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Il trapezista


Se sapessi disegnare farei il ritratto del tuo sorriso. 
Con una matita traccerei una linea trasparente. 
Partirebbe dall'occhio sinistro, 
ti accarezzerebbe prima la fronte e poi i capelli, 
abbraccerebbe il tuo occhio destro, 
seguirebbe la lunghezza del naso,
per poi fare un salto sulla bocca 
e formare un cerchio. 

Il sorriso che hai 
è questo punto interrogativo 
che attraversa il tuo sguardo. 
E attende ancora un poco, respirando, 
in bilico su una corda tesa.
Come il trapezista di un circo,
un attimo prima di distendersi, 
prima di lanciarsi nel vuoto
e prendere le mie mani con le sue.   (2021)

Non ci sono altri incontri se non quelli dove due mani si tengono strette, due corpi si abbracciano nel tentativo di fermare il tempo, gli occhi che guardano altri occhi e da questi sono a loro volta guardati. Per scorgere qualcosa che si trova oltre la barriera fisica, nell'anima, dove cercano un collegamento, un motivo profondo per restare insieme, una ragione di vita, un istante che ora ha la possibilità di diventare eterno.
Tutti gli altri non sono incontri, ma semplicemente sguardi distratti, senza sentimento, né corrispondenza.
Banali: sono due passanti che si incrociano, si sfiorano per un attimo e poi spariscono per sempre, ciascuno per la propria strada, senza lasciare traccia di sé.
Sono polvere che il vento disperde.

Perfino quella di sorridere, talvolta, è una decisione che non dipende esclusivamente da noi. A volte sorridiamo (o piangiamo) soltanto se troviamo qualcuno, dall'altra parte, pronto ad accogliere questo nostro stato d'animo. 
In certi casi - strana domanda, ma siamo davvero complicati - ci chiediamo se abbiamo il permesso di essere felici. 
E rispondiamo "sì" a noi stessi, concedendoci questo diritto, quando davanti a noi c'è chi è disposto ad ascoltarci. 
Qualcuno capace di guardarci con i nostri stessi occhi e di porgerci le mani.

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