Eri ancora piccolo, avrai avuto quattro anni, e un giorno ti arrabbiasti per un motivo che ora non ricordo e mi dicesti, perentorio: "Non ti voglio più bene".
Pronunciasti la tua frase in un momento di rabbia e per un motivo probabilmente futile, ma che allora doveva apparirti come la ragione più importante del mondo, e sono sicuro che lo fosse, dato che le ragioni ci appartengono e possono essere grandi o piccole, come e quanto lo decidiamo noi.
Ma lì per lì sorrisi e sdrammatizzai abbracciandoti e ingaggiando con te una finta lotta, dalla quale saresti uscito vincitore, come sempre. Cinque minuti dopo, infatti, eri di nuovo felice. E forse avevi già dimenticato il nostro litigio e la tua decisione di non amarmi più.
Pronunciasti la tua frase in un momento di rabbia e per un motivo probabilmente futile, ma che allora doveva apparirti come la ragione più importante del mondo, e sono sicuro che lo fosse, dato che le ragioni ci appartengono e possono essere grandi o piccole, come e quanto lo decidiamo noi.
Ma lì per lì sorrisi e sdrammatizzai abbracciandoti e ingaggiando con te una finta lotta, dalla quale saresti uscito vincitore, come sempre. Cinque minuti dopo, infatti, eri di nuovo felice. E forse avevi già dimenticato il nostro litigio e la tua decisione di non amarmi più.
Ma tu sapevi davvero cosa mi avevi appena detto? Ovviamente no, a quell'età non potevi. Probabilmente nemmeno oggi sai cosa sia il bene e anch'io, a dire il vero, non so molto dell'amore. L'amore, infatti, non è una cosa da sapere, ma un sentimento, qualcosa che si prova. Forse è anche lui un senso, come i cinque canonici di cui disponiamo, ma rispetto a questi funziona all'incontrario. Infatti, ci accorgiamo maggiormente di amare qualcuno quando questa persona non c'è. O quando abbiamo timore di perderla - che è poi la stessa cosa -, di sentirne l'assenza, un vuoto incolmabile e duraturo.
L'amore è un sentimento e non una cosa da sapere, ma è anche un atto pratico. Non serve a nulla amare qualcuno e non fare niente per lui. Altrimenti, stiamo parlando di amore teorico, non voglio dire 'platonico': un sentimento che ha poco senso, almeno quanto la sua conoscenza asetticamente astratta.
L'amore è la serie di gesti che compiamo per qualcuno, azioni che a volte possono andare anche contro il nostro stesso interesse. Ed è perfino l'accettare che chi amiamo compia delle azioni contro di noi. Ad esempio, il giorno che mi dicesti di non volermi più bene avrei anche potuto crederti e prendere per buona questa tua decisione: infatti, io non ti amo per guadagnarmi il tuo bene. Ma ti amo disinteressatamente, cercando di darti tutti i giorni, nei limiti delle mie possibilità, ciò che credo sia il meglio per te.
L'amore è disinteressato e non è uno scambio di sentimenti, anche se questo è ciò che cerchiamo quasi sempre e ci aspettiamo di venir ricambiati. Invece, c'è sempre chi ama di più dell'altro, ma l'amore non si pesa con la bilancia, perché consiste nel fare ciò che sentiamo, né di più e né di meno, nel dare quel che abbiamo, niente di più e niente di meno: soltanto ciò di cui disponiamo.
Non credo che esista un amore più disinteressato di quello di un genitore verso i suoi figli. Io ho desiderato che tu nascessi, ho avuto la fortuna che ciò accadesse, e da allora la mia vita si svolge in funzione della tua. Non esiste un solo gesto, che faccio nel corso della mia giornata, che non consideri le ripercussioni che potrebbe avere nei tuoi confronti. La mattina esco di casa con lo scopo finale di ritornare da te. Non ho molti progetti, a parte quello di aiutarti a crescere per farti diventare un adulto per bene. Che tu questo lo sappia o che un giorno lo capisca non fa veramente differenza e non cambierebbe questa mia impostazione nel modo di essere tuo padre. Non occorre che tu riconosca ciò che sto facendo per te, anche perché io continuerei a farlo allo stesso modo, ovvero come sento, niente di più e niente di meno. Io ti do quel che possiedo e ciò che posso darti non è altro che me stesso.
Anche se c'è chi sostiene che mettere al mondo dei figli sia un atto assolutamente egoistico, dato che lo si farebbe, in definitiva, per tramandare il proprio patrimonio genetico e per lasciare a un consanguineo un'eredità materiale, e a volte anche spirituale, che, altrimenti, andrebbe dispersa, sappi invece che, da quando sei nato, sei diventato l'asse sul quale ruota la mia stessa vita. E ciò non lo giudico affatto una rinuncia alla mia, di vita, ma un arricchimento collaterale e, anche se non ricercato, di certo gradito. Per me non è uno spreco di energie dedicarmi a te e nemmeno un distogliermi da altri tipi di appagamento, come ad esempio quello professionale o delle relazioni con le persone che conosco.
