Stamattina ho fatto una passeggiata in qualche modo lontana dalla realtà. Per riprendere un discorso appena detto e che riguardava le maree, il paesaggio stavolta era apparentemente fermo e sapeva infondere una pace insolita. In una giornata normalmente lavorativa, le persone nel parco erano poche e le poche che c’erano viaggiavano senza fretta e, mi pareva, senza una destinazione precisa, chi da sole, chi in compagnia di qualche altra persona o di un cane o dei propri pensieri, eventualmente espressi in silenzio, solamente a se stessi.
Gli alberi che incorniciavano il viale per il quale mi sono incamminato sembravano addirittura pendere sul terreno nel quale, al contrario, sono piantati. Sembravano creature che fossero state risparmiate, e che dunque potevano farne a meno, dalla forza di gravità: pur senza muoversi, né ondeggiare, la mia impressione è che galleggiassero sulla terra. Se è vero che la gravità sul nostro pianeta è un’elemento imprescindibile, a volte è sufficiente un’assenza, o un’insieme di assenze, per creare una condizione che, almeno idealmente, si avvicina a questa idea di assoluta leggerezza. Un’assenza di vento, tanto per cominciare, una inaspettata mancanza di fretta, un paio di ore di libertà, la fine di un’ansia, un incubo da cui ci si è appena risvegliati e che adesso è dissolto.
Ho approfittato di qualche ora di libertà per passeggiare fra i viali di un tempo, guardando in faccia persone, animali e oggetti che non conoscevo personalmente, ma che tuttavia ho saputo riconoscere. Il processo che porta alla conoscenza delle cose, e delle persone, viaggia per analogie: non c’è spazio per la matematica o per le equazioni nei rapporti interpersonali, né in qualsivoglia relazione umana, anche se c'è chi ne fa uso e in questo metodo ripone una fiducia estrema. C'è, al contrario, un riferimento costante a noi stessi, un confronto continuativo con casi simili di nostra conoscenza, con le nostre esperienze precedenti, alle quali rapportiamo qualsiasi novità.
E anche qui, non so veramente quanto le novità in generale possano veramente essere considerate tali, dato che fondamentalmente percepiamio il mondo attraverso i nostri sensi, quindi sempre e soltanto in maniera esclusivamente soggettiva, riferendoci sempre a qualcosa di già noto. La signora con il cane che ho incrociato soltanto per un attimo non era esattamente quella che ho conosciuto tanti anni fa, così come il tronco cavo del grande platano che ho visto non è lo stesso albero che ho conosciuto in passato e che seppi essere stato sventrato da un fulmine. Adesso le chiome dei pini sono popolate da pappagallini anziché da passerotti, tuttavia la sostanza non cambia e sia il cinguettio degli uni, così come quello degli altri, è possibile udirlo soltanto se tutt’intorno c’è un minimo di silenzio. Allo stesso modo, sia la signora, che il cane, che il platano, ma anche il bambino che pedala sul suo triciclo o la persona che corre per dimagrire sono analogie e paradigmi indispensabili: riferimenti, rimandi della memoria, categorie. Oltre a essere, ovviamente, entità soggettive, ciascuna con un'identità unica e irripetibile e dunque sconosciuta e inconoscibile fino in fondo o, per lo meno, oggettivamente.
Ma torniamo alla quiete di una camminata in un viale alberato dove non soffia il vento e dove la parola “fretta" sembrerebbe non essere mai stata pronunciata. Ci hanno raccontato che nessun uomo è un'isola e credo che questo sia vero. Però penso anche che al massimo possiamo definirci come dei piccoli arcipelaghi, oltre questo non andiamo. Gruppi di isole misconosciute o quasi, separate fra loro da tratti di mare difficilmente navigabili. Dal punto più alto dell'isola possiamo scorgere lo scoglio che abbiamo di fronte, ma più di questo, oltre a uno sguardo da lontano o d'insieme e, in ogni caso, sempre e soltanto tridimensionale, non riusciamo a offrire o a ottenere. Semplicemente perché chi si trova all'esterno resta fondamentalmente un estraneo. Almeno quanto lo spettatore che, pur immedesimandosi col personaggio principale, non solo non riuscirà mai a oltrepassare lo schermo, ma non sarà mai come lui, anche altrove.
Forse è stata soltanto questa piccola e momentanea consapevolezza, inaspettata come una luna che sorgesse nel breve spazio di una passeggiata mattutina, a rendere più leggera una giornata e a far ritirare la marea del giorno prima.
P.S. Li scrivo qui, questi pensieri sulle maree, perché questo è un posto che non dimenticherò e di cui non perderò traccia.
Un luogo che un giorno potranno frequentare anche i miei figli.
Mi hai fatto pensare alla frase di un libro che cito nel mio post:
RispondiElimina“Certe volte penso che l'idea che la mente di una persona sia accessibile a quella di un'altra è soltanto una finzione verbale, un modo di dire, un'ipotesi che fa sembrare plausibile una specie di scambio tra creature fondamentalmente estranee, quando invece il rapporto tra due persone è, in ultima analisi, insondabile.“
http://www.babbonline.blogspot.it/2014/04/booknomination.html