Passa ai contenuti principali

Lo chiamarono Gesù Bambino

Lo chiamarono Gesù Bambino, 
esattamente com'è scritto, 
con due nomi: Gesù e Bambino. 
Primo, perché della parola Gesù 
trovavano bello quello strano accento, sulla u.
Secondo, perché il figlio era un bambino 
Un bambino in carne e ossa 
e quindi sulla parola Bambino 
il vero accento dovevano posare.

Gesù Bambino non era figlio di un dio e di una dea, 
ma di un uomo e di una donna neppure immacolati:
il suo papà e la sua mamma erano soltanto innamorati.
Senza grandi qualità e nemmeno troppi peccati,
misero al mondo un figlio nel giorno di Natale.
Un dono, fra i momenti perduti e i desideri ritrovati.
A lui i genitori non augurarono il miracolo 
di guarire il mondo dal male, ma salute e felicità. 
E aggiunsero: "Sii onesto, rispetta il prossimo".

Non gli insegnarono i dieci comandamenti
ma cento consigli gli raccomandarono.
E Gesù Bambino crebbe contento.
Non diventò un dio e nemmeno un re
ma un uomo capace di amare e di commuoversi. 
E di sorridere, perfino quando provava dolore.
I suoi genitori non ne desiderarono mai il sacrificio
perché amavano il figlio, a tal punto che quando stava male 
era come se sul fianco ricevessero una coltellata.

In simili occasioni cercarono più volte di prenderne il posto
ma loro erano fatti di carne e non di materia divina.
E quel baratto sulla croce, dio con l'uomo, 
a loro mai riusciva.

Infine, rimasero soddisfatti così
nelle loro vesti di gente semplice e finita
Persone umane, che almeno tentavano 
di essere felici.  (2010)

Commenti

  1. Caspita, che bella! In pieno spirito natalizio, eh? :-)

    RispondiElimina
  2. Diciamo, piuttosto, nel mio, del tutto peculiare, spirito natalizio.

    RispondiElimina
  3. E in effetti, se uno crede sul serio, deve fare i conti anche con questo bimbo, questa mamma e questo papà in carne e ossa, con gioie e dolori umanissimi. Probabilmente, per tanti, è proprio questo ciò che rende queste figure così alte. Eppure mi domando sempre: non si sarebbe potuto fare diversamente?

    RispondiElimina
  4. E anche se uno non crede, deve fare i conti con questo bimbo, questa mamma e questo papà: le cose vanno diversamente, sempre, per la gente fatta così.

    RispondiElimina

Posta un commento

Post popolari in questo blog

La partita sul terrazzo

Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto.  Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog

Coronavirus: il lockdown e le ripercussioni sui figli minori dei genitori separati

Intervista all’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori Riaprire o lasciare tutto ancora chiuso, ripartire insieme oppure a due o a tre velocità: mentre si discute sulle modalità di allentamento del lockdown e su come gestire la Fase-2 nell’ottica di un ritorno graduale alla normalità dopo l’epidemia, diventano sempre più problematici, a causa delle limitazioni agli spostamenti per contenere l’epidemia da coronavirus, i rapporti fra figli minori e i genitori non collocatari all’interno delle famiglie con coniugi separati. Ne parla all‘Adnkronos l’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario della Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori, che sottolinea quanto le misure urgenti adottate dal Governo abbiano inciso sui rapporti fra figli e genitori non collocatari. "Le conflittualità tra ex coniugi si sono intensificate - spiega l’avvocato Laganella - di pari passo con la crescente incertezza sull’interpretazione d

Quando siamo costretti ad ascoltare un racconto sbagliato

Una delle peggiori forme di violenza che può capitarci di subire è il racconto sbagliato di ciò che ci accade. Trovo delittuoso - non ho altri termini per definire qualsiasi tentativo di mistificazione - il voler far passare una cosa per un'altra, appositamente, come se fossi tu a non capire e a non renderti conto di ciò che hai intorno: essere trattato, in una parola, come uno scemo. Sono incapace di tollerare che si scambi la verità con la finzione, non riesco a concepire la possibilità di intercambiabilità dell'una con l'altra, con la prima che diventi falsità e la seconda assurga a Verbo e a voce di Dio o, più semplicemente, a resoconto puntuale. Eppure, sono molti a credere alle chiacchiere, a farsi soggiogare più dal suono delle parole, che ad ascoltarle criticamente, cercando di coglierne il significato. La voce, spesso, ha più peso della sostanza che una frase esprime: siamo più ascoltatori di suoni che di significati. E chi parla, spesso, si sente e si pone su