Ad agosto la città è una scoperta. Sono già un paio di volte che la sera me ne vado in giro per il centro assieme a Spot. Tre ore di passeggiata per vie e piazze di Roma piene di turisti nei bar e nei ristoranti all'aperto o che come me camminano e si godono un frangente di vita ritrovata. E' proprio questo aspetto che mi colpisce mentre ceno con un gelato: quello felice delle persone che incrocio.
Osservo i ragazzi che si amano, gli sguardi che non hanno altri occhi che per quelli che hanno di fronte ai loro. Dev'essere l'aria fresca della sera o il fatto che d'estate la luce fa un altro effetto, ma mi sembrano tutti bellissimi, direi addirittura immortali, nel loro tempo fermo che vivono nella pienezza del momento.
E penso a quella storia assurda e che ogni tanto qualcuno racconta, che al mondo siamo in tanti, quasi otto miliardi, e che quindi ci sono storie d'amore pronte a sbocciare ovunque e con chiunque. Tutte sciocchezze, mi dico a bassa voce. Perché se è vero che ogni incontro è casuale e nasce da una coincidenza, ciò che non è possibile è propriamente l'interscambiabilità fra le persone. Ciascuna è infatti unica, non ce n'è un'altra uguale da nessuna parte del mondo, inutile sottintendere che una o l'altra non fa differenza.
E a maggior ragione, la stessa cosa riguarda la coppia: ciò che nasce fra due individui è irripetibile, gli sguardi che non hanno altri occhi, gli uni che per quelli dell'altro, non saranno mai più gli stessi, altrove. Saranno altro, un istante diverso, altrettanto bello, ma non più quello di prima.
Chi ha detto che l'immortalità è eterna? Io credo invece che essa si trovi, pronta a scomparire, in questi momenti di pienezza, perfino quando non se ne ha la consapevolezza, ma nei quali hai tutto e non hai bisogno d'altro.
E poi penso a quell'altra storia (anch'essa assurda, ma solamente perché a volte i pensieri vagano andando dove pare loro) del 'duale'. Sì, il duale, la forma della grammatica greca che indica 'solo noi due', a dispetto dell'italiano che non contempla una 'misura' simile, facendosi bastare solamente il singolare e il plurale per contare le cose del mondo.
I greci invece utilizzavano per le coppie il duale. Due mani, due piedi, così come due amanti, vogliono il duale, che in ultima analisi non significa altro che unità di pluralità. 'Una coppia di amici' è un singolare-plurale che sottende un accordo, la scelta di farsi unità, patto esclusivo fra due di essere uno escludendo tutti gli altri, la pluralità degli individui, e dunque, tornando alla grammatica, sia il plurale che il singolare.
Tutto qui, il mio girovagare per Roma assieme a Spot e a un gelato, fra momenti di bellezza e di contatto con l'armonia del mondo greco. Che non credo potesse (penso che i greci vedessero proprio questo in certi sguardi) contemplare, nella sua concezione, l'interscambiabilità fra le persone, soprattutto quando si parla di coppie.
Questo per il fatto che anch'esse sono irripetibili, nella loro breve eternità, proprio come qualsiasi individuo presente per un poco, giusto il tempo di un sguardo, sulla faccia della Terra.
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