveva già vissuto. Il problema, tuttavia, non era che questo lo sapesse Teodoro, ma che lo sapesse anche il suo addestratore, un noto ornitologo con la passione per le cicogne nonché proprietario del terreno dove sorgeva l'albero. Il dottor Drospir, così si chiamava l'uomo, un po' di giorni prima dell'arrivo di Elisabetta, stranamente aveva passato molto del suo tempo a documentarsi su alcuni funghi che crescono alla base dei tigli. Soprattutto la Fistulina hepatica aveva destato molto il suo interesse e, fatto anomalo, proprio un paio di questi parassiti erano comparsi sul tronco dell'albero. Tuttavia, né il periodo in cui generalmente questi funghi fruttificano, ossia in estate, né il colore, che in questo caso era bianco latte, corrispondevano alle caratteristiche che l'organismo avrebbe dovuto avere...

Commenti

Post popolari in questo blog

La partita sul terrazzo

Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto.  Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog

Coronavirus: il lockdown e le ripercussioni sui figli minori dei genitori separati

Intervista all’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori Riaprire o lasciare tutto ancora chiuso, ripartire insieme oppure a due o a tre velocità: mentre si discute sulle modalità di allentamento del lockdown e su come gestire la Fase-2 nell’ottica di un ritorno graduale alla normalità dopo l’epidemia, diventano sempre più problematici, a causa delle limitazioni agli spostamenti per contenere l’epidemia da coronavirus, i rapporti fra figli minori e i genitori non collocatari all’interno delle famiglie con coniugi separati. Ne parla all‘Adnkronos l’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario della Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori, che sottolinea quanto le misure urgenti adottate dal Governo abbiano inciso sui rapporti fra figli e genitori non collocatari. "Le conflittualità tra ex coniugi si sono intensificate - spiega l’avvocato Laganella - di pari passo con la crescente incertezza sull’interpretazione d

Quando siamo costretti ad ascoltare un racconto sbagliato

Una delle peggiori forme di violenza che può capitarci di subire è il racconto sbagliato di ciò che ci accade. Trovo delittuoso - non ho altri termini per definire qualsiasi tentativo di mistificazione - il voler far passare una cosa per un'altra, appositamente, come se fossi tu a non capire e a non renderti conto di ciò che hai intorno: essere trattato, in una parola, come uno scemo. Sono incapace di tollerare che si scambi la verità con la finzione, non riesco a concepire la possibilità di intercambiabilità dell'una con l'altra, con la prima che diventi falsità e la seconda assurga a Verbo e a voce di Dio o, più semplicemente, a resoconto puntuale. Eppure, sono molti a credere alle chiacchiere, a farsi soggiogare più dal suono delle parole, che ad ascoltarle criticamente, cercando di coglierne il significato. La voce, spesso, ha più peso della sostanza che una frase esprime: siamo più ascoltatori di suoni che di significati. E chi parla, spesso, si sente e si pone su