Già il fatto di aver dovuto prendere un antistaminico preventivamente, cioè prima di trascorrere una giornata di svago in campagna, mi suona come un controsenso: nessuno infatti mi ha obbligato, domenica, ad andare a raccogliere le fragole insieme ai miei figli, ma l'ho fatto perché mi piaceva l'idea di stare all'aria aperta e quindi ho assunto un farmaco per stare a 'contatto con la natura'.
E per stare a contatto con la natura, e per raccogliere la frutta, abbiamo pagato un biglietto ciascuno, mentre io sapevo che, chi aiutava i contadini nella raccolta, era pagato per farlo oppure otteneva una parte del raccolto, di certo non era lui stesso a dover pagare. Vabbe', le fragole ce le siamo mangiate tutte e ce ne siamo portate tante anche a casa, e poi ci hanno dato i panini. Però, stona lo stesso questo fatto di dover pagare per lavorare (anche se, d'accordo, molto, molto poco).
C'era un traffico per andare in campagna, perché la strada che abbiamo fatto è in gran parte la stessa che porta al mare! E tutti gli automobilisti hanno dovuto soffrire il caldo e stancarsi tanto per godere soltanto di qualche ora di brezza marina.
Lungo la consolare c'erano anche delle prostitute, con delle facce felici e rilassate, e per niente smarrite: appoggiate ai bordi della strada, sembravano delle turiste già abbronzate, che erano lì soltanto per prendere il sole. E' senz'altro merito della loro professionalità, che impone lo sguardo sicuro di sé e, più che provocante, ai limiti del provocatorio, e che deve comunicare sicurezza, felicità e benessere, se non si notava il disagio normale dello stare al caldo fra i tubi di scappamento. E questo poi dev'essere soltanto il lato meno brutto della giornata-tipo di questa categoria di lavoratrici, il peggio infatti credo venga poi, quando l'attesa del cliente è finita e, dopo una finta trattativa, si giunge al dunque. E non voglio spingermi a parlare di tratte o di sfruttamento, né del desiderio semplice, anche per loro, di andare al mare. Lasciamo perdere anche questo.
Qualche giorno prima di domenica, sono andato al funerale del papà di un mio amico e anche lì mi si è presentata una contraddizione, sicuramente la più evidente fra quelle raccontate finora. Non avevo conosciuto la persona che è morta, ma sapevo che almeno 14 anni fa aveva subito un trapianto di cuore. Aveva sofferto molto, aveva avuto molti ricoveri, faceva una terapia antirigetto debilitante, con tutti gli inimmaginabili annessi e connessi. Il figlio invece soffre di depressione e da due anni almeno si era fatto sentire sempre più poco. L'ho rincontrato al funerale e gli ho detto di farsi coraggio e di essere forte. Mi ha risposto: "Non ce la faccio. Non ce la faccio". Gli ho detto, con la voce che mi si strozzava in gola: "Fallo almeno per tuo padre". Ancora una volta: "Non ce la faccio".
Me ne sono andato dalla chiesa quasi di corsa, senza più girarmi verso di lui e soltanto con questo pensiero in testa: che uno che voleva vivere è morto, mentre uno che è vivo vorrebbe morire.
I problemi cardiologici sono spesso ereditari: se il tuo amico dovesse ammalarsi, come reagirebbe? Ubi maior minor cessat: con tutto il rispetto per i malati di depressione, ho visto tantissime persone sofferenti augurarsi la morte per poi tirar fuori un'istinto di sopravvivenza sorprendente quando se la sono vista difronte.
RispondiEliminaLe fragole sono bellissime ma non è giusto pagare per lavorare, mai.
Alle prostitute che hai visto, permettimi di dedicare un pensiero in musica.