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Il ritorno


Ancora sulla felicità, sono su questa scia di riflessioni in questi giorni.
Credo che questa non sia altro che il ritorno presso qualcosa che abbiamo conosciuto una volta e che abbiamo creduto bello o che oggi ricordiamo come tale. È chiaro, per essere felici non cerchiamo necessariamente di tornare negli stessi posti che abbiamo visto da bambini o di assaporare gli identici gusti di un tempo. Tutto è cambiato, lo sapevamo già, e forse quei luoghi non esistono più. Ma per quanto ce ne siamo allontanati, l'infanzia resta un paradigma, un punto di riferimento costante per tutta la vita.
'Autenticità', è questa la parola che mi viene in mente quando penso al desiderio di voler tornare alle cose che da piccoli ci hanno resi felici. Tuttavia, quanto è poco credibile, da adulti, questa parola: da bambini - potremmo obiettare - era più o meno tutto ovattato, che ne sanno i ragazzini di ciò che è autentico? La realtà, e lo scontro con essa, è quella che viviamo noi, non la loro, e questa è l'unica cosa autentica, non il miraggio di un paradiso perduto.
Ecco perché è tanto difficile raggiungere la felicità cercando di far ritorno al mondo dell'infanzia: quel posto non è mai esistito veramente e ce lo siamo costruito giorno dopo giorno mentre diventavamo adulti, man mano che gli anni sono passati. La vita è diventata sempre più dura oppure siamo noi che abbiamo acquisito una coscienza che prima non avevamo e oggi abbiamo capito, finalmente, ciò che davvero conta...che indugiare presso i giochi non aveva senso e che la fantasia non ha nulla di costruttivo.
Eppure, è proprio lì che i bambini si sentono a casa, molto più che fra le mura domestiche. Negli scenari fantastici dei loro giochi si sentono felici. E poi, col tempo, dopo la perdita dei loro mondi immaginari, finiscono per confondere fantasia e realtà e ricordano come qualcosa di reale quel che avevano solamente immaginato. Non c'è differenza, in questo, fra l'adulto che adesso crede in un passato realmente accaduto, e il bambino che, mentre gioca, pensa che la realtà che ha appena inventato sia vera.
Non è altro che questo la felicità: un frutto della fantasia, il ritorno a un passato immaginario nel quale crediamo ancora, oggi come allora, e che, per un po' di tempo, ci ha fatto stare bene.

Commenti

  1. E se non fosse il ritorno ad un luogo e un tempo passati? Se fosse invece il ritorno ad un modo di sentirsi al mondo, vivi ed entusiasti, com'è appunto quello dei bambini? Ed è chiaro che c'è un tempo per tutto ed appunto i bambini son bambini e gli adulti sono adulti (perlopiù) ma ogni tanto accade che adottiamo davvero il loro punto di vista e veniamo "contagiati" dalla loro felicità; dura poco e il ricordo si confonderà, col tempo, ma la felicità (come "modalità esistenziale") avrà occupato un altra tessera in quella specie di mosaico in continua costruzione che è la mente dei nostri bimbi. E anche nella nostra, tutto sommato.

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