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La matematica, i giudizi, infine il cane


Osserva il mondo che hai attorno – dice il matematico – e trai le tue conclusioni: la realtà non è che il risultato della combinazione di più fattori, ai quali è possibile risalire attraverso un viaggio, spesso breve, a ritroso nel tempo.
Trova – l'uomo reale, quello fatto di carne, ossa e sangue – corretta questa affermazione del matematico?
Pensa egli che la propria vita, e quella degli altri, sia riconducibile a un'equazione?
Veramente, nella realtà, un risultato, un numero a caso, poniamo il 3, è dato da 1+2 o da 4-1 o da 1x3 o da 9:3 o da tante altre operazioni (quante sono i numeri e le loro possibili combinazioni)?
I numeri sono infiniti, e finiti fin tanto che siamo capaci di contarli, e questi ultimi definiti, e gli altri, quelli che mancano all'appello, al massimo definibili.
Ma un uomo non è il risultato di un'operazione matematica, né la sua vita è il prodotto della combinazione di fattori definiti o definibili. Molte ragioni sono infatti indefinibili o non si trovano: se n'è persa la traccia nella notte dei tempi.
Per questo motivo è difficile, e oneroso, giudicare il prossimo. Però lo facciamo sempre, mentre quando ci giudicano gli altri non lo accettiamo o ci sentiamo incompresi, nel vero senso del termine: come può qualcun altro prenderci nella nostra interezza? Che ne sa egli veramente di noi?
E' una faccenda complicata, quella del giudizio, che risale a Parmenide: “l'Essere è”, affermava il filosofo di Elea, solo questo si può dire dell'Essere, concludendo che qualsiasi altra attribuzione è empirica, è dovuta all'esperienza, è data dall'opinione, dunque è fallace.
Improvvisamente, adesso penso al cane, soltanto perché è un animale che mi è vicino, probabilmente andrebbe bene un qualsiasi altro essere vivente, purché privo di intelletto.
E mi viene in mente quella poesia di Saramago che recita “Fatti cane del cane: tutto sai, del morsicare i deboli, se domini, del leccare le mani, se dipendi”. Anche se io non potrei mai fare né l'una e né l'altra cosa, perché non sono né servile, né opportunista, né tanto meno senza pietà e, per dirla tutta, sono invece poco elastico e poco adattabile. Anche se poi non pretendo che gli altri si adattino a me e come me la pensino: mi sento libero di essere me stesso e lascio gli altri a loro volta liberi di essere.
Appunto, non ho affatto una mentalità matematica e mai, come ho scritto all'inizio, saprei osservare il mondo che ho intorno e trarre delle conclusioni, anche perché io non mi sento un centro attorno a cui l'universo gira.
E' per questo motivo che esprimere dei giudizi non mi viene facile.
A proposito del cane, non è neanche vero che questi sia opportunista, servile e impietoso. Infatti, questi sono difetti (o qualità) tipicamente umani, perché hanno a che fare con il calcolo (a volte matematico) e con la morale ovvero la cultura di ciascuno di noi.

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