Passa ai contenuti principali

Indipendenza


A lui va di sentirsi in compagnia ed è felice così. Anch'io provo lo stesso sentimento e poi la cosa non disturba ulteriormente il mio già labile sonno. Così, dopo un'interruzione, di un anno e mezzo, di questa abitudine, mio figlio è tornato a dormire con me. Qualcuno - lo so già - inorridirà al pensiero che un bambino di quasi cinque anni, anziché trascorrere la notte nel suo letto, la passi in quello del suo papà: le conseguenze sulla sua indipendenza, per molti, potrebbero rivelarsi addirittura 'irreparabili'.
Torno con la memoria a tutti i discorsi ascoltati su questo tema fin da quando Dodokko era neonato, agli avvertimenti secondo i quali, se non lo avessi lasciato "il più spesso possibile dormire e giocare da solo", non avrebbe sviluppato la propria autonomia e indipendenza. Ricordo anche una coppia di genitori che aveva deciso di far dormire il figlio appena nato non soltanto nella sua culla, ma addirittura in un'altra stanza: "Per accrescerne l'indipendenza - dicevano - e per salvaguardare la nostra intimità e la nostra privacy". Dagli occhi e dalle orecchie indiscrete di un neonato? Bah, la cosa, come minimo, mi suona decisamente surreale. 
Ovviamente - chi mi conosce lo sa - sono critico rispetto a questo eccesso di cautele e a questa ansia di trasmettere l'indipendenza a un bambino. Lo sono per una ragione logica, per una ontologica e una più sostanziale, esistenziale per la precisione. Già il termine 'indipendenza' è contraddittorio, con il suo prefisso 'in' che indica contrarietà e che rimanda costantemente al suo opposto, alla dipendenza. Questa parola non regge, non sta in piedi senza il riferimento e la negazione continua del suo opposto. In altri termini, non è affatto indipendente. 
Ma è l'accezione ontologica, alla quale si riferisce pretenziosamente questo vocabolo, a essere ancora più sorprendente, illusoria e ingannevole, dal momento che nessuna cosa è indipendente, né tanto meno lo sono gli uomini, né a maggior ragione possono esserlo i bambini. Si cerca di fare, fin dalla sua nascita, del fanciullo un adulto indipendente e dimentichiamo che spesso anche l'ultimo giorno che viviamo lo passiamo attaccati a una flebo, da cui dipendiamo, sul letto di un ospedale. Lo stesso vocabolo 'indipendenza' rievoca non soltanto, come già detto, il fantasma della dipendenza, contro la quale guerreggiamo dal giorno stesso in cui veniamo al mondo, ma anche il riferimento inevitabile alla pendenza, ossia all'essere appeso ovvero al peso e alla forza di gravità. 
La forza di gravità, appunto, dalla quale non possiamo prescindere. Sicché l'indipendenza, come l'autonomia, è una condizione impossibile per gli esseri umani, sia sul piano logico che ontologico. E, come anticipato sopra, da questi due piani mi sposto adesso su quello esistenziale: perché questa voglia di creare indipendenza in maniera tanto prematura? Come mai non si attende che la mela si stacchi dall'albero da sola e invece la si raccoglie quando è ancora acerba? Che cosa vogliamo lasciarci alle spalle, quali errori abbiamo commesso in passato e non vogliamo che i nostri figli ripetano? Da quando esiste tutta questa fretta di correre, di sbrigarsi, di voler far crescere prima? Esigenze di mercato - azzarderei, pensando alla succitata mela -. Mi sembrano, tutte queste, domande giuste da porsi e che mi vengono in mente se rifletto sul desiderio di voler rendere indipendenti i figli. Ma non è che - ipotizzo -, per caso, sono gli adulti ad aver bisogno dell'indipendenza più rapida possibile dei figli per ottenerne, essi stessi, una da loro, per affrancarsene? 
Non ho risposte soddisfacenti per tali quesiti e so soltanto ciò che ho imparato da mio padre. Ossia che i figli vanno sempre salvaguardati, tutelati e protetti finché esistono i genitori. E' questo ciò che fanno padre e madre per tutta la loro vita: si prendono carico, al posto dei figli e più che possono, dei problemi e tacciono ogni sofferenza e ogni preoccupazione di fronte a loro. Resta per molti il rischio che, facendo così, si ritardi la loro crescita, così come la loro corsa verso l'indipendenza. Ma questo è un argomento che, come già detto, non mi convince: infatti ci sarà tempo, per i figli, di avere preoccupazioni e problemi propri in quantità. Tempo a volontà per le dipendenze che ciascuno di noi possiede e da cui cerca per tutta la vita di liberarsi.

