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Il mio orologio

Ho comprato l'orologio che porto al polso un anno fa, in concomitanza con alcuni eventi che hanno stravolto, se così si può dire, l'andamento regolare della mia storia personale. 

Il mio orologio non mi serve per sapere che ora è e nemmeno per misurare il tempo. Ha la carica manuale, l'ho scelto proprio così, non l'ho voluto con il movimento automatico. Avevo deciso che lo avrei ricaricato tutte le mattine, che ne avrei girato la corona per farlo funzionare e per ricordare ogni giorno, facendo questo gesto, che non dovrò più perdere tempo e che me ne starò il più lontano possibile da scelte inutili o spiacevoli. 

Ogni volta che lo guardo, il mio orologio mi ricorda di rimanere alla larga da qualsiasi automatismo, mi chiede di mettere in discussione molte cose, prima di tutte me stesso. Giorno dopo giorno, l'orologio mi serve a mantenere questo mio impegno e a ricordare, a tenere viva la memoria.

Lo osservo: i giri che impongo alla corona danno alle lancette l'impulso per muoversi. In qualche modo sono io stesso a scandire il mio tempo, sono io a dare il via al cronometro della mia giornata. I secondi corrono rapidi, i minuti vanno un po' più lenti, le ore sono calme ma inesorabili, la notte segue puntualmente il giorno, il loro avvicendarsi è un cammino inarrestabile, che a volte procede per inerzia. Rendermi conto di quest'ultimo aspetto, di ciò che, senza sosta, inizia e scade, mi inquieta e mi costringe a fare ogni volta un nuovo bilancio da cui esco inevitabilmente perdente: il tempo ti sovrasta ed è un illuso chi crede di poterlo controllare.

E allora, adesso provo a fermare con l'immaginazione queste tre lancette. Cerco in qualche modo di farle tornare indietro, voglio che si muovano in senso antiorario. Invento una macchina del tempo, come soltanto un bambino sa fare non appena socchiude gli occhi e ripensa, poco prima di addormentarsi, alla giornata appena trascorsa.

E immagino ancora una volta che, di fronte al fluire del tempo, non ci resti che la memoria. Che, nel mio caso, non è pensare al passato, non è un diario che potrei rileggere. E non è nemmeno ricordare ciò che devo fare, la memoria non è un'agenda.

Oggi, per me, la memoria è il rispetto di una promessa. E' il mantenimento di un impegno già preso. La memoria è coerenza. E' la parola giurata e che non si può rimangiare. 

Chi ha memoria non riesce a nascondersi, perché la memoria è prepotente, bussa alle porte della coscienza ogni qualvolta la si costringe in un angolo buio. E spinge forte per uscire alla luce del giorno. Non ha altro scopo, la memoria, se non quello di emergere, non accetta di essere soffocata.

Non ci si può sottrarre alla memoria, perché la memoria rivendica ogni momento la verità, ne è il motore. Non c'è coscienza senza memoria. E' come camminare: ogni passo che facciamo c'è soltanto perché poggia su quello che lo ha preceduto. E non esiste successione di passi, non c'è neanche la possibilità di un salto nel buio, senza un punto di appoggio su cui basarsi. 

L'ho raccontato molte volte: quando cammino, il mio sguardo è rivolto costantemente indietro. E ciò non vuol dire che io non sappia andare avanti o che non abbia una meta o che sia incapace di progressi. Significa soltanto che sono io, con tutto il mio carico di valigie, a camminare: è la mia presa di coscienza verso me stesso. Soltanto in questo modo sono il soggetto delle mie azioni.

La memoria per me è libertà, anche se questo potrà suonare strano per chi crede che invece la libertà sia spensieratezza, mancanza di considerazione, dimenticanza volontaria o anche casuale, assenza di senso di responsabilità. Ma non c'è libertà senza memoria di se stessi, della propria storia, senza la coscienza di chi siamo. Senza queste caratteristiche, la libertà è vuota, perché esclude qualsiasi soggetto che possa goderne o apprezzarla. 

La libertà è nient'affatto leggera, ma ha un peso enorme. Non basta spogliarsi dei propri vestiti, abbandonandoli qua e là, per essere liberi. La nostra memoria e, con lei, la nostra libertà, è intessuta nella nostra stessa pelle. Proprio questo fa ogni mattina il mio orologio: mi restituisce il mio passato e mi ricorda che non potrò mai rimuoverlo.

Commenti

  1. E riesci davvero ad ottimizzare il tuo tempo e a tenerti lontano dalle scelte superflue?

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  2. Non sempre ci riesco, l'orologio a volte non funziona, è in ritardo, perde minuti preziosi... l'ho scritto che il tempo inevitabilmente ci sovrasta. Ma ciò che davvero importa è che a un certo punto subentri la memoria, con tutto ciò che questo implica, anche il rispetto di se stessi.

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