Amarli senza se e senza ma è il titolo con cui è uscito in Italia Unconditional Parenting, il libro di Alfie Kohn che ho appena finito di leggere. Quello presente nella traduzione italiana, pubblicata da Il leone verde, rappresenta un bel modo di definire l'argomento che vi è trattato, 'l'amore incondizionato', senz'altro meno tecnico e schematico che non nel titolo della versione originale. Il tema è quello di un nuovo approccio educativo da parte dei genitori verso i figli, non più basato sulla logica dei premi e delle punizioni, ma sull'amore e la ragione. Un modo di educare - se ci si pensa - rivoluzionario, perché generalmente le tecniche adottate più o meno inconsciamente da tutti si rifanno al cosiddetto 'comportamentismo'. Ossia, per sintetizzare, a uno schema tipo: mio figlio si comporta bene? Allora lo premio. Si comporta male? Lo punisco. Secondo l'autore americano invece, bisogna superare questi schematismi, con tutta la gamma (ovviamente) di gradi di premi e di punizioni, per approdare a una forma di rapporto in ogni caso basata sull'amore.
Seguendo la logica del comportamentista, è poi da vedere e capire cosa intenda lui per bene e per male e se questo bene e questo male coincidano effettivamente con il bene e il male per il figlio (e non per il genitore). Per chi mette in pratica l'amore incondizionato invece, ossia chi non nega il proprio amore in alcun caso, prevale la domanda: "Perché mio figlio si comporta così?". Un tale genitore cerca, insomma, di indagare le ragioni di un determinato comportamento, ne ricerca l'origine, la radice. Su questa vuole lavorare, perché considera il comportamento come la facciata esteriore, il modo di manifestarsi di un problema, una reazione a uno stato d'animo.
In ogni caso, chi sposa l'amore incondizionato, non priva mai i figli del proprio amore, nemmeno per un istante, nemmeno per la breve durata di una punizione o di un castigo. Neanche per un istante. Egli, infatti, non perde di vista quella che è - e maggiormente conta - la percezione del bambino rispetto alla punizione, il quale, ogni volta che si trovi in questa situazione, si sente trascurato e non amato.
Conta molto di più - dice Kohn - il 'perspective taking', ovvero il mettersi nei panni del figlio e assumere il suo punto di vista. Cosa non facile, soprattutto se si ha che fare, come spesso accade, con genitori che non vogliono e non possono rinunciare alla loro autorevolezza (a volte, all'autoritarismo) nei confronti dei figli e che non sono pronti a fare qualche concessione.
Ma io credo sia una sfida da non farsi sfuggire, nonché una buona occasione per un genitore, quella di adottare 'la tecnica' proposta da Kohn e che consiste, in ultima analisi, nel mettersi ad ascoltare i figli. E capire le loro esigenze, i loro problemi e angoscie. Guardare il mondo il più possibile con i loro occhi.
C'è una bella frase di Jean Piaget che l'autore cita all'inizio del libro e che voglio riferire: "Quanto più prezioso di tutte le regole del mondo è un briciolo di umanità". Penso siano parole e un atteggiamento validi soprattutto se rivolti a dei figli da parte di genitori che desiderano il loro bene.
Ciao Cristiano, anche io penso che ascoltare i figli sia la cosa migliore ed è incredibile quanto, adottando questa prospettiva, la qualità del nostro rapporto con loro migliori: è davvero una rivoluzione; tuttavia mi domando come si fa a mantenere la calma e l'atteggiamento di ascolto quando siamo arrabbiati o abbiamo perso la pazienza. Che son cose che possono capitare più o meno spesso. Che dice Kohn in proposito?
RispondiEliminaA presto ciao.
Kohn ammette di essersi arrabiato anche lui con i propri figli e che è naturale che ciò accada. Ma dice anche che i genitori devono avere la modestia di ammettere questa loro debolezza perfino di fronte ai figli. Non bisogna vergognarsi di dire loro che abbiamo sbagliato a perdere la pazienza. Se ci si arrabbia è meglio fare una passeggiata finché ci passa, per poi ritornare dai prpri figli con uno spirito più costruttivo. Per Kohn, mantenere questo spirito, quello dell'amore incondizionato e dell'ascolto, è anche una scorciatoia per risolvere i problemi, la cui soluzione è altrimenti posticipata se non addirittura evitata in partenza.
RispondiEliminaUn saluto, Cristiano
Non ho ancora letto questo libro, benchè mi incuriosisca molto. Purtroppo non posso comprare tutti i libri che vorrei e questo mese ne avevo altri in lista :-)
RispondiEliminaHo letto attentamente ciò che hai scritto e penso che l'amore incondizionato e il comportamentismo debbano essere correlati per una buona educazione dei figli.E' giusto mettersi al loro livello e anche saper chiedere scusa ai propri figli quando si sa di aver perso invano la pazienza e quando si sa di aver sbagliato (personalmente lo faccio e li sto educando a farlo anche tra loro)...di contro ritengo che, a volte le punizioni. non quelle date arbitrariamente ma quelle "spiegate al bambino" aiutino quest'ultimo a non avere alte aspettative da parte nostra...sempre e comunque.
Non è poi detto che dando una punizioni si ami di meno il proprio figlio o non ci si interroghi sul perchè di un suo comportamento.
Questo è molto soggettivo e sta alla sensibilità di ogni genitore.
Sarebbe fin troppo facile accondiscendere sempre coi nostri figli ma in qualche modo educarli vuol dire "insegnarli a vivere" nel mondo e con gli altri e sappiamo che la vita non è quell'oasi perenne che noi vorremmo crear loro...
Ho scritto troppo?
Scusa...ma mi hai incuriosito :-)
Lo metto nella lista del prossimo mese
R.
Il punto non è che infliggendo delle punizioni non si ami più il figlio, ma ciò che egli percepisce di noi quando lo puniamo. Secondo Kohn, di solito il bambino pensa che non gli vogliamo più bene. Quanto all'educazione, punendoli li educhiamo alla logica delle punizioni.
RispondiEliminaA presto, Cristiano.