Si è svegliato ed è andato a sedersi
di fronte alla sua ciotola di latte.
Senza salutare nessuno.
Il bambino ha guardato la tazza
a lungo prima di bere un sorso.
Tutt'intorno voci
che pretendono di essere ascoltate.
Altre voci che negano e che vogliono
anche loro il proprio spazio.
Tutto lo spazio.
Tutto lo spazio.
Voci e ancora voci
di un egoismo scontato.
Che non è quello di chi
tiene soltanto a se stesso,
ma di chi è convinto di non avere avuto.
E ora vuole, vuole solo per sé:
una compensazione, una rivalsa, una dimostrazione.
E in mezzo quel silenzio.
E quella domanda altrettanto scontata
che in cucina precipita come un fulmine:
"Perché non saluti, la mattina?". (2013)
"Perché prima ho da rifar pace col mondo" risponderei io che la mattina sono così. E mi dispiace sdrammatizzare su questa poesia (bellissima come quelle che l'hanno preceduta) ma mi è venuta spontanea la risposta. Siamo, quelli che non salutano la mattina, appesantiti dalla vita, difficili a prenderla col sorriso e ogni mattina è uno sforzo che si ripete. Chi ci sta attorno non ne è particolarmente entusiasta. Pazienza: abbiamo altri pregi (si spera).
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