Avete sette e quattro anni e da un po' di tempo bisticciate spesso su ciò che è dell'uno e quel che appartiene all'altro. Non riuscite quasi mai a mettervi d'accordo, perché pensate che le cose scelte dall'altro abbiano un valore maggiore delle proprie. Continuate a litigare e allora decido io per voi: "Non ci sono cose tue e cose tue - vi dico -, tutto è di entrambi".
E questa mia conclusione è chiaro che non vi soddisfi - desiderare la proprietà esclusiva delle cose fa parte della natura dell'uomo e forse, più dell'oggetto in sé, a interessarci davvero è il controllo che attraverso la proprietà possiamo avere su chi la stessa proprietà non ce l'ha e la desidera. Questa conclusione non fa parte soltanto del mondo degli adulti, ma riguarda anche i bambini, i quali, forse anche per questo motivo, quasi mai disdegnano il fatto di mettere in mostra ciò che possiedono di fronte ai compagni.
E' per tale ragione che, qualche giorno fa, ho deciso di fare questo piccolo esperimento a cena: vi ho fatto sedere vicini, vi ho fatto mangiare nello stesso piatto, vi ho dato lo stesso bicchiere, un unico pezzo di pane da dividervi. Avete protestato un poco per la novità di spartirvi il cibo: è stato il vostro modo di chiedere spiegazioni. Non tutte le pietanze piacevano sia all'uno che all'altro: uno voleva la pasta in bianco e l'altro col sugo, uno le zucchine le mangiava e l'altro no, perciò l'esperimento è parzialmente fallito e alla fine le sole cose che sono rimaste da dividervi sono state il pane e il bicchiere d'acqua, casualmente gli alimenti più poveri ma anche quelli necessari e simbolicamente più densi di significato.
Il motivo della strana cena che avete fatto qualche sera fa si si spiega con una parola che è semplice e complicata allo stesso tempo e che, di per sé, suona come un controsenso: condivisione. È una parola che significa sia dividere la stessa cosa, che partecipare insieme ad essa, sia questa un pasto o qualsiasi altra esperienza. Un termine che divide, dunque, ma che contemporaneamente unisce. Anche l'idea di uguaglianza, che cerco di farvi capire ogni volta che litigate, assomiglia alla condivisione e può apparire come un termine contraddittorio. Per me, voi due siete uguali, in quanto figli, anche se è chiaro che fra di voi ci siano delle differenze. Lo stesso termine uguaglianza, a pensarci bene, implica delle differenze, a meno che non lo si usi in senso assoluto. Ma a questo punto starei parlando di identità, mentre io non penso e non ho mai detto che "siete identici".
Siete uguali in quanto figli: voi due litigate per "ciò che è mio e ciò che è tuo", perché ancora non capite che quel che vi è dato lo è nel modo il più possibile paritario da parte di noi genitori e che non facciamo preferenze e non abbiamo alcun interesse nel rendere più felice l'uno e meno l'altro. Ma siete anche differenti, perché siete due soggetti distinti e non un unico individuo. Siete diversi l'uno dall'altro, così come siete diversi da me e da qualsiasi altro individuo presente sulla faccia della terra. Ciascuno di noi è unico e irripetibile, ma voi sapreste quantificare l'unicità di ogni singola persona rispetto alla sua uguaglianza con gli altri? Dal punto di vista genetico, ad esempio, la differenza sostanziale fra un individuo e un altro corrisponde a meno dell'1 per cento. In altre parole, gli individui sono geneticamente identici per più del 99 per cento. Ma, come dicevo prima, è proprio quel piccolo 1 per cento di diversità a 'fare veramente la differenza' e a darci la possibilità di affermare, di fronte ai figli, frasi non del tutto scontate come "per me siete uguali" o espressioni come "tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge".
Tutti amiamo, tutti soffriamo, tutti desideriamo il bene e prendiamo le distanze dal male. Nessuno è immune dalle malattie, nessuno può fuggire alla morte. Le differenze che ci sono fra una persona e l'altra sono piccole ma sostanziali, ma ai nostri occhi la diversità è quasi sempre macroscopica, mentre di fronte all'identità, che è la parte che maggiormente ci accomuna, siamo troppo spesso miopi.
Siete diversi - è vero - ma ciò che io rivendico per voi è la vostra stessa uguaglianza: non solo per il fatto di essere miei figli e di essere fratelli, non soltanto per il fatto che appartenete alla razza umana, ma soprattutto per la possibilità che avete di riconoscere i bisogni dell'altro, gli stessi che abbiamo tutti.