Il giorno in cui sei nato è il medesimo in cui io stesso sono diventato padre: essere genitore è un impegno quotidiano che dura da quel giorno e che dunque non si esaurisce nel momento della nascita. Quando un figlio viene al mondo, è soltanto in quell'istante che il genitore incomincia a essere tale. Lo sottolineo ancora: non finisce per essere tale, ma inizia a esserlo. L'inizio della vita del figlio coincide con l'inizio della vita del genitore ed essere padre o madre non è soltanto una definizione che riguarda un grado di parentela col proprio bambino, ma è una relazione col figlio che dura giorno dopo giorno, e che esiste perfino in sua assenza. Una relazione nella quale il genitore stesso cresce assieme al figlio.
Essere genitore è pratica quotidiana, non astratta teoria. Non è un nome o una definizione, ma una relazione e un comportamento, a volte giusto ed altre sbagliato. Quanto assomiglia all'amore, così come l'ho descritto sopra, l'essere padre. Vuol dire prendersi cura del bambino, capire quali sono le sue necessità, farvi fronte, aiutarlo a diventare un adulto indipendente, fino al punto che un giorno possa fare a meno perfino dei propri genitori. E significa anche accorgersi degli sbagli che si possono compiere, chiedere scusa e cercare di non ripeterli. Siamo umani, infondo, ed errare è possibile, così come è possibile rimediare agli sbagli.
Regalare al figlio la propria indipendenza, insegnargli a essere un uomo libero e lasciare che conquisti la propria libertà. Mostrargli la strada sulla quale incamminarsi, il giorno che avrà la forza di farlo da sé, ma non con l'indice puntato, con un gesto rigido della mano. Fargli intravedere, invece, delle possibilità, delle alternative da scegliere. Amare affinché il figlio si allontani per trovare la propria strada, e non la nostra, e compia le proprie scelte autonomamente: questo per me significa provare, e mettere in pratica, un sentimento disinteressato.
Un sentimento disinteressato, ma anche altruistico - non so fino a che punto si possa pretendere che l'amore abbia questi due attributi. Ma senza spingermi fino a considerazioni che intravedono perfino nell'altruismo una sorta di comportamento egoistico, perché potremmo fare qualcosa per gli altri al fine di ottenere un appagamento personale, in altre parole "per essere felici" e gratificati, ti dirò che essere altruisti è il modo più bello di amare qualcuno e non credo ciò sia in contraddizione con un sentimento disinteressato. Non c'è nulla di male nell'essere contenti di far felice qualcun altro.
Ma il sentimento più altruistico è quello che ti costringe a rinunciare a te stesso per aiutare il prossimo, ossia quando, per usare un luogo comune, ti togli il pane di bocca per darlo a un affamato e quando, può accadere anche questo, il tuo altruismo non viene compreso e vieni giudicato male. Tu, però, vai avanti per la tua strada e fa' ciò che senti, senza fermarti a causa dei giudizi degli altri.
Amare è donarsi e chi non lo fa è destinato a vivere un'esistenza vuota e che si esaurisce nel giro dei pochi anni che dura.
L'amore è un sentimento e non una cosa da sapere, ma è anche un atto pratico. Non serve a nulla amare qualcuno e non fare niente per lui. Altrimenti, stiamo parlando di amore teorico, non voglio dire 'platonico': un sentimento che ha poco senso, almeno quanto la sua conoscenza asetticamente astratta.
L'amore è la serie di gesti che compiamo per qualcuno, azioni che a volte possono andare anche contro il nostro stesso interesse. Ed è perfino l'accettare che chi amiamo compia delle azioni contro di noi. Ad esempio, il giorno che mi dicesti di non volermi più bene avrei anche potuto crederti e prendere per buona questa tua decisione: infatti, io non ti amo per guadagnarmi il tuo bene. Ma ti amo disinteressatamente, cercando di darti tutti i giorni, nei limiti delle mie possibilità, ciò che credo sia il meglio per te.
L'amore è disinteressato e non è uno scambio di sentimenti, anche se questo è ciò che cerchiamo quasi sempre e ci aspettiamo di venir ricambiati. Invece, c'è sempre chi ama di più dell'altro, ma l'amore non si pesa con la bilancia, perché consiste nel fare ciò che sentiamo, né di più e né di meno, nel dare quel che abbiamo, niente di più e niente di meno: soltanto ciò di cui disponiamo.