Commenti

Post popolari in questo blog

La partita sul terrazzo

Il muretto sarà alto un metro e mezzo al massimo. È per questo che il pallone con cui giochiamo a calcio sul terrazzo è sgonfio. Perché non rimbalzi troppo, con il rischio che vada a finire di sotto e colpisca qualcuno di passaggio. È pur vero che di persone ne passano poche sotto casa in questi giorni e comunque è capitato, alcune volte, che la palla finisse in strada. È andata sempre bene, per fortuna. Il pallone che usiamo per giocare sul terrazzo non lo abbiamo sgonfiato apposta. È bucato. Lo aveva morso il nostro cane Spot a Villa Borghese, qualche tempo prima che ci chiudessero tutti in casa. Non so perché non lo avessimo buttato via subito, quel giorno. Adesso in ogni caso ci serve, per il motivo che ho detto.  Il terrazzo non lo abbiamo mai frequentato prima del coronavirus, i miei figli non c'erano mai stati. È uno di quei posti che appartengono a tutti i condòmini e che, proprio per questo motivo, non sono di nessuno, perché nessuno ha bisogno di andarci e tutti vog

Coronavirus: il lockdown e le ripercussioni sui figli minori dei genitori separati

Intervista all’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori Riaprire o lasciare tutto ancora chiuso, ripartire insieme oppure a due o a tre velocità: mentre si discute sulle modalità di allentamento del lockdown e su come gestire la Fase-2 nell’ottica di un ritorno graduale alla normalità dopo l’epidemia, diventano sempre più problematici, a causa delle limitazioni agli spostamenti per contenere l’epidemia da coronavirus, i rapporti fra figli minori e i genitori non collocatari all’interno delle famiglie con coniugi separati. Ne parla all‘Adnkronos l’avvocato Antonella Laganella, giudice onorario della Corte d’Appello di Campobasso, sezione minori, che sottolinea quanto le misure urgenti adottate dal Governo abbiano inciso sui rapporti fra figli e genitori non collocatari. "Le conflittualità tra ex coniugi si sono intensificate - spiega l’avvocato Laganella - di pari passo con la crescente incertezza sull’interpretazione d

Quando siamo costretti ad ascoltare un racconto sbagliato

Una delle peggiori forme di violenza che può capitarci di subire è il racconto sbagliato di ciò che ci accade. Trovo delittuoso - non ho altri termini per definire qualsiasi tentativo di mistificazione - il voler far passare una cosa per un'altra, appositamente, come se fossi tu a non capire e a non renderti conto di ciò che hai intorno: essere trattato, in una parola, come uno scemo. Sono incapace di tollerare che si scambi la verità con la finzione, non riesco a concepire la possibilità di intercambiabilità dell'una con l'altra, con la prima che diventi falsità e la seconda assurga a Verbo e a voce di Dio o, più semplicemente, a resoconto puntuale. Eppure, sono molti a credere alle chiacchiere, a farsi soggiogare più dal suono delle parole, che ad ascoltarle criticamente, cercando di coglierne il significato. La voce, spesso, ha più peso della sostanza che una frase esprime: siamo più ascoltatori di suoni che di significati. E chi parla, spesso, si sente e si pone su