Siete uguali perché avete gli stessi sentimenti e siete dotati della capacità di comprendere il prossimo.
E questa mia conclusione è chiaro che non vi soddisfi - desiderare la proprietà esclusiva delle cose fa parte della natura dell'uomo e forse, più dell'oggetto in sé, a interessarci davvero è il controllo che attraverso la proprietà possiamo avere su chi la stessa proprietà non ce l'ha e la desidera. Questa conclusione non fa parte soltanto del mondo degli adulti, ma riguarda anche i bambini, i quali, forse anche per questo motivo, quasi mai disdegnano il fatto di mettere in mostra ciò che possiedono di fronte ai compagni.
E' per tale ragione che, qualche giorno fa, ho deciso di fare questo piccolo esperimento a cena: vi ho fatto sedere vicini, vi ho fatto mangiare nello stesso piatto, vi ho dato lo stesso bicchiere, un unico pezzo di pane da dividervi. Avete protestato un poco per la novità di spartirvi il cibo: è stato il vostro modo di chiedere spiegazioni. Non tutte le pietanze piacevano sia all'uno che all'altro: uno voleva la pasta in bianco e l'altro col sugo, uno le zucchine le mangiava e l'altro no, perciò l'esperimento è parzialmente fallito e alla fine le sole cose che sono rimaste da dividervi sono state il pane e il bicchiere d'acqua, casualmente gli alimenti più poveri ma anche quelli necessari e simbolicamente più densi di significato.
Il motivo della strana cena che avete fatto qualche sera fa si si spiega con una parola che è semplice e complicata allo stesso tempo e che, di per sé, suona come un controsenso: condivisione. È una parola che significa sia dividere la stessa cosa, che partecipare insieme ad essa, sia questa un pasto o qualsiasi altra esperienza. Un termine che divide, dunque, ma che contemporaneamente unisce. Anche l'idea di uguaglianza, che cerco di farvi capire ogni volta che litigate, assomiglia alla condivisione e può apparire come un termine contraddittorio. Per me, voi due siete uguali, in quanto figli, anche se è chiaro che fra di voi ci siano delle differenze. Lo stesso termine uguaglianza, a pensarci bene, implica delle differenze, a meno che non lo si usi in senso assoluto. Ma a questo punto starei parlando di identità, mentre io non penso e non ho mai detto che "siete identici".
Siete uguali in quanto figli: voi due litigate per "ciò che è mio e ciò che è tuo", perché ancora non capite che quel che vi è dato lo è nel modo il più possibile paritario da parte di noi genitori e che non facciamo preferenze e non abbiamo alcun interesse nel rendere più felice l'uno e meno l'altro. Ma siete anche differenti, perché siete due soggetti distinti e non un unico individuo. Siete diversi l'uno dall'altro, così come siete diversi da me e da qualsiasi altro individuo presente sulla faccia della terra. Ciascuno di noi è unico e irripetibile, ma voi sapreste quantificare l'unicità di ogni singola persona rispetto alla sua uguaglianza con gli altri? Dal punto di vista genetico, ad esempio, la differenza sostanziale fra un individuo e un altro corrisponde a meno dell'1 per cento. In altre parole, gli individui sono geneticamente identici per più del 99 per cento. Ma, come dicevo prima, è proprio quel piccolo 1 per cento di diversità a 'fare veramente la differenza' e a darci la possibilità di affermare, di fronte ai figli, frasi non del tutto scontate come "per me siete uguali" o espressioni come "tutti gli uomini sono uguali di fronte alla legge".
Tutti amiamo, tutti soffriamo, tutti desideriamo il bene e prendiamo le distanze dal male. Nessuno è immune dalle malattie, nessuno può fuggire alla morte. Le differenze che ci sono fra una persona e l'altra sono piccole ma sostanziali, ma ai nostri occhi la diversità è quasi sempre macroscopica, mentre di fronte all'identità, che è la parte che maggiormente ci accomuna, siamo troppo spesso miopi.
Siete diversi - è vero - ma ciò che io rivendico per voi è la vostra stessa uguaglianza: non solo per il fatto di essere miei figli e di essere fratelli, non soltanto per il fatto che appartenete alla razza umana, ma soprattutto per la possibilità che avete di riconoscere i bisogni dell'altro, gli stessi che abbiamo tutti.
Siete uguali perché avete gli stessi sentimenti e siete dotati della capacità di comprendere il prossimo.
Commenti
Posta un commento