Non credo che esista un amore più disinteressato di quello di un genitore verso i suoi figli. Io ho desiderato che tu nascessi, ho avuto la fortuna che ciò accadesse, e da allora la mia vita si svolge in funzione della tua. Non esiste un solo gesto, che faccio nel corso della mia giornata, che non consideri le ripercussioni che potrebbe avere nei tuoi confronti. La mattina esco di casa con lo scopo finale di ritornare da te. Non ho molti progetti, a parte quello di aiutarti a crescere per farti diventare un adulto per bene. Che tu questo lo sappia o che un giorno lo capisca non fa veramente differenza e non cambierebbe questa mia impostazione nel modo di essere tuo padre. Non occorre che tu riconosca ciò che sto facendo per te, anche perché io continuerei a farlo allo stesso modo, ovvero come sento, niente di più e niente di meno. Io ti do quel che possiedo e ciò che posso darti non è altro che me stesso.
Anche se c'è chi sostiene che mettere al mondo dei figli sia un atto assolutamente egoistico, dato che lo si farebbe, in definitiva, per tramandare il proprio patrimonio genetico e per lasciare a un consanguineo un'eredità materiale, e a volte anche spirituale, che, altrimenti, andrebbe dispersa, sappi invece che, da quando sei nato, sei diventato l'asse sul quale ruota la mia stessa vita. E ciò non lo giudico affatto una rinuncia alla mia, di vita, ma un arricchimento collaterale e, anche se non ricercato, di certo gradito. Per me non è uno spreco di energie dedicarmi a te e nemmeno un distogliermi da altri tipi di appagamento, come ad esempio quello professionale o delle relazioni con le persone che conosco.
Il giorno in cui sei nato è il medesimo in cui io stesso sono diventato padre: essere genitore è un impegno quotidiano che dura da quel giorno e che dunque non si esaurisce nel momento della nascita. Quando un figlio viene al mondo, è soltanto in quell'istante che il genitore incomincia a essere tale. Lo sottolineo ancora: non finisce per essere tale, ma inizia a esserlo. L'inizio della vita del figlio coincide con l'inizio della vita del genitore ed essere padre o madre non è soltanto una definizione che riguarda un grado di parentela col proprio bambino, ma è una relazione col figlio che dura giorno dopo giorno, e che esiste perfino in sua assenza. Una relazione nella quale il genitore stesso cresce assieme al figlio.
Essere genitore è pratica quotidiana, non astratta teoria. Non è un nome o una definizione, ma una relazione e un comportamento, a volte giusto ed altre sbagliato. Quanto assomiglia all'amore, così come l'ho descritto sopra, l'essere padre. Vuol dire prendersi cura del bambino, capire quali sono le sue necessità, farvi fronte, aiutarlo a diventare un adulto indipendente, fino al punto che un giorno possa fare a meno perfino dei propri genitori. E significa anche accorgersi degli sbagli che si possono compiere, chiedere scusa e cercare di non ripeterli. Siamo umani, infondo, ed errare è possibile, così come è possibile rimediare agli sbagli.
Regalare al figlio la propria indipendenza, insegnargli a essere un uomo libero e lasciare che conquisti la propria libertà. Mostrargli la strada sulla quale incamminarsi, il giorno che avrà la forza di farlo da sé, ma non con l'indice puntato, con un gesto rigido della mano. Fargli intravedere, invece, delle possibilità, delle alternative da scegliere. Amare affinché il figlio si allontani per trovare la propria strada, e non la nostra, e compia le proprie scelte autonomamente: questo per me significa provare, e mettere in pratica, un sentimento disinteressato.
Un sentimento disinteressato, ma anche altruistico - non so fino a che punto si possa pretendere che l'amore abbia questi due attributi. Ma senza spingermi fino a considerazioni che intravedono perfino nell'altruismo una sorta di comportamento egoistico, perché potremmo fare qualcosa per gli altri al fine di ottenere un appagamento personale, in altre parole "per essere felici" e gratificati, ti dirò che essere altruisti è il modo più bello di amare qualcuno e non credo ciò sia in contraddizione con un sentimento disinteressato. Non c'è nulla di male nell'essere contenti di far felice qualcun altro.
Ma il sentimento più altruistico è quello che ti costringe a rinunciare a te stesso per aiutare il prossimo, ossia quando, per usare un luogo comune, ti togli il pane di bocca per darlo a un affamato e quando, può accadere anche questo, il tuo altruismo non viene compreso e vieni giudicato male. Tu, però, vai avanti per la tua strada e fa' ciò che senti, senza fermarti a causa dei giudizi degli altri.
Amare è donarsi e chi non lo fa è destinato a vivere un'esistenza vuota e che si esaurisce nel giro dei pochi anni che dura.
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