I due ragazzi poco più che bambini si sono baciati, ieri, sul treno, nel giorno di San Valentino. Una rosellina sbiadita e che sembra sporca è sistemata in terra, accanto a uno zaino, fra i piedi di lei. I suoi occhi ogni tanto si guardano attorno, un vezzo, una puerile vanità, in cerca di qualche passeggero che la stia spiando. La luce è diffusa, non c'è spazio per le ombre nello scompartimento e il tempo scorre come sempre: un viaggio, una continuità dal passato al presente che è già un tuffo nel domani.
Mi tornano in mente tutt'altre parole sulle tele del Caravaggio, i giochi di ombra e di luce, il cronometro che si ferma dove è presente il fascio luminoso e tutt'intorno il silenzio, il buio, il vuoto che è assenza di tempo. Penso a situazioni diametralmente opposte, nelle quali l'istante corrisponde alla bellezza 'immortalata', nel senso più stretto del termine, da un raggio di luce. Il resto del mondo reso inutile, superfluo, addirittura inesistente. Più nero della notte. Il passato dissolto e il futuro che cosa è mai, chi desidera conoscerlo in questo preciso momento?
Penso a un treno finalmente fermo. Soltanto il presente, l'istante e la sua eternità contano. L'infinità di un momento che non torna ma che a volte è capace di rifarsi vivo quando meno te lo aspetti. Come in un ricordo improvviso che si affaccia nel breve tempo di un viaggio e che nasce con il pretesto di un'occhiata casuale.
E poi, sono già arrivato. Una voce alle mie spalle, un telefono che squilla, un colpo di tosse, qualcuno che si avvicina, un altro che se ne va. I due ragazzini che scendono anche loro, confusi, persi nella folla.